IL LEONE ALATO DI SAN MARCO

Novella di P. Mazzucchi

Perchè mai l’evangelista San Marco reca sempre, nelle proprie immagini, un leone accoccolato al suo fianco? Non andate a pensare, come fanno taluni, che quel formidabile animale sia l’emblema del genio di chi seppe scrivere con tanta robustezza: ciò sarebbe un addentrarsi troppo nel campo delle allegorie.
Chi bada soltanto alle cose materiali, e non va più in là delle apparenze, come avviene, in generale, del popolo minuto, narra che San Marco, oltre essere stato un gran santo e nessuno lo mette in dubbio – era un appassionatissimo cultore di scienze fisiche e naturali, che ne scrutava profondamente i più reconditi segreti, prediligendo lo studio della meteorologia.
In eccellente relazione col supremo Fattore d’ogni cosa, un giorno, dopo essersi inutilmente martellato il cervello, per conoscere la causa del tuono, al Santo venne il ticchio di chiedere a Lui, come grazia speciale, il permesso di recarsi sulle nubi, ad osservare dappresso ciò che tanto agognava di conoscere. Il pregato, inarcando le ciglia per lo stupore, rispose subito con un no secco e tondo, da levare la voglia di ripetere la domanda.
Ma il Santo, memore del petite et accipielis predicato dal divino Maestro, e che è pur tanto efficace anche nella pratica degli affari, non ismarrì il coraggio: attese un poco, poi chiese e chiese ancora, finchè ottenne quanto gli stava a cuore: a condizione, per altro, di non isvelare ai mortali il gran segreto del curioso fenomeno. Di qual mezzo di trasporto si sia poi valso il grand’uomo, per salire tant’alto, nessuno sa dirlo.
O molto prima dei Montgolfier egli ha sciolto il problema di lanciare in aria i palloni, o, ciò che è più probabile, volle imitare Dedalo ed Icaro, coll’applicarsi alle spalle le ali.

Un bel giorno, dunque, apprestato il bisogno, andò, vide…, ma, giusto nel momento di far ritorno, pentito l’Altissimo dell’accordatogli permesso, pel sospetto di veder poi divulgato indiscretamente tra gli uomini un segreto, che voleva sempre serbato a sè solo, mutó ipso facto il nostro Santo in leone; togliendogli in tal guisa la facoltà di parlare.
Gli amici dell’Evangelista, che, cogli occhi in aria, lo attendevano a terra, curiosi di sentire come fosse andata la cosa, dovettero per certo restare con un palmo di naso, non vedendolo più comparire.
Avranno in suo luogo, veduto venir giù, volatile stravagante, un fiero leone con occhi di fuoco, zanne acute e un libro tra le unghie: giacche, per quanto la leggenda stia zitta su questo fatto, non per nulla il Creatore avrà posto agli omeri di quel feroce quadrupede le ali, a meno che non abbia preso il gusto di lasciarlo là in alto a svolazzare di continuo tra le nubi. In questo caso, il prezioso volume del Vangelo si troverebbe ancora nelle valigie del Santo.

P. Mazzucchi

Tratto da Rivista delle tradizioni popolari italiane, Volume 2.
A cura di Angelo De Gubernatis