Il castello d’amore

Nella Pasqua del 1214 Treviso avea divisata una splendida festa a cui avea invitati e Friulani e Padovani e Veneti ed altri popoli vicini, cosicchè annoveraronsi fra gli spettatori ben 2600 nobili e gentildonne con gran corteo di paggi e di ancelle.
Una splendida processione artistica, dei tornei, delle giostre ed altri divertimenti erano indetti per quei giorni; ma lo spettacolo principale consisteva nella presa del castello d’ Amore. Era questo castello di legno, ma ornato dentro e fuori dei più preziosi drappi, arazzi e porpore, e vi entravano le più leggiadre donzelle abbigliate in tutto punto con vesti di seta, con vezzi di perle e mille ornamenti, e accompagnate dalle loro ancelle che servivan loro di scudieri.
Entro a quel castello dovevan le seducenti guerriere difendersi da gaie e balde schiere di nobili giovani che sotto il pennone del proprio comune venivano ad assalirle con … mele, datteri, aranci, noci moscate, fiori d’ogni specie, ambra, cinnamomo, ed acque odorose, e durante il cortese conflitto suonava festosamente la musica, finchè le belle difenditrici alla schiera più geniale e più prodiga di blandimenti dovevansi arrendere.
I giovani veneziani primeggiavan fra gli altri per ricchezza di vesti, per bel garbo e valentia, e più che tutto per l’irresistibile baglior de` zecchini: e già stavano per entrar vittoriosi nell’ amabilissimo castello, quando i Padovani, per dispetto e rancore, strapparono l’ insegna di S. Marco e fattala a pezzi la calpestarono.
Già stava la lieta festa d’amore per cangiarsi in triste scena di sangue; ma cavallerescamente acquetata pel momento l’ insorta zuffa, ne arse poscia accanita guerra.
I Padovani aiutati dai Trevisani saccheggiarono le terre veneziane, e avvicinatisi a Chioggia minacciavano già di prendere e demolire la torre delle Bebbe, forte antemurale della nostra repubblica.
Ma impegnatosi quivi coll’ armi nostre fiero combattimento, furono i nemici onninamente sconfitti e volti in precipitosa fuga. Parte precipua a sì splendida vittoria ebbero i Chioggiotti, i quali perciò furono allora esentati dall’ annuo tributo, che dovevano al doge di venti paja di galline.

Da: Canti del popolo di Chioggia
Di Agostino Garlato


Da Emmanuele Antonio Cicogna
Nel suo libro Delle Inscrizioni Veneziane: 4

Sotto il dogado del lo Ziani nel 1214 nacque per leggerissima causa discordia somma tra’veneziani e padovani. Imperciocchè i trivigiani nelle feste di pasqua del maggio di quell’anno fabbricato avevano di legno, per giuoco, un castello fornito di preziose pelli straniere e di bellissimi panni di seta in luogo di muraglie, alla difesa del quale stavan entro dugento nobili e belle giovanette che in vece d’elmo avevano vaghe corone d’oro, e in cambio di corazze, il corpo loro era fornito di guernimenti superbi, ricamati con grande maestria.
Combattenti erano molti graziosi giovani riccamente vestiti, i quali dovevan espugnare il castello. L’armi vicendevoli che si lanciavano eran melaranci, pere, porni, confetti, ampolle d’acque profumate, balle composte di soavissimi fiori.
A cotesta impresa vennero invitati anche molti veneziani, e molti padovani; e mentre che le brigate stavan a vedere cosi piacevole combattimento, i veneziani furono i primi ad entrar nel castello, e stavan per piantarvi l’insegna di S. Marco: quando mossi da rabbia e da invidia i padovani, tolsero la insegna di San Marco, e la stracciarono.
Dal giuoco si passò al serio, e sguainate le spade si sarebbe fatto assai sangue, se gli spettatori non si fosser posti frammezzo a sedare gli animi. Nondimeno l’una parte e l’ altra parti adirata; il perchè i padovani unitisi a’ trivigiani ed entrati su quel de’ veneziani ne menarono gran preda, e si misero a combattere nel sito detto Torre delle Bebbe.
Qui fu che i veneziani, prese l’armi, assaltarono i nemici presso alla torre, li posero in fuga avendone presi quattrocento, con l’insegne di guerra; altri dicono tre censessanta padovani presi: l’Altinate nomina, armi innumerevoli, manganelle, petriere, carri, e vittuarie molte tolte a’ nemici. Se non che Innocenzio III papa sedò cotali discordie per mezzo del suo legato Volchero patriarca di Aquileja. (1)
Cotesto fatto è narrato da tutti gli storici, e ricordandolo anche l’ab Bonaventura Sberti a p. 39 e seg. del libro Spettacoli e feste che si facevano in Padova, ivi 826. 8. osservò giustamente l’errore dello storico nostro Sanuto che pone l’avvenuto del 1216 sendo stato nel 1214, e l’infedeltà di lui nella descrizione del fatto stesso che e dal Rolandino, e dal Bonifazio e da altri è più veridicamente narrato (2). Forse per errore di

