Olivolo

Non molto discosta da Rialto, e precisamente verso la bocca del porto, vi era un’altra isola più piccola, denominata Oliuolo; vuole anzi la tradizione che Antenore, entrato nel porto, avesse mandato alcuni messi ad esplorarla, e si aggiunge, non so con quanto fondamento, ch’ egli, in memoria del suo paese nativo, le avesse imposto il nome di Troja, il che sarebbe, a un dipresso, trenta secoli fa.
Ma lasciando da parte questa leggenda, sepolta nell’ obblio dei tempi antistorici, diremo che l’isola di Olivolo non fu già con tal voce chiamata perchè ivi fossero piantagioni di ulivi, ma bensì dal greco kiyos (oligos, poco) con che i Pelasgi od i Greci, stabilitisi in Italia, intesero di esprimere la piccolezza dell’isola.
Il nome di Olivolo tramutò successivamente in quello di Castello, appunto perchè colà si eresse un castello a difesa del porto: ergevasi dirimpetto a quello la torre del Faro per guida de’ naviganti. « Il fiume della Brenta (scrive Bernardo Giustinian 2) che passa per la città di Padova e scorre in queste paludi, fa il porto di s. Nicolò del Lido, così chiamato per la chiesa e le reliquie di quel santo riposte in un monastero edificato appresso il porto. Era lontana allhora la bocca dalle paludi da Padouani
Da quanto precede, osserverà eziandio il lettore che il casato del vescovo Saveriano è lo stesso che quello di Zeno o Geno Daulo mandato console a Venezia appunto nel 421.

1) Così il Giustinian, op. cit. pag. 77.

2) Ibid. pag. 100

(cioè dal confine dello Stato padovano) circa tredici miglia e che si domandava dagli antichi Ora lacus 1).

1) Oriago presso il margine (in lat. ora) della laguna

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Dal libro: Le Chiese d’Italia dalla loro origine sino ai nostri giorni, Volume 9
Di Giuseppe CAPPELLETTI

Quest’isola primaria ebbe il nome di Olivolo, secondo alcuni cronisti, perchè sulla piazza, dov’è presentemente la chiesa di san Pietro, sorgeva uno smisurato albero di olivo: e secondo altri, e forse con più ragione, perchè di molti oliveti era sparsa l’isola tutta (1) taluno anche lo credè cagionato dalla forma naturale dell’isola, sulla foggia di un’oliva. Pensa invece il Gallicciolli, esserle venuto un tal nome dalla lingua greca, e che la si dicesse nella sua primitiva denominazione « Pagos Oligos, ossia Castelletto » (2), onde sarebbe, dic’egli, Oligolensis.

Da una si grande ampiezza di quest’ isola derivò, che gli antichi scrittori, benchè tutti convenissero, essere stata piantata in essa la cattedra vescovile, variarono per altro nel determinarne il luogo preciso. Taluni infatti la dissero stabilita colà, dov’è oggidì la basilica di san Pietro; altri verso la punta di Quintavalle, ove sono le vestigia dell’antichissima chiesa de’ santi Sergio e Bacco, la quale precedè l’esistenza di quella di san Pietro; altri nell’isola di sant’ Elena, la quale pare che fosse unita all’intiero corpo della città; altri persino la indicarono nel Morso, presso la chiesa di san Teodoro.
Ci fa sapere infatti il Gallicciolli (3), che in una cronaca del 1413 è scritto: « Il primo vescovo Onegario Obeliabato malamocchino tolse per chiesa episcopale san Teodoro; » e quattro pagine dopo, soggiunge: Orso Partecipazio trasferì la sede episcopale in Olivolo. La qual cosa

(1 Ved. il Filiasi, luog. cit.
(2) Mem. l’enet. ant. ecc., cap. XI del lib. II, pag. 74 del tom. IV.
(3) Luogo cit.

potrebb’essere benissimo, perchè dalla storia sappiamo, che nell’anno 811 il doge Agnello Partecipazio, trasferita appena in Venezia le sede del principato, incominciò a fabbricare accanto alla chiesa di san Teodoro il palazzo ducale; e più tardi, cioè nell’ 827, quando fu portato a Venezia il corpo dell’ evangelista san Marco; fu incominciata la fabbrica della basilica in onore del santo protettore. Ed allora il vescovo, per dar luogo sì all’erezione di questa, che all’ abitazione del principe, si trasferì forse all’altra estremità di quell’ isola, alla punta, cioè, di Castello. Ciò si accorda assai bene anche col nome del vescovo Orso Partecipazio, il quale, appunto nell’ anno 827 o tutt’ al più 828, pose la prima pietra della nuova basilica ducale.

