Vasilissa la Bella

Alexander Afanasyev

C’era un mercante con sua moglie, e avevano una figlia, una luce per i loro occhi, la bella Vasilissa, ”Василисса”.

Sua madre stringeva teneramente la bambina. Le diceva sempre: “Sei la mia unica gioia”, “una giornata di sole!”
La bambina aveva otto anni quando la moglie del mercante si ammalò improvvisamente di una grave malattia, sentendosi vicino alla fine, chiamò Vasilissa e le disse: “E’ giunta la mia ora, sto morendo; ora, figlia mia, vivi bene senza di me, non dimenticare Dio; e ricorda le mie ultime parole. Ti lascio questa bambola; non mostrarla a nessuno, e tienila sempre vicino a te, e quando succederà qualche cosa di brutto, chiedile consiglio”.

Poi la madre diede la bambola alla ragazza, baciò sua figlia, la benedisse, sospirò e morì.

Il mercante dopo la morte di sua moglie cominciò a pensare come avrebbe potuto sposarsi di nuovo.
Una vedova gli piaceva più di tutte: era conosciuta in tutto il villaggio come una buona madre e padrona di casa, e aveva due figlie al suo fianco, della stessa età di Vasilissa.
Il mercante pensò: “Sposo questa vedova: primo, non è una giovane donna, con tanti grilli nella testa; e secondo, guarderà Vasilissa, ed è una buona padrona di casa”. Ci pensò… e poi sposò la vedova.

Il mercante si sbagliò, non trovò in lei una buona madre per la sua Vasilissa.
Vasilissa era la prima bellezza del villaggio. La sua matrigna e le sue figlie invidiavano la bellezza di Vasilissa, la prendevano in giro e la tormentavano con ogni sorta di lavoro: volevano che dimagrisse per la fatica, che diventasse nera per il vento e il sole. Vasilissa sopportava tutto in silenzio, e non faceva che diventare sempre più bella; e le sorellastre continuavano a dimagrire e a ingiallire per la rabbia.

Vasilissa era aiutata dalla sua bambola. Senza di essa, come poteva la bambina far fronte a tutto il suo lavoro!
La sera quando tutti andavano a dormire, Vasilissa dava da mangiare alla bambola nella loro baracca, e le raccontava le sue disgrazie.

“Bambolina mia, mangia e ascolta il mio dolore! Triste è la casa di mio padre, e la cattiva matrigna vuole la mia rovina. Dimmi, cosa dovrei fare?”

La bambola prima mangiò, poi confortò Vasilissa, e la consigliò, il giorno dopo fece tutto il lavoro per lei. Vasilissa riposò al fresco, cogliendo fiori e, durante la mattinata, l’orto fu diserbato, l’acqua prelevata, i germogli annaffiati, il fuoco acceso. La bambola additò persino un’erba contro l’abbronzatura. E la ragazza coccolò la sua bambola, e tenne i pezzi di cibo migliori per lei.

Diversi anni passarono, e Vasilissa crebbe candidamente. Tutti i giovanotti della città andarono a chiedere la mano di Vasilissa, ma le figlie della matrigna nessuno le guardava. Quindi la matrigna iniziò a odiare Vasilissa ancora più fortemente e rispondeva ai corteggiatori: – “Non farò sposare la figlia minore prima di quelle più grandi!” E dopo che i ragazzi se ne furono andati, mostrava la sua rabbia contro Vasilissa rimproverandola e picchiandola.

Un giorno Il babbo mercante dovette andare a fare un viaggio per affari e stette via molto tempo, la matrigna traslocò con tutte le ragazze in una casa vicino a un bosco, e nel fitto del bosco c’era un’isba, e dentro l’isba ci viveva una strega, che si chiamava Baba –Yaga. La strega non lasciava mai avvicinare nessuno, e si diceva perfino mangiasse gli uomini come se fossero pulcini.

La matrigna pensando di sbarazzarsi una volta buona di Vasilissa, la mandava sempre nella foresta con la scusa di cercare, questo o quello. Ma Vasilissa ritornava sempre a casa senza che le succedesse mai nulla, perché la sua bambola le indicava la strada giusta e non la lasciava avvicinare all’isba della strega.

Così arrivò l’autunno, e la matrigna impegnava tutte le ragazze a lavorare, una ragazza faceva i merletti, un’altra le calze di maglia, e Vasilissa aveva dato il compito di filare. Questi lavori dovevano esser eseguiti anche di notte, perciò lasciava una candela solo accesa dove lavoravano le ragazze, e lei se ne andò a dormire.

A un certo momento la candela cominciò a tremolare, e nel tentativo di raddrizzare lo stoppino, una delle ragazze con le pinze annegò lo stoppino, come sua madre in segreto le aveva ordinato di fare.

