PRESEPE

NEL DIZIONARIO DEL 1852

Di Gaetano Moroni

PRESEPE O PRESEPIO, Praesepe, Praesepium.

Stalla, ed anche la mangiatoia che si pone nella stalla, detta pure greppia, arnese o luogo dove si mette il mangiare innanzi alle bestie: però per il luogo ove nacque Gesù Cristo, come di venuto il più degno, si chiamò s. Presepio la mangiatoia e il luogo stesso.

Alla voce MARIA VERGINE ED A GESÙ CRISTO.
Narrai l’avventuroso parto della divina Madre e la nascita temporale del Salvatore del mondo, la quale sublimò il cuore umano, rendendogli agevolissimo lo amarlo. Volendo parlare dell’origine de’ presepi che si rappresentano nelle private abitazioni o nelle pubbliche chiese, nell’annua festevole ricorrenza del Natale, portentoso principio di nostra religione, trovo opportuno di prima ricordare i principali luoghi in cui trattai dell’argomento, premettendo inoltre a maggiore intelligenza, che la B. Vergine da Nazareth (V.), recandosi a Betlenme con s. Giuseppe (V.), e non avendo potuto trovare un posto, un alloggio nell’albergo o osteria, detto Diversorium, si rifugiarono nella stalla del medesimo, ch’era una grotta o caverna scavata nella rupe e da alcuni chiamata capanna.

Il dotto vescovo Sarnelli, Lett. eccl. t. 4, lett. 12: Diversorio che cosa sia, riferisce ch’era fuori della città verso oriente, per cui s. Giuseppe ad essa tornò per pigliar lume e altre cose necessarie. Quindi la B. Vergine rapita fuori de’sensi nel punto della mezzanotte, in un luogo più appartato e in una grotticella o piccola stalla a sinistra della grotta maggiore, partorì il figlio di Dio, che pei rigori del freddo e dopo averlo adorato lo fasciò con pannicelli e lo pose nel presepio o mangiatoia di legno sopra fieno, accostandovi il bue che seco avea condotto per sagrificare (altri aggiungono e lo stesso Sarnelli altrove, ch’eravi pure l’asino) acciò col fiato lo riscaldasse.

Tornato s. Giuseppe vide nel presepio una luce risplendente, trovò il nato Dio e l’adorò. Intanto un angelo annunziò ai vicini pastori ch’era nato il Salvator del mondo e che lo troverebbero fasciato e giacente in una mangiatoia, positum in praesepio, indi cantando con altri angeli l’inno Gloria in excelsis Deo; poscia i pastori si portarono ad adorarlo, ed altrettanto più tardi eseguirono i ss. Magi. Del bue e dell’asino s. Luca non ne fa menzione; pure si crede comunemente che vi fossero presso la mangiatoia, forse fondati sopra i vaticini d’Abacuc e d’Isaia 1, 3. Garampi, Memorie p. 71, osserva che in vari antichi monumenti è rappresentato il presepio di Gesù Cristo, col bue e coll’asino; e fin dal IV secolo si crede di così poter alludere alla conversione dei popoli, gentile ed ebreo (o all’uno e all’altro testamento, dalla cui lezione si acquista la cognizione di Dio; ovvero che si rimproverino gli ebrei d’ingratitudine in non riconoscere i benefizi ricevuti da Dio, quantunque il bue riconosca il suo padrone e l’asino la sua mangiatoia), onde la Chiesa dice nell’uffizio della Circoncisione: In medio duorum animalium jacebat in praesepio, et fulgebat in coelo; e nell’uffizio della Natività, ut animalia viderent Dominum natum jacentem in praesepio.

Inoltre Garampi cita vari autori che illustrarono gli antichi monumenti spettanti al presepio di Cristo. Donati, De’diuici p.205, descrivendo un trittico col presepio, il Bambino ravvolto in fasce sopra la mangiatoia (gli ebrei con fasce erano soliti di ravvolgere anche i defunti, come gli egizi), ove sono scolpite le teste del bue e dell’asino in atto di riscaldare il nato Bambino, come nel vetro antico del museo Vettori, dice che quantunque questi due animali si veda no sempre ne’monumenti rappresentanti questo sagro mistero, tuttavia non è si curo che si trovassero presenti alla nascita del Redentore: il Baronio, che adduce molti padri per l’opinione favorevole, viene contraddetto da quegli scrittori che opinano potersi spiegare in senso allegorico, e nella stessa maniera viene interpretato da s. Gregorio Nazianzeno e da Prudenzio, i quali pare che ammettino per vera questa tradizione, che si è resa così celebre da’pittori e scultori italiani.

Però Cancellieri nelle Notizie della notte e festa di Natale, cap. 33: Se nel presepio fossero il bue e l’asino, dice che sebbene gli evangelisti nulla ne scrissero, pure antichissimi monumenti e la non interrotta tradizione della chiesa greca e latina non ce ne lascia dubitare, siccome fondata sulla fede de’primitivi cristiani, ed appoggiata agli oracoli de’profeti. Cancellieri cita gli scrittori ed i ss. padri che difesero o parlarono di questa tradizione, la quale secondo Tillemont, Baillet e Calmet non è anteriore al V secolo, ciò che non si può accordare, vedendosi rappresentata in monumenti molto più antichi, quali sono il citato vetro detto pasta antica, illustrato da Vettori e da Gori, attribuito alla metà del III secolo, e il sarcofago riferito da Bottari e da altri, più di tutti avendone ragionato Trombelli, De cultu sanctorum t. 4, cap. 37.
Il Quaresmio, Elucid. Terrae sanctae lib. 6, c. 5, riferisce che alcuni credono che la B. Vergine venisse a Betlemme sedendo sull’asino, e che il bue fosse portato da s. Giuseppe per venderlo o per sagrificarlo. Ma senza ricorrere a questo motivo, niente di più facile che si trovassero nella stalla, ch’era destinata per ricevere gli animali.

Alla voce BETLEMME dichiarai che il presepio, capanna, diversorio che serviva di stalla ad un albergo era fuori della città; che a mezzanotte nacque il Riparatore del genere umano; che volendolo Erode sagrificare fu portato in Egitto (vedi vol. XXI, p. 127) da Maria e da Giuseppe, indi seguì la strage degľ Innocenti (V.); delle profanazioni cui soggiacque il santo luogo del Presepio, detta cappella o grotta della Natività, della sontuosa basilica nella quale fu racchiuso e che descrissi, detta anche della Natività, in uno ai Pellegrinaggi a tal santuario; che la città fu eretta in sede vescovile e arcivescovile (ad onore di essa furono istituiti gli ordini di Betlemme, de’ Betlemmiti, de’ Betlemmitici, Vedi, il 2.° coll’insegna della stella de’ Magi, il 3.o con quella del Presepio); chi custodisce il s. luogo (anche ne’vol. XXX, p. 48 e 59, LI, p. 24, ed a GUARDIANO DEL S. SEPOLCRO) e il villaggio de’ Pastori in amenissima pianura ad un 4. di lega dalla città in fondo alla valle. Nel t. 13 dell’ Album p. 366 si legge la narrazione della festa della nascita di Gesù Cristo, celebrata a Betlemme dai francescani che ne abitano il convento, con processione che nel 1845 rifecero dopo 80 anni di sospensione, per le prepotenze ed usurpazioni dei greci scismatici sul santuario del s. Presepio, cioè partendo dalla loro chiesa di s. Caterina vergine e martire, e ponendo nella s. Grotta il s. Bambino di cera situato in un canestro di fiori esalanti i più grati profumi, poi ravvolto in pannicelli, indi deposto nella mangiatoia ripetendosi le parole del vangelo: Et reclinavit eum in Praesepio, quia non erat eis locus in Diversorio.
Dopo diverse ceremonie e preghiere allusive al gran mistero, il divin simulacro fu riportato nella chiesa di s. Caterina.

Alla voce PALESTINA e negli articoli ivi citati parlai diffusamente di quei santi luoghi e loro custodie affidate ai religiosi cattolici europei, detti franchi o latini, ciò che risale al secolo XI avanti le Crociate, venendo protette dai sultani fino al secolo XIII. Ma nel seguente incominciate le persecuzioni, re Roberto e Sancia d’Angiò comprarono ai religiosi le case che abitavano, come si ha dalla bolla Gratias agimus, di Clemente VI, e dai posteriori diplomi turchi del 1504 e 1620 conceduti alla Francia per l’antico protettorato sui luoghi santi.

Nondimeno l’ingordigia de’pascià e la gelosia de’greci scismatici non rispettarono più i diritti di proprietà, nè i trattati. Gli scismatici nel 1631 incominciarono le loro mene per ispogliare i cattolici della chiesa della Natività in Betlemme, col giardino all’oriente, finchè illuminato il sultano dell’ingiustizie e venalità de’suoi ministri, rese giustizia ai cattolici per le proprietà sui luoghi santi. Ciò risulta dai trattati colla Francia del 1673 e 1690, in cui fu definito: doversi riguardare come proprietà de’religiosi franchi le due cupole del s. Sepolcro, la metà del Calvario, i 7 archi della Madonna, la Pietra dell’unzione, la chiesa, il giardino e il cimiterio di Betlemme, non che la cappella della Natività.
Tali possessi furono goduti pacificamente sino al 1757, quando i greci scismatici ingiustamente e per denaro ottennero la cappella sotterranea del s. Sepolcro e della B. Vergine, la cupola del san Sepolcro, la chiesa di Betlemme, una chiave della grotta della Natività.
Pei nuovi insulti e incendio del s. Sepolcro operato nel 1808 dagli scismatici onde poter ricostruire il tempio affine d’impossessarsene, la Francia protestò appellando al trattato del 1690.
Da quell’epoca a oggi corsero anni di fluttuazione, finchè per l’alta protezione che godono dalla Russia i greci scismatici, si temeva che la Porta ottomana volesse finirla, accordando alle due confessioni eguale facoltà d’usare dei luoghi santi.

Se ciò effettuavasi, inutilmente avrebbe l’Europa cattolica prodigalo fatiche, sangue e tesori, per la liberazione e acquisto de’luoghi santi, principali de’quali sono il santuario di Betlemme e il san Sepolcro. Però leggo con religiosa consolazione nella Civiltà cattolica dell’aprile 1852, t. 9, p. 108, la pubblicazione del nuovo trattato conchiuso a Costantinopoli tra la Francia e la Porta ottomana.
“Il sig. Lavallette ha ottenuto pei cattolici il libero uso della chiesa di Betlemme, colla proprietà de’due giardini che vi sono congiunti, la parte inferiore della chiesa del s. Sepolcro, la partecipazione del sepolcro di Maria ss. sul Cedron, la facoltà di edificare una nuova chiesa a Béjetdjella vicino a Betleem, e di fare qualunque aumento o miglioria alle chiese ed ai conventi che ora essi posseggono. Nè contento a questi così reali vantaggi ha inserito nella trattazione la formola di riserva pei diritti antichi e inalienabili, colla quale fassi luogo per l’avvenire a chiedere condizioni anche migliori”.

Essendo questo accordo riuscito sfavorevole ai greci scismatici, essi ne restarono dolentissimi. Intorno alla magnifica chiesa di Betlemme, già luogo del nascimento del Salvatore, si può vedere: Viaggio da Venezia al s. Sepolcro e al Monte Sinai, del p. Noè francescano, Treviso 1791. La Terra Santa (Torino 1837) p. 99 e seg., con la descrizione di Betlemme, dell’interno della chiesa e della messa della mezzanotte di Natale, a quell’ora di riscatto, in cui in tutte le chiese dell’universo cattolico il bambino Gesù riceve gli omaggi di tutti quanti i fedeli cristiani che sono sulla terra.

Presso questo santuario divotamente lungo tempo dimorarono s. Girolamo, s. Paola e s. Eustochia (V.) sua figlia, queste sepolte nella chiesetta presso Betlemme, il s. dottore fu trasportato in Roma e posto propinquo alla cappella del Presepio in s. Maria Maggiore, affinchè neppure le ossa restassero divise dal s. Presepio che tanto avea venerato vivente, colle dette sante divotissime di sì gran tesoro.

