Il calzolaio divenuto re

Di L. FALCHI.

Era un calzolaio molto povero, che non poteva vivere; e non sapeva come procurare il cibo ai suoi figli. Poi che si vide cosi povero di speranze, si mise in viaggio per andare in altri paesi, in cerca di fortuna. Appena fu fuori del suo villaggio, coi pochi quattrini che aveva acquistò una spada, se la cinse al fianco e si avviò alla capitale del regno, dove sapeva che vi erano tre giganti, i quali facevano strage dei soldati del re. Mentre camminava, s’ imbatté in una pozza di latte, attorno alla quale erano molte mosche. Egli snudò la spada, batté su quelle mosche, ne uccise 14, ne ferì 15; quindi scrisse sulla spada: Ammazza 14 e ferisce 15.

* Anche di questa novellina abbiamo il riscontro nelle novelline russe ed orientali; solamente i nemici in Russia appaiono i Tartari o i Cinesi; la conclusione umoristica e filosofica della novellina sarda risponde poi alla nota favola della gatta principessa, che rivela l’ essere suo correndo dietro ai topi. (A. D. G.)

Poi, prosegue il suo viaggio. Appena arrivato alla città dov’erano i giganti, cominciò a passeggiare tutto orgoglioso, in modo che sembrava un grand’ uomo, e domandava ai passanti notizie dei giganti. E la gente gli rispondeva che il re darebbe 40,000 lire di premio a chi li uccidesse. Intanto la gente meravigliata guardava l’iscrizione ch’era sulla sua spada, e tutti lo credevano un valoroso guerriero. Ed egli non era che un ciabattino!

Il calzolaio va e si presenta al re. Questi rimase alquanto a guardarlo, meravigliato; poi, gli chiese:

Che vuoi?

Ho saputo che in questa città esistono tre giganti, ed io son venuto per pigliarli. Il re intanto guardava la spada e pensava:

Questo dev’essere un valoroso guerriero.

Quindi disse al calzolaio:

Se tu saprai ucciderli o prenderli, ci sono 40,000 lire di premio, senza contare gli altri onori.

E il calzolaio:

– Senza dubbio riuscirò: ne ho preso altri ben più terribili di quelli!

Rimasto d’accordo col re, si fece dare mille lire per far acquisto di provviste che gli abbisognavano per l’impresa; poi si avviò ai monti dove potevano dormire i giganti.

Dopo essersi aggirato alcuni giorni su quei monti, scopri il luogo: essi dormivano sotto tre cipressi vicino ai tronchi.

Egli, quando non vi era più alcuno dei giganti, sali sull’albero di mezzo con tre grosse pietre e li aspetto.

La sera, verso tardi, arrivano; uno portava un grosso vitello e gli altri due grandi fasci di legna. Accendono subito il fuoco e mettono a cuocere la carne. Intanto il calzolaio soffocava per il fumo e per il caldo e fortunatamente non starnuto, perché altrimenti i giganti l’avrebbero gettato dall’albero e l’avrebbero ucciso. Dopo che ebbero mangiato e bevuto, si coricarono ciascuno vicino al suo tronco. Poiché i giganti furono addormentati, il calzolaio getta una pietra sul gigante di mezzo e lo colpisce al braccio. Il gigante si alza adirato e rimprovera i compagni, dicendo loro che quelli non sono scherzi da farsi, e che se lo facessero un’altra volta, si alzerebbe e li percuoterebbe con la spada.

Si corica quindi di nuovo; ma dopo poco, il calzolaio gli getta un’altra pietra. Allora quel gigante si alza e comincia a percuotere i compagni con la spada ; questi percuotono lui e cadono morti tutti e tre.

Il calzolaio scende a terra, prende la sua spada, li trapassa tutti e tre e si macchia tutto di sangue. Poi va al fuoco, mangia tutta la carne che era avanzata ai giganti, perché aveva moltissima fame. Quando fu sazio, tagliò la lingua a tutti e tre i giganti, si mise in cammino e arrivò al re. Picchia alla porta e il re domanda :

Chi sei?

Sono ammazza 14 e ferisce 15 risponde il calzolaio. Allora il re apre subito la porta, e il calzolaio gli dice:

Ecco le lingue; li ho uccisi tutti e tre.

Dove li hai uccisi? Chiede il re.

In tal luogo, sotto tre alberi di cipresso. Il re manda subito un carro per portarli in città. Partono dalla città col ciabattino, il popolo e i soldati, allegri come pasque, perché erano stati uccisi quei giganti. Arrivano al luogo e caricano sul carro i morti, tutti deformati. Il calzolaio era inorgoglito, e la gente diceva:

Questo dev’essere il miglior guerriero del mondo ed erano tutti meravigliati.

Arrivano alla città, seppelliscono i cadaveri e fanno tre giorni di festa.

Il re diede al calzolaio un bell’ alloggio nel suo palazzo e lo fece cavaliere. Passato un po’ di tempo il re gli dice:

Se tu fossi veramente bravo, faresti un’altra prova.

E quale sarebbe? – risponde il calzolaio.

Ci sono dodici banditi, e non li ho mai potuti prendere; se riesci a pigliarli ti do un altro premio di 40,000 lire, senza contare gli altri onori.

– E le pare che io non li prenda? ne ho preso ben altri!

Allora si prese provvigioni e andò in cerca dei banditi. Girando per i campi e chiedendo informazioni seppe finalmente dove essi si trovavano.

Questi banditi dormivano in un vasto palazzo di campagna. Il calzolaio si nascose su di un albero vicino al fabbricato, e la mattina, quando uscirono, vide il luogo nel quale l’ultimo uscito aveva nascosta la chiave. Quando i banditi furono lontani, egli scese dall’albero, prese la chiave ed entrò ad esaminare il palazzo. Dopochè vide tutto, fece tra sé un ragionamento, pensando al modo d’ingannarli.

Nel luogo dove mangiavano, v’era un buco di dove usciva il fumo, e vi era un piano molto oscuro, di dove egli poteva vedere i banditi, senza esser visto da loro.

Prima ripone la chiave al suo posto, chiude di dentro, e con tante pietre sale al piano che conosciamo. La sera verso tardi ritornano i banditi, chi con pane, chi con carne, chi con legna, chi con denari rubati ; insomma ogni bandito portava la sua preda. Accendono subito il fuoco, mentre il calzolaio sopra ingoiava il fumo; fanno gli spiedi e mettono a cuocere la carne. Quando uno dei banditi stava girando lo spiedo, il calzolaio gli getta una pietra e lo colpisce al braccio.

– Ahi il braccio! che il malanno vi colga! Questa non è maniera; io vi arrostisco la carne e voi mi rompete il braccio. Allora il capo dei banditi si adirò e disse:

Guai a chi lo fa di nuovo; intanto tu arrostisci la carne, che non lo faranno una seconda volta.

Ma quando la carne era giá quasi cotta, il calzolaio a quello stesso bandito tira un’altra pietra e lo colpisce al braccio. Egli si alza adirato e non vuole più arrostire la carne. Allora il capo dei banditi s’intromise più seriamente. Ma dopo un poco il calzolaio ripete lo stratagemma. Allora quel bandito si alza, prende una sciabola e incomincia a percuotere. Nasce una confusione e tutti cadono morti, eccetto uno che rimane moribondo. Il calzolaio discende, finisce il ferito, si mangia tutta la carne, si prende tutti i denari e va dal re.

Appena arrivato, racconta tutto il fatto. Il re, meravigliato, manda due carri; si portano i banditi, si fanno tanti giorni di festa, e il re dà al calzolaio le 40,000 lire e lo fa generale.

Il re, che gli voleva molto bene, gli concede in isposa la figlia; essa però non lo voleva, perchè le sembrava, ai modi, un calzolaio : ma per le tante preghiere del padre lo accettò per isposo e si celebrarono allegramente le nozze. Ogni notte egli si sognava cantando e tirando lo spago e urtava la sposa coi gomiti. Essa si lamentava col padre dicendo:

– Te l’ho detto che era un calzolaio; ogni notte egli si sogna cantando e tirando lo spago.

Allora il padre, per vedere se ciò fosse vero, una notte si nasconde sotto uno specchio. Il calzolaio, che s’era accorto di ciò, quella notte si alza, prende la spada che aveva al capezzale, e comincia a percuotere lo specchio da ogni parte. Il re per lo spavento fuggi.

Tutti i cortigiani a tanto rumore accorrono e domandano al calzolaio che abbia.

Eh! Mi sognavo percuotendo i banditi.

Il re dice alla figlia:

Altro che calzolaio! se avessi ritardato mi avrebbe certamente ammazzato; questo è il miglior guerriero del mondo.

Allora la figlia si persuase.

Di li a poco intimano guerra al re. Egli, essendo primo generale, dovette andare. Uscirono in campo, e il calzolaio sembrava un demonio. Correndo a cavallo, si aggrappava alla sella perchè non sapeva cavalcare. Si doveva assaltare una città chiamata Casco. Il cavallo del calzolaio cominciò a correre sfrenatamente ed egli diceva:

Casco casco volendo dire che stava per cadere. L’esercito lo segue e prende la città di Casco. Terminata la guerra, egli ritornò al re che lo fece re in sua vece. Essendo re usci con i suoi servi per fare il giro di tutte le sue città. Dopo di avere tanto girato si ferma su di una montagna e dice ai servi:

Riposatevi fino a domani.

Allora il calzolaio si mette nelle vesti tutti i denari e le carica sui cavalli e s’avvia al suo paese.

Arrivato ai luoghi vicini al suo villaggio, nasconde in un predio i denari, e va a casa sua. Trova la moglie e i figli coperti di stracci e morenti di fame. Compra subito vesti e cibo.

Va ogni giorno a quel predio e porta via un poco di denari. Dopo di averli portati tutti, acquista una bottega di calzolaio, e fa costruire un magnifico palazzo, che era il più ricco del villaggio. Tutti erano meravigliati.

La figlia del re aspettava il marito, che non si lasciò più vedere. I soldati che aveva lasciati sul monte, non avendolo visto tornare, se ne andarono e dissero al re che li aveva lasciati sul monte e che non si era più visto. Il re si mise in viaggio in cerca del calzolaio, ma non lo potè trovare. Il calzolaio resto con la sua famiglia e la figlia del re aspettava sempre piangendo e pregando. Sassari, aprile 1894.

L. FALCHI.