“Come faremo ora? – Dissero le ragazze – ora in casa tutto e spento. Bisogna andare da Baba-Yaga per avere un po’ di fuoco!”

“La merlettaia disse: Io non ci vado, perché vedo bene il mio uncinetto!”

Chi faceva la calza disse ”neanche io vado, a me non serve!”

Allora tutte e due rivolgendosi a Vasilissa dissero:

“Tocca a te andare fuori a cercare il fuoco, vai da Baba-Yaga”, e d’accordo le sorelle la spinsero fuori dalla stanza, Vasilissa andò nella sua cameretta, diede alla bambola la cena che aveva portato, e le disse in lacrime:

“Bambolina, mangia e ascolta il mio dolore! Devo andar da Baba-Yaga a prendere del fuoco, e così lei mi mangerà!”

La bambola prima mangiò, poi le rispose: “Non temere Vasilissa, vai tranquilla, non succederà niente, finché io sarò accanto a te!”

Così Vasilissa si mise la bambolina in tasca e dopo aversi fatto il segno della croce, nel buio della notte s’inoltrò tremante nella selva ancora più scura.

Dopo un po’, un rumore improvviso la fece tremar ancor, poiché vide passarle vicino un cavaliere vestito di bianco, anche il cavallo era bianco, e pure le briglie. E cominciò ad albeggiare.

Proseguì per il sentiero e poi vide alquanto vicino un altro cavaliere, tutto vestito di rosso, che cavalcava un cavallo rosso, con i finimenti rossi. E il sole sorse.

Dovette a lungo camminare perché solo al tramonto raggiunse la radura dove viveva Baba-Yaga, ma quando Vasilissa si avvicinò alla staccionata il tremore si trasformò in raccapriccio, i legni del recinto erano fatti di ossa, sulla sommità di alcuni vi erano dei teschi con tanto di occhi, i paletti del portone erano omeri di gambe umane, i chiavistelli delle braccia con le mani, e il buco della serratura una mandibola con denti aguzzi.

La ragazza allora vide un terzo cavaliere, questa volta era tutto nero, montava un cavallo nero, bardato di nero, galoppare verso il cancello dell’isba, ma giuntovi scomparve come se fosse caduto attraverso la terra, Vasilissa pensò di fuggire, ma calò lì per lì la notte e i teschi illuminarono le loro orbite, e fu chiaro come in pieno giorno in tutta la radura, e Vasilissa ormai era in preda al terrore.

Ben presto dalla foresta si sentì provenire un terribile rumore terribile: gli alberi si agitavano, le foglie fremevano e una donna, Baba-Yaga apparve viaggiando in un mortaio, pestando il pestello e nascondendo le tracce con la sua scopa.

Arrivò al cancello, si fermò, annusò intorno a sé e gridò: “Uff, uff, c’è odore di spirito russo! Chi c’è?” Vasilissa si avvicinò a Baba-Yaga, s’inchinò e a bassa voce e disse: “Sono io, nonna! Le figlie dei Мачихины mi hanno mandato a prendere il fuoco da te”.

Baba-Yaga disse: “Prima dovrai vivere con me e poi ti darò il fuoco!”

Si voltò verso il cancello e gridò: “Ehi, mie forti serrature, aprite! Ehi, mio ampio cancello, apriti!” Le serrature si aprirono, il cancello si aprì e Baba-Yaga entrò fischiettando.

Vasilissa la Bella entrò dopo di lei, e tutto era di nuovo chiuso.

Baba-Yaga entrò nella stanza superiore, si distese e disse a Vasilissa: “Dammi tutto quello che c’è nel forno della stufa; voglio cenare”.

La ragazza accese una torcia fatto con i teschi che erano sul recinto, e cominciò a portare fuori dal forno cibo per dieci persone e a servirlo a Baba-Yaga; dalla cantina portò la bevanda kvas, miele, birra e vino.

La vecchia mangiò e bevve tutto; lasciò a Vasilissa solo una piccola porzione di zuppa di cavolo e una briciola di pane. Baba-Yaga dopo aver mangiato a sufficienza andò a letto, dicendo: “Domani partirò, ma tu devi pulire il cortile, pulire l’isba, fare la cena e cucinare, e cucinare di più; poi vai nel granaio, prendi un quarto di granoturco e sbuccialo dalla lanugine”.

“Che tutto sia fatto, o ti mangerò!”- Dopo di che Baba-Yaga sprofondò nel sonno russando, e Vasilissa mise gli avanzi della vecchia davanti alla bambola, scoppiò in lacrime e disse “Baba-Yaga mi ha ordinato un lavoro duro, e se non riesco a fare tutto, minaccia di mangiarmi”.

La bambola risponde: “Non aver paura, bella Vasilissa, mangia la tua cena e prega, e vai a letto, il mattino è più saggio della sera!”

L’indomani Vasilissa si svegliò presto e guardò attraverso la finestra; gli occhi luminosi dei teschi stavano svanendo; un cavaliere bianco era passato.

Baba-Yaga uscì nel cortile e fischiò; un mortaio con un pestello e un manico di scopa apparvero davanti a lei. Il sole spuntò su un cavaliere rosso. Baba-Yaga entrò nel mortaio e uscì dal cortile, con il pestello, e il manico di scopa a cancellare le tracce. La bella Vasilissa rimase sola, guardò l’isba, e rifletté: quale lavoro doveva fare per primo?

Guarda, il lavoro è già fatto, e la bambolina stava raccogliendo gli ultimi chicchi di grano nero dal mucchio. “Oh, tu, mia salvatrice, mi hai portato fuori pericolo”, disse Vasilissa alla bambola.

“L’unica cosa che ti resta da fare è preparare la cena; fallo e riposa per la tua salute”, disse la bambola e s’infilò nella tasca di Vasilissa. Venne sera. Vasilissa apparecchiò il tavolo e aspettò Baba-Yaga. Un cavaliere nero attraversò il cancello, ora era completamente buio; gli occhi dei teschi erano di nuovo accesi.

Gli alberi scricchiolavano e le foglie si agitarono; Baba-Yaga stava arrivando. Entrò in casa e chiese: “È tutto fatto?” – “Tutto, nonna!” rispose la ragazza, “vai a vedere tu stessa”, ma la strega gridò: “Miei fedeli servitori, miei cordiali amici, macinate il mio grano!” Tre paia di mani apparvero, afferrarono il grano e lo portarono via fuori dalla vista.

Baba-Yaga si sedette, mangiò abbastanza cibo, andò a letto e ordinò di nuovo a Vasilissa: “Domani si mangeranno le stesse cose di oggi, e prendi i semi di papavero dal cestino del mais, separali chicco per chicco e puliscili dalla terra!” La vecchia così disse e si girò verso il muro, e già russava; mentre Vasilissa si avvicinò alla bambolina e le raccontò il suo dolore. La bambola le disse ciò che le aveva detto il giorno prima: “Prega Dio e vai a dormire; il mattino è più saggio, tutto sarà fatto!”

La mattina Baba-Yaga lasciò di nuovo il cortile e Vasilissa e la sua bambola fece il suo lavoro. La vecchia tornò, si guardò intorno e gridò:

“Miei fedeli servitori, miei cordiali amici, spremete l’olio dal papavero!” Immediatamente tre paia di mani apparvero, afferrarono i semi di papavero e li portarono via.

Baba-Yaga si sedette a tavola, e Vasilissa rimase in silenzio. “Perché non mi dici niente?” disse Baba-Yaga; “stai lì come una muta!” – “Se mi permette, le chiedo… “.

“Chiedi! Ma non di tutto: a sapere molto presto s’invecchia”.

“Voglio solo chiederti, nonna, quello che ho visto: mentre camminavo verso di te, un cavaliere, coperto di bianco, vestito di bianco, su un cavallo bianco, mi ha superato; chi è?”

“È il mio giorno luminoso!” rispose il Baba-Yaga.

“Poi un altro cavaliere mi superò – uno rosso, vestito di rosso e su un cavallo rosso; chi è?”

“Quello è il mio sole rosso!”

“E proprio alle porte un cavaliere nero, vestito di nero, su un cavallo nero, mi ha superato; chi è?”

“ Questa è la mia notte oscura!”

Vasilissa voleva fare un’altra domanda, ma ci pensò e si fermò. “Perché non lo chiedi?” disse Baba-Yaga.

“Non voglio; tu stessa, nonna, hai detto che se imparerò molto – presto diventerò vecchia”.

“Bene”, disse Baba-Yaga, “tu chiedi solo quello che hai visto fuori dal cortile; non mi piace che mi si chieda cosa c’è nel cortile, che mi si porti via la spazzatura da casa mia! Ora lasciate che ti chieda: come riesci a fare tutto il lavoro che ti è stato dato?”

“Ho la benedizione di mia madre, che mi aiuta, disse la ragazza”.

“Allora è così! Vattene via da me, figlia benedetta, non ho bisogno di nessun benedetto!”

Spinse Vasilissa fuori dal cancello, prese un teschio con gli occhi ardenti dal recinto, lo attaccò su un bastone, glielo diede e disse “Ecco il fuoco per le figlie della tua matrigna, prendilo e portalo a casa!”