(1)Il Sannto p. 559 dice Guglielmo; ma il de Rubeis pone Volchero allora patriarca di Aquileja.

(2) Questo avvenimento risvegliò eziandio la fantasia de’ poeti. L’abate Giuseppe Gobbato arciprete di Postioma, ora vicario parrocchiale della chiesa de’ ss. Vito e Modesto, di Treviso, e professore del seminario vescovile di quella città, impresse fino dal 1830 alcune stanze intitolate: Il castello di amore festa Trivigiana (stanno nel vol. XII ed ultimo della Biblioteca piacevole. Treviso. Trento. 1830 12). Il pregiatissimo amico mio e culto uomo Agostino conte Sagredo mi favorì poi la seguente notizia:

La guerra avvenuta per la festa del Castello d’Amore fra Viniziani e Padovani prestò argomento ad un poema in quattro canti, modestamente intitolato Novella, a Cesare Francesco Balbi patrizio veneto, uomo di singulare ingegno, che alle altre virtù unisce rarissima modestia, per cui la sua vita passa lungamente inosservata.
Egli ne lesse il canto secondo all’Ateneo di Trevigi del quale è sozio, nel di 20 aprile 1835, ed il canto quarto all’Ateneo di Venezia nel dì 14 gennajo 1839, con applauso singolarissimo. Alcune ottave di questo poema egli donava al suo amico Agostino Sagredo, cioè il principio del canto III dove si descrivono le donne e damigelle che s’apprestano alla difesa del Castello d’Amore, ed i garzoni che lo assaltano, le quali ottave insieme con altre poesie furono date in luce per l’occasione delle nozze Sanseverino Tadini-Di Porzia in Venezia dalla tipografia di Paolo Lampato, 1834 in sesto di ottavo, di pagine 50, e le ottave sono alla pagina 32…

stampa nello Sberti a p. 42 si legge Torre delle Belle anziché Bebbe, o Bebe ch’è situata tra Chioggia e Cavarzere; per cui anzi i Chioggiotti che concorsero alla difesa de’ Veneziani furono assoluti da un tributo di galline che ogn’ anno presentavano al doge, e fu loro conceduto un Podestà Veneto a governarli…

L’articolo segue sul libro: Delle Inscrizioni Veneziane: 4
By Emmanuele Antonio Cicogna
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Chi volesse leggere la Novella di Cesare Francesco Balbi la trova qui.

CANTO II.

ARGOMENTO

In Trevigi la festa ha del Castello

D’Amor principio, e vi si corre in giostra;
Manfredo uccide in singolar duello
Lo stranier che insultò la gente nostra.
Manda Cunizza a ricercar Sordello
Coperta d’arme, e a lui si scopre e mostra;
Parlan d’amore, e perchè a lei sventura
Grave sovrasta, ei di salvarla giura.