Ho detto di sopra essere stata la chiesa de’ santi Sergio e Bacco una delle primissime, erette su queste nostre isole dalla pietà dei primitivi profughi della terra ferma; probabilmente contemporanea alla notissima di san Jacopo di Rialto. Ad essa, tanto nell’ anno della fondazione della diocesi olivolese, e molto più nell’anno della indicata traslazione, era stata di già sostituita l’altra intitolata all’ apostolo san Pietro, della quale era stato autore san Magno vescovo di Oderzo, intorno la metà del settimo secolo: una delle otto, da lui per superna ispirazione piantate in tutta l’ estensione della nascente città.
Le altre erano state quella dell’ Arcangelo Raffaele, nell’ isola di Dorsoduro; quella di santa Maria Formosa, la quale doveva essere di assai debole costruzione, perchè il cronista Andrea Dandolo ci fa sapere, che nell’ anno 864 la rifabbricarono i figliuoli di Marin Patrizio; quella di san Salvatore, che da Flaminio Cornaro, sulla testimonianza di una cronaca del secolo XIII, è commemorata per la singolarità del suo pavimento, formato a grale di ferro, sotto cui correva acqua, a somiglianza della chiesa del santo Sepolcro di Gerusalemme; quella di santa Giustina, ridotta oggidi ad uso profano; quella di santo Zaccaria, che, nel principio del IX secolo, fu rifabbricata per le monache, il cui monastero diventò in seguito rinomatissimo; quella di san Giovanni Battista in Bragora, la quale nell’ 817 ebbe similmente bisogno d’essere ricostrutta; quella finalmente de’ santi Apostoli, alla cui erezione concorse col suo il cittadino Gardocco Gardolico.


Dal libro: Venezia: e quanto appartiene alla sua storia politica e religiosa …, Volume 2
Di Gaetano Moroni

Era l’isola molto solida, e formava da se sola una distinta comunità in fra le altre, che componevano l’intero corpo della città, distinta da Rialto, e indicata altresì col nome di Castello; il perchè quelli che la popolavano, erano nominati Olivolenses vel habitatores Castri Olivoli, del cui vocabolo feci diverse parole nel § VIII, n.1 e altrove. Si chiamava poi Castello di Olivolo, ed anco semplicemente Castello, a cagione appunto del castello che vi avevano fabbricato i veneziani, a difesa delle altre isole Realtine, ed a guardia del vicino porto di s. Nicolò; il quale nome di Castello di Olivolo, o di Castello, derivò a tutta l’estensione dell’isola, prendendosene, come suol dirsi, una parte per il tutto. Rimanevano, come restano, nel sestiere di Castello, le due vicinissime isole Gemine, delle quali ora non trovasi indizio di separazione; sebbene si conosca, aver avuto pur esse il proprio tribuno particolare, da cui erano governate: pare che comprendessero il tratto ancora occupato dalle chiese di s. Zaccaria, di s. Giovanni in Bragora (che nel descriverla nel § VIII, n. 4, feci pur menzione dell’isole Gemine), e dall’ aree ove sursero fino a’ nostri giorni le chiese di s. Procolo, di s. Severo, de’ss. Filippo e Giacomo (discorse nel § VI, n. 2, e nel § VIII, n.12 e n. 71).
Dissi pure, a suo luogo, che tale isola primaria, pare ch’abbia avuto il nome di Olivolo, perchè sulla piazza dov’è la concattedrale, e già patriarcale, di s. Pietro di Castello, vegetava un albero smisurato di olivo, o con più di ragione, perchè di molti oliveti era sparsa tutta l’isola.

Si credè pure derivato il nome dalla forma d’oliva che ha l’isola, o a parere del Gallicciolli, per originare dal greco e per dirsi nella sua primitiva denominazione: Pago Olivos, ossia Castelletto, pari ad Oligolensis.
Da una sì grande ampiezza dell’isola, convenendosi dagli scrittori l’erezione in essa della cattedrale, variarono però nel determinarne il preciso sito. Taluni la dissero stabilita ove elevasi la basilica di s. Pietro, già cattedrale e ora concattedrale; altri verso la punta dell’isola di Quintavalle, ossia del luogo detto propriamente Olivolo o di Castello stesso, ove eretta era la chiesa antichissima de’ ss. Sergio e Bacco, la quale precedè l’esistenza di quella di s. Pietro, che a quella fu sostituita almeno nell’anno della fondazione della diocesi Olivolese (in questo caso la chiesa de’ ss. Sergio e Bacco sarebbe stata fino allora propriamente non la cattedrale, ma piuttosto la chiesa del patriarca di Grado, o riguardata per principale, o meglio perchè fu sostituita da quella di s. Pietro che divenne cattedrale, giacchè sino all’erezione di questa, trovo che la 1°. chiesa parrocchiale era quella di s. Giacomo di Rialto; ma non si deve tacere l’opinione, che da principio la cattedrale fu piantata in s. Teodoro; tutto però più sotto chiarirò col patrio storico, come promisi, descrivendo l’origine della chiesa di s. Pietro), altri nel l’isola di s. Elena, la quale erroneamente si credette da taluno che fosse unita all’intero corpo della città, e fu di ragione de’vescovi; altri persino l’ indicarono nel Morso, ossia sull’estremità occidentale dell’isola, presso la chiesa di s. Teodoro antico protettore della città, la cui fabbrica si attribuì a Narsete, variamente chiamato anche Nersete, poi compresa in quella della basilica Marciana.
Ciò potrebbe essere, poichè il 10°. doge Agnello Partecipazio, appena trasferita da lui nell’811 o nell’8 13 da Malamocco in Rialto la stabile sede ducale e del governo della repubblica (avvenimento che anco qui dirò memorabile, poichè die’ principio alla singolar città, che assai posteriormente lasciato il nome di Rialto, assunse quello di Venezia), incominciò a fabbricare accanto alla chiesa di s. Teodoro, e fu il 1°. germe del palazzo ducale, invece della tribunizia abitazione a’ss. Apostoli; e più tardi cioè nell’827, quando sotto il dogado del di lui figlio e successore Giustiniano Partecipazio, fu portato il corpo di s. Marco Evangelista, tosto proclamato principale protettore, fu incominciato l’edifizio sagro in suo onore.
Ed allora il vescovo, per dar luogo tanto all’erezione di quella basilica, che all’abitazione del doge, si trasferì forse all’ altra estremità dell’ isola, alla punta cioè di Castello. Fra le diverse analoghe osservazioni che eruditameute fa l’ab. Cappelletti, per concordare il riferito dagli scrittori, notò ancora: che nel giro di tanti secoli e di tante vicende, la cattedra pastorale della nostra città, rimasta per mille anni in s. Pietro di Castello, ritornò alla fine colà, dove aveva avuto la sua primitiva stazione; nel tempio di s. Marco, il quale fu piantato sul precedente di s. Teodoro: sempre per altro ella stette nella medesima isola d’Olivolo.
Era naturale, che piantata la cattedrale vescovile in Olivolo, il vescovo dovesse assumere il titolo di Olivolese. Ma poichè dal nome del luogo, su cui fu stabilita la sede, derivò anche l’intitolazione del vescovo, così col variare di quello, variò anche il titolo vescovile.
Quando infatti, nel declinar dell’XI secolo, l’isola d’Olivolo, e più precisamente il sito dove stava la cattedrale, incominciò a nominarsi Castello, a cagione del castello ch’eravi fabbricato, anche il vescovo cominciò a dirsi Vescovo Castellano.
Talvolta però, ma ben di rado, dal nome dell’intera città si chiamava anco Vescovo di Rialto, ovvero Rivoaltese, e così trovasi nominato in una carta dell’819, e in altra del 1005, Rivoaltensis Sedis Episcopis. Si nominava altresì Vescovo de’morti, per due cagioni: 1°. perchè soleva accompagnare i funerali de’suoi diocesani; 2°. e principalmente perchè il suo primario provvedimento derivava nelle decime sulle sostanze deʼmorti ”…

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Di Gaetano Moroni


Sergio e Bacco

Sergio (o Serge) e Bacco (greco: Σέργιος e Βάκχος), erano soldati cristiani romani del IV secolo venerati come martiri e santi militari dalle Chiese cattolica, ortodossa orientale e ortodossa orientale. La loro festa è il 7 ottobre.
Secondo la loro agiografia, Sergio e Bacco erano ufficiali dell’esercito di Galerio e furono tenuti in grande considerazione fino a quando non furono smascherati come cristiani segreti. Furono poi severamente puniti, con Bacco che morì durante la tortura e Sergio alla fine decapitato.
Sergio e Bacco erano molto popolari in tutta la tarda antichità e chiese in loro onore furono costruite in diverse città, tra cui Costantinopoli e Roma. La stretta amicizia tra i due è fortemente sottolineata nelle loro agiografie e tradizioni, rendendoli uno degli esempi più famosi di santi accoppiati.

Narsete

(a volte scritto anche Nerses; (478–573) fu, insieme a Belisario, uno dei grandi generali al servizio dell’imperatore bizantino Giustiniano I durante la riconquista romana avvenuta durante il regno di Giustiniano. Narsete era un armeno romanizzato.
Trascorse gran parte della sua vita come importante eunuco nel palazzo degli imperatori a Costantinopoli.