Allora Vasilissa corse via con il teschio che illuminava; si spense al mattino. Vasilissa arrivò a casa solo la sera del giorno dopo. Voleva lasciare il teschio al cancello; sicuramente a casa, pensava tra sé e sé, non c’era più bisogno del fuoco. Improvvisamente si sentì una voce ovattata provenire dal cranio: “Non lasciarmi, portami da tua madre!” E quando guardò la casa di sua madre, non vide il fuoco in nessuna delle finestre, così ci andò con il teschio. .

Fu accolta gentilmente a casa e le fu detto che non c’era stato nessun fuoco in casa da quando era partita: non riuscivano ad accenderne uno, e il fuoco portato dai vicini si spegneva, non appena lo portavano nella stanza superiore.

La matrigna disse: “Forse il tuo fuoco reggerà!” Il teschio allora fu portato nella stanza superiore, ma gli occhi ardenti del teschio guardarono la madre e le sue due figlie, e cominciò a darle fuoco! Loro cercarono di nascondersi, ma gli occhi le seguivano ovunque; il mattino erano ridotti in cenere; solo Vasilissa non si fece male.

La mattina Vasilissa seppellì il cranio nella terra, chiuse la casa a chiave e andò in città, chiedendo di stare da una vecchia senza parenti che viveva lì e aspettò il ritorno di suo padre. Poi disse alla donna anziana: “Sono annoiata e sono seduta inattiva, nonna! Vai a comprare del lino per me; comincerò almeno a filare”.

La vecchia comprò del lino, e Vasilissa si mise a filare, e il suo filato uscì uniforme e sottile come un capello. La ragazza si è già sforzata molto; ed era ora che cominciasse a tessere, ma non si trovò nessun telaio per usare il suo filato; e nessuno voleva nemmeno provare a farlo.
Vasilissa lo chiese alla sua bambola; la bambola fece un bellissimo telaio in una notte. Alla fine dell’inverno, la fanciulla tesseva un tessuto di lino così fine da poter essere infilato nell’ago.

In primavera, la stola di lino fu lavata e Vasilissa disse alla vecchia: “Vendi quella stola, nonna, e prendi i soldi per te”. L’anziana donna guarda la sua amica e rimase senza fiato: “No, bambina, non c’è nessuno che possa portare tale biancheria, tranne lo zar; la porterò io a palazzo”. La vecchia andò nelle stanze reali e passò davanti alle finestre. Quando il re la vide, chiese: “Che cosa vuoi, vecchia?” – “Vostra Maestà!” La vecchia disse: “Ho portato qualcosa di meraviglioso; non voglio mostrarlo a nessuno tranne che a voi”.

Il re chiamò la vecchia da lui, ma quando vide il panno, rimase stupito. “Che cosa chiedi per questo?” disse lo zar.
“Non c’è prezzo per questo, o Zar! Ti ho portato un regalo”.

Lo zar ringraziò e congedò la vecchia con dei doni.

Con questo lino tagliarono delle camicie per lo zar, ma non riuscirono a trovare da nessuna parte delle sarte che le cucissero. Allora lo zar convocò di nuovo la vecchia e le disse: “Se sei stata così capace di tessere una simile tela, potresti cucire anche le camicie.”

“Non l’ho filato io il tessuto, Vostra Maestà; è stato il lavoro della fanciulla rossa”.

“Bene, lasciale cucire anche le camicie!” La vecchia tornò a casa e raccontò tutto a Vasilissa; e la fanciulla rispose: “Sapevo che le mie mani non avrebbero perso questo lavoro”. Si chiuse nella sua camera, cucì instancabilmente e presto le camicie furono pronte.

La vecchia portò le camicie allo zar, e Vasilissa si lavò e si pettinò, si vestì e si sedette sotto la finestra.

Seduta lì, in attesa di ciò che poteva accadere. Vide il servo dello zar entrare nel cortile, entrare nella stanza superiore e dire “Lo zar vuole vedere l’operaia specializzata che ha fatto per lui le camicie e ricompensarla con le sue mani reali.”

Vasilissa la Bella andò dallo zar. Quando lo zar la vide, la amò con tutto il suo cuore: “No”, disse: “Mia bella ragazza! – Non ti lascerò; sii mia moglie!” Allora lo zar prese Vasilissa la Bella per le sue mani bianche, e la fece sedere davanti a sé, il matrimonio fu celebrato quel giorno stesso.

Il padre di Vasilissa tornò a casa, si rallegrò della sua felice sorte e rimase a vivere accanto a sua figlia. Vasilissa portò la vecchia a palazzo, e lei portò sempre con sé la bambola fino alla sua morte.

Vasilisa la Bella in russo: Василиса Прекрасная è una fiaba russa raccolta da Alexander Afanasyev in Narodnye russkie skazki.

21/02/21