All’ articolo FASCIE (perchè in memoria delle quali i Papi donino Fascie benedette, meglio lo dissi nel vol. LIV, p. 270)par. lai de’ pannilini cui fu ravvolto il divino Infante, di loro venerazione e dove si conservano.
Alla voce GLORIA IN Excelsis Deo, dissi di quest’ inno dagli angeli cantato nella nascita di Gesù Cristo, e adottato dalla Chiesa che lo tralascia per mestizia nella festa de’ss. Innocenti, mentre il vescovo di Betlemme lo cantava ogni giorno, con quanto si pratica nel santuario di Loreto (F.).

Dichiarai alla voce PASTORI che furono i primi adoratori fra gli ebrei del nato Bambino nel presepio, per avviso dell’ angelo cui loro annunziò la seguita nascita, del loro numero e ove sono i corpi. Sarnelli t. 7, lett. 32: Quanti furono gli Erodi, e perchè l’Angelo non disse ai pastori, andate a tal presepio. Seguendo s. Cipriano, dice che ne fu guida l’ angelo, con una luce invisibile; ovvero al dire di Natale Alessandro, per superno istinto si diressero al presepio.

Alla voce MAGI notai chi fossero, e come preceduti da una stella si recarono al presepio per offrire doni al Bambino nel 13.° giorno di sua nascita, figurando essi le primizie dei gentili in adorare Gesù Cristo; mentre alle voci EPIFANIA e BEFANA dissi con quali riti e costumanze se ne celebra la memoria.


Alla voce NATALE la celebrai metropoli delle feste, che diè principio all’Era cristiana (V.), in uno al significato delle 3 Messe (V.), la 2°. ricordando l’adorazione dei pastori, e quale propriamente fu il fausto giorno della nascita del Redentore.

Alla voce FESTA narrai quella stravagante degli asini che avea luogo per la solennità del Natale, abolita poi con censure ecclesiastiche; ed a Beauvais a’14 gennaio per rappresentare il ritorno di Maria Vergine col s. Bambino dall’Egitto, nella cui messa il popolo replicava Hinham, imitando il ragghiare dell’asino (di quello cavalcato dal Redentore nell’ingresso in Gerusalemme, parlai alle voci PALMA e HOSANNA). Il Zaccaria nelle Dissertazioni, ci diè la 7°. Sul tempo in cui Cristo bambino dimorò in Egitto.

Alla voce CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE detta ancora s. Maria del Presepe, notai che con questo titolo Gregorio IV eresse un altare nella Chiesa di s. Maria in Trastevere (V.), perchè circa il 642 ivi si trasportò una porzione della pietra su cui nacque il Salvatore, e parte della s. Culla o legni o tavole grosse e rozze che formavano la mangiatoia del presepio sul quale giacque appena nato il Redentore nella grotta di Betlemme. Bianchini nel t. 3 d’Anastasio ci diede: De translatione sacrorum Cunabulorum, ac Praesepio Domini, nec non corporis b. Hieronymi ab ecclesia Betlheemitica ad basilicam Liberianam. Più, De dominicae Nativitatis Praesepi, ac venerabilibus Cunis infantiae Christi Domini, Romae 1727. In detto articolo dissi delle sagre Fasce e pannicelli (delle quali insigni reliquie parla ancora Severano, Memorie p.712e713), come del fieno su cui riposarono e furono ravvolte le divine membra, narrando che la Culla si conserva nella cappella del Crocefisso; che Sisto V nella magnifica cappella da lui edificata fece trasportare l’antica cappella del Presepio,che descrissi insieme al suo altare papale; che il Papa nella vigilia di Natale talvolta celebra all’altro altare papale il vespero pontificale, il Mattutino (V.) nel medesimo altare o in quello della cappella del Presepio, e la Messa (V.) solenne prima della mezzanotte nel 1.o altare, assistendo poi i cardinali ai secondi vesperi; che la Culla chiusa in cassa d’argento, framezzata di cristalli affinchè possa osservarsi dai divoti fedeli, insieme a quella porzione delle s. Fasce e del Fieno collocate in due vasetti, colla figura del s. Bambino in oro effettivo in atto di benedire, da un altare della cappella interna della sagrestia ove si espone e s’incensa nella notte di Natale, viene trasportata sotto baldacchino (V. OMBRELLINO) con solenne processione per tutta la chiesa, recandola sopra le spalle 4 canonici preceduti da tutto il capitolo, esponendosi sopra l’altare maggiore (se il Papa ivi assiste al mattutino, la s. Culla si porta ed espone in tempo del canto del Te Deum), ove resta al pubblico culto fino alla sera seguente, riportandosi con pompa nella sagrestia; funzioni tutte celebranti la nascita di Gesù Cristo e il suo Presepio, che eziandio e insieme alle antiche descrissi nel vol. IX, p. 100, 106, 108, 111, 114, 146. In onore del divin Infante fu istituita la congregazione delle monache del ss. Bambino Gesù (V.).

L’origine de presepi che si rappresentano nelle domestiche abitazioni deʼdivoti del gran mistero e nelle pubbliche chiese dalla notte del s. Natale alla festa inclusive dell’Epifania, cuoprendosi il giorno della strage de’ss. Innocenti, perchè in quel giorno Gesù era già in salvo e viaggiava per l’Egitto, onde non trovavasi più in Betlemme, ha sicura origine da s. Francesco d’Asisi, per quanto narra il p. Benoffi, St. Minoritica p. 34, che io riportai nel vol. XXVI, p. 63, cioè in Grecio nella valle di Rieti nel 1223 circa, probabilmente in quella foggia che si usa ancora. Poichè nella notte di Natale in una specie di grotta del bosco di Grecio fece portare una mangiatoia col fieno, le figure del bue e del l’asino, ed il simulacro del s. Bambino, cui impresse affettuosissimi baci, dicendosi che poi le paglie, per la fede di chi implorò l’aiuto del divin Infante, operarono non pochi prodigi.
A questa festa s. Francesco avea invitato i convicini abitanti, e per la venerazione che tutti aveano di lui grande ne fu il concorso, scendendo i pastori suonando le cornamuse e pive armoniosamente. Nella messa che vi fu celebrata, il santo esercitò l’uffizio di levita leggendo il vangelo, dopo il quale pronunziò un fervoroso sermone per accendere a divozione gli ascoltanti, ad amore e tenerezza per il Dio fatto Bambino onde operare la redenzione. Raccontano le storie francescane che volendo san Francesco festeggiare colla maggior solennità la memoria del nascimento del Redentore, chiese ed ottenne da Giovanni Veleta signore del castello di Grecio tutto l’occorrente; e che questi ebbe ivi una visione nella quale un vago e gentil bambino posato in quella greppia, dolcemente carezzò e baciò il santo.

Dopo la sua morte nel luogo fu eretta divota cappella, con altare dov’ era il presepio. Tanto afferma il p. Frediani, nell’Ode, s. Francesco nel bosco di Grecio, Prato 1845. Quindi la rappresentazione del presepio divenne famigliare e comune non solo e principalmente ne’suoi frati minori, pel pio e bell’esempio che ne aveano ricevuto dal loro istitutore, ma ancora in altri ordini religiosi, tra le monache, nelle pubbliche chiese e nelle case private.
Si suole rappresentare il presepio con la stalla e mangiatoia, col bue e l’asino in atto di riscaldare col loro fiato il divino Infante giacente sulla paglia, colle figure laterali della B. Vergine e di san Giuseppe, coi pastori genuflessi in atteggiamento di fare qualche offerta, venendo sovrastata la grotta da una gloria d’angeli, uno de’quali sorregge il principio dell’inno Gloria in excelsis Deo.
Per l’Epifania si aggiungono le figure de’Magi coi loro donativi, onde alcuni protraggono a tenere il presepio per tutta l’ottava di tal festa.
Diversi presepi si abbelliscono con vedute di paesaggi, di campi, montagne e altro, con figure di varie forme, ma ordinariamente in costume villereccio, oltre quelle degli animali, illuminandosi o colla luce naturale o con lumi artificiali.
Altri vi aggiungono le figure de’ pifferari suonando i detti strumenti, per quei pastori i quali sogliono in Roma e altrove scendere dalle montagne per la novena dell’Immacolata Concezione e per quella di Natale, e nel novendiale tempo innanzi alle immagini della B. Vergine nelle pubbliche vie o nelle case domestiche suonano, alternando alcune analoghe strofe e terminando col suono detto la pastorale, che nelle feste natalizie suona pure l’organo. Questi innocenti suoni comechè ricordano il gran mistero e la gioconda ricorrenza, nella più parte de’ fedeli promovono sensazioni divote e di allegria. Si dice volgarmente che i pifferari rappresentano i fortunati pastori, che si recarono al Presepio a venerare il nato Bambino: l’origine di siffatte novene è immemorabile.

Anche Cancellieri conviene che l’uso di rappresentare il s. Presepio nelle chiese e nelle case, derivi dall’introduzione che ne fece s. Francesco, citando Gori, Osservazioni sopra il s. Presepio, il quale è di parere che intorno al secolo XIII in cominciata sia la pia e divota costumanza con tavole dipinte e figure di rilievo, nelle quali si distinse Luca della Robbia, facendole di terra cotta e dipinte con vernice a vari colori, come tuttora si fanno benissimo in Roma, ed i napoletani sono valentissimi nel formare presepi eleganti ed artistici.
Inoltre Cancellieri nel descrivere i riti delle chiese di Laon, di Nantes e di Siena in rappresentare nella notte di Natale la chiamata de’pastori al Presepio, narra l’usanza della chiesa di Rohan descritta da Martene e Du Cange.

“Ergesi dietro l’altare un vago Presepio colla Madonna e col nato Bambino, e dopo che nella notte si è cantato il Te Deum, un fanciullo graziosamente vestito da angelo colle ali comparisce alla sommità del coro, e rivolto a 5 canonici deputati a sostenere le persone de’pastori, annunzia loro la giocondissima novella della nascita del Redentore. I 5 canonici pastori si partono immediatamente dal coro e vanno processionalmente al Presepio, cantando giulivamente Pax in terris, ed ivi salutano la ss. Vergine e adorano il divin Pargoletto. Tornano poi al primo posto, ed assistono alla messa solenne, dopo la quale il celebrante a loro si volge e cantando gl’interroga, Quem vidistis Pastores? e allora i canonici lietamente rispondono, Natum vidimus, con ciò che segue”.


In Roma quasi in tutte le chiese nella notte di Natale si espone la figura del s. Bambino, e vi resta per tutta l’ottava, ed anche sino all’Epifania. Nella chiesa di s. Francesco a Ripa (di cui nel vol. XXVI, p.159) deʼminori riformati, si fa un bellissimo e grandioso Presepio con figure più grandi del naturale, con molto concorso di divoti, i quali vi portano i figliuoli a recitare un sermone relativo al mistero o un dialogo; ed altrettanto si pratica nella Chiesa di s. Maria d’Araceli (V.), deʼminori osservanti, nella quale ancora si forma altro grande e bellissimo Presepio, del quale e del miracolosissimo s. Bambino che vi si venera, trattai nel vol. XXVI, p. 63 e 64.
L’uso della recita di siffatti sermoni è antico, e si suole donare a ‘giovanetti de’due sessi, che li recitano anche nelle case domestiche e religiose, divozionali, portogalli e paste dolci.
Innumerabili sono i componimenti o Azioni pastorali, celebranti il Presepio, le Buone feste cristiane, gli Oracoli cristiani, i Trionfi cristiani nella fuga del fanciullo Gesù in Egitto, e sopra altri simili argomenti sul Presepio.

Alla voce EPIFANIA raccontai come nella chiesa di s. Andrea della Valle sono diversi anni che la pia società di Maria Regina degli Apostoli vi ha introdotto la celebrazione del solenne ottavario per l’Epifania con le immagini più grandi del naturale, rappresentanti il mistero dell’adorazione di Gesù Cristo fatta dai Magi, le quali si benedicono.
Questa macchina elegante e grandiosa, con figure maestrevolmente eseguite, è nobile dono del principe d. Alessandro Torlonia. In Roma un grandissimo numero di famiglie fanno il Presepio nelle loro case domestiche, pubblico o privato. Tale e tanta fu la tenera divozione pel s. mistero e pel divin Bambino, che la mia piissima ava materna Francesca (degna moglie dell’ ingegnoso e colto mio avo che celebrai nel vol. XLV, p. 157, e degna madre di Caterina virtuosissima autrice di mia esistenza, la quale con parole riverenti e affettuose, con moderazione accennai nel vol. XIII, p. 154 senza nominarla), che costantemente e fino all’ultimo anno di sua ben lunga vita, nella propria camera fece di tutto punto il Presepio con ogni accessorio, tenendo custodite tutte le figure come un tesoro. Egualmente fece sempre eseguire da’pifferari la novena, della quale moltissimi romani sono divoti. Che la pia e divota costumanza di rappresentare in musaici, in pitture, in isculture, in medaglie, in gemme, in vetri, in monete e dittici sagri la nascita di Gesù Cristo collocato nel Presepio, sia tanto antica che risalga sino a’primi tempi del cristianesimo, si apprende dagli scritti di s. Giustino, da Eusebio Panfilo, da Ippolito Tebano e da altri antichi autori, essendone evidente prova i molti monumenti che abbiamo, incominciando dal più vetusto che rammentai di sopra, che si vedeva in Roma nel famoso museo Vettori, il cui rame pubblicò il p. Mamachi, de’quali tratta Cancellieri a p. 132.

Altro ne pubblicò il p. Allegranza, che si conserva in Milano nel museo Trivulzio; altro consimile è nel museo Borgia in Velletri. Nella Dissertazione dello stesso p. Allegranza sopra il gran sarcofago cristiano, esistente sotto il pulpito di s. Ambrogio di Milano e che stima lavoro del IV secolo, vi è scolpito Gesù Bambino in fasce collocato sopra dure tavole, con una stella sul capo, fra il bue e l’asino.

Nel sotterraneo della cattedrale d’Ancona vi è un sarcofago, che diversi scrittori hanno creduto appartenere a quel Gorgonio cui Valentiniano nel 386 diresse una legge, ov’è rappresentato il Presepio in una maniera molto simile a quella espressa da Gori. In un codice siriaco del VI secolo che si conserva nella biblioteca Laurenziana, si vede effigiato il Bambino fasciato e giacente in un’alta arca bislunga.
In somigliante maniera si osserva dipinto in una delle camere del cimiterio di s. Giulio I e di s. Valentino, riportato dal Bosio e dall’Arringhi nella Roma subterranea. Nel sarcofago cristiano di villa Borghese il Bambino è in fasce, sopra una mensa parata, col bue, l’asino e due pastori. Nel Menologio fatto nel IX secolo d’ordine di Basilio imperatore, si vede il Presepio di figura quadrata composto di pietre commesse, insieme col Bambino fasciato vicino al bue e all’asino, fra la Madonna e s. Giuseppe genuflessi e due pastori in piedi.
In due monete d’argento battute in Pesaro nel pontificato di Leone X, nel rovescio è figurato il Presepio: di Pesaro vi sono pure due grossi o giuli col Presepio nel rovescio, per non riportare altri monumenti che si possono vedere in Cancellieri, riprodotti dal prof. Parati nel t. 14 dell’ Album p. 357, insieme alla descrizione e rame del bel Presepe esimia pittura di Lorenzo di Credi, esistente nella galleria del principe Borghese in Roma, del quale posseggo una elegante copia in disegno, egregio lavoro di Giuseppe Ferretti.

Articolo tratto da: Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da s. Pietro …, Volumi 53-103
Di Gaetano Moroni


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