LA PENITENZA

Don Armando Trevisiol

Tutto quello che riguarda lo spirito dovrebbe giungere subito, gratuitamente e senza difficoltà. Mentre s’accetta che in ogni realtà umana ci voglia esercizio, tempo e fatica, nelle cose dello spirito si rifiuta ogni impegno e sforzo.
La penitenza può essere anche un termine un po’ vecchio, comunque senza ginnastica interiore e sforzo reale ben difficilmente si raggiunge qualche risultato.

Carissimi,

noi preti spesso diamo per scontati certi termini e certi argomenti perché per noi sono “ferri del mestiere”.
Qualche volta però mi domando che cosa essi potranno significare per la stragrande maggioranza dei parrocchiani che conoscono bene la formazione del Milan e della Fiorentina, gli spasimanti di “Madonna”, la cantante, o le esternazioni di Di Pietro, ma credo che si intendano molto meno di argomenti religiosi.
Ho deciso di parlarvi, quindi, di un argomento che è ricorrente durante il tempo di Quaresima (sarebbe pure interessante fare un’inchiesta per sapere cosa ne sa l’uomo della strada di questo periodo particolare di preparazione alla Pasqua di Gesù).
Fin dal primo giorno di questo tempo di Quaresima, ossia il mercoledì delle Ceneri, sentirete nelle prediche parlare di penitenza. A qualcuno forse verranno in mente certe trovatelle cui il confessore aveva dato come penitenza: camminare con dei fagioli dentro le scarpe; e il penitente furbastro li ha messi, sì, ma cotti! O di don Camillo che a Peppone, penitente, aveva imposto di dire quindicimila padrenostri.
Questi sono i ricami faceti nati in ambienti un po’ bigotti o in ambienti laici!
La penitenza è un qualcosa di ben più serio e di più valido, è una certa ginnastica spirituale per riportare il corpo con i suoi istinti sotto il controllo della volontà o dello spirito.
Oggi sono molte le persone che fanno ginnastica per dimagrire perché troppo obese, o per essere maggiormente in forma, o per ovviare a qualche disturbo fisico; sono piene le palestre di gente di tutte le età che suda e fatica per ritrovare il peso forma o per essere più agile.
Ebbene nel campo dello spirito la penitenza punta allo stesso scopo: riprendere la briglia in mano per controllare i sensi e le passioni che tenderebbero a impossessarsi del timone e condurre la persona in modo irrazionale, non in linea con la meta a cui l’uomo dovrebbe tendere.
Tutta la letteratura religiosa del passato è piena di esempi a questo proposito; da san Girolamo che si percuoteva con un sasso per sapersi dominare, a san Francesco che vestiva di sacco per mortificarsi dalla vanità, a santa Teresina che subiva affronti per rendersi forte contro la vanagloria…
Qualche confessore, in tempi lontani, per purificare il penitente da peccati molto gravi, imponeva faticosi pellegrinaggi in Terra Santa o a San Giacomo di Compostela; attualmente il confessore impone invece qualche Ave Maria solamente!
Il problema d’imbrigliare le passioni e gli istinti rimane.
Durante la Quaresima la Chiesa organizza idealmente corsi di “ginnastica” per riaddomesticare questo corpo diventato spesso ribelle. Come? C’è stato qualcuno che ha suggerito il digiuno dalla televisione, la riduzione delle sigarette per chi fuma, l’alzarsi ad orario perfetto per chi è pigro, il privarsi del vino per chi alza spesso il gomito, il misurarsi sul mangiare e mille altre cose ancora.
L’importante è convincersi che bisogna dominare “frate asino”, come san Francesco chiamava il corpo.
Far penitenza significa recuperare la propria libertà facilmente compromessa da bisogni futili o solamente presunti, insediare sul trono del proprio governo la ragione, lo spirito, rimettere ordine dentro e fuori di noi.
Questa operazione è però molto più difficile di quanto non paia, perché certe abitudini scorrette hanno finito per deformare la struttura interiore: non per questo, però, si può smettere la penitenza.
Ben venga, quindi, la Quaresima con l’invito alla penitenza.

Don Armando Trevisiol