UN NATALE FORTUNATO

– Dimmi un po’, Riccardo, hai invitato il Bardi a venire da noi questa sera?
– Sì, ed anzi non dovrebbe tardar molto a comparire. La sua presenza ci è necessaria, giacché conoscendo egli le vallate degli Appennini liguri palmo a palmo, ci potrà fornire tutte quelle indicazioni che ci abbisognano.
– Sai però che questo Bardi è un bell’originale? – saltò su a dire un altro giovanotto, stendendosi indolentemente sopra un ampio divano per fumare con maggior comodità un buon sigato… di contrabbando. – Quando lo vedo, mi sento venir i brividi per la noia; egli non sa far altro che tessere idillii sul tema obbligato del suo focolare domestico, sciorinando panegirici di sua madre e di sua sorella Filomena. A sentir lui questa dovrebbe essere un angelo di bontà, di candore, di virtù.
– E fermo lì – soggiunse Riccardo – giacchè il nostro amico non parla mai di bellezza e di vezzi.
– Ahi! Ahi! allora è un orco. Già l’ha detto Giovenale: «Bellezza ed onestà non vanno mai assieme.» E poi c’è quel nome di Filomena che mi urta ai nervi… è un nome che promette niente.
– Quand’ ho a dirvela, io, molto tempo fa, viddi il ritratto della sorella di Bardi, ch’egli stesso mi ha mostrato. Mi capirete bene… allora dovetti asserire che era bella, simpatica, ma fra noi, vi confesso la verità, mi ha prodotto l’effetto contrario. Figuratevi un volto da luna piena, un naso brutto, due occhi insipidi, insomma un alter ego del nostro amico.
– Basta, basta, eterni mormoratori, interruppe un altro giovanotto di nome Gustavo, che completava quelle riunioni di studenti dell’Università di Pisa raccolti in congresso per stabilire i loro piani pel giorno vegnente, in cui avevano deciso di recarsi nella riviera orientale ligure per passarvi la fine delle lunghe vacanze che finivano a mezzo novembre.
– Bardi – prosegui Gustavo – è brutto quanto buono; egli è un cuor d’oro, e l’unico suo difetto è quello parlar troppo cogli amici della sua benedetta sorella.
In questo punto risuonarono alcuni leggieri colpi alla porta, e Bardi entrò.

Siamo a S…, poetica borgata ai piedi degli Apennini.
Gustavo ha abbandonato i suoi amici in braccio al sonno in un piccolo albergo, ed è giunto ad arrampicarsi sulla vetta d’una montagna, dalla quale può godere d’uno splendido panorama.
Ai suoi piedi si stende un ampia vallata, a’ suoi flanchi altri monti si perdono nel vasto orizzonte.
Egli esamina tutto coll’occhio e l’amore d’un artista e seguendo la propria ispirazione si pone a schizzare con sorprendente abilità la scena che gli sta dinanzi.
Dopo molto tempo, egli getta il pennello, e preso dal suo sacco di viaggio un libro, nella lettura di quello si assorbe talmente, che non s’avvede come il cielo siasi fatto grigiastro e minaccioso. Nè molte ore scorrono che la neve incomincia a cadere in larghi e precipitosi fiocchi, ed un vento impetuoso si solleva che cambia la nevicata in un vero turbine. Gustavo tolto così alla sua occupazione si alza frettolosamente e tenta riguadagnare il sentiero che lo condusse su quella montagna. Ma invano lo cerca, la neve lo ha coperto totalmente, egli si trova smarrito. D’altronde dieci miglia lo separano da S…, ed anche conoscendo la via, come potrebbe, arrivare all’ albergo con quel tempo indiavolato? Per maggior sventura era calata anche la sera: Gustavo allora si risovvenne di aver veduto sul decliviodel monte una casetta di bell’apparenza: si orientò, pensò che là avrebbe potuto trovare un ricovero, ed animato da questa speranza si pose in cammino, e dopo una strada lunga e faticosa, vi giunse.
Bussò alla porta, che tosto gli venne aperta da un vecchio famiglio, il quale, udito di che si trattava, lo introdusse in una camera ove si trovavano due signore.

Una di esse era d’età molto avanzata, e sui di lei lineamenti leggevasi scolpita un’ angelica bontà. Essa lavorava alla calza con abilità sorprendente, quantunque fosse seduta lontana molto dal lume. I suoi occhi erano privi del prezioso tesoro della vista. Le sedeva allato una graziosissima giovanetta, dalla candida carnagione, dagli occhi grandi, cilestri e melanconici, dalla bionda capigliatura.
Si chiamava Annetta. Gustavo narrò quanto gli era occorso; e fu tanta la cortesia con cui fu accolto, che ben tosto si stabilì una specie d’intimità fra lui e le sue ospiti.
Ma dalla simpatia all’amore è breve il passo, tant’è che quando Gustavo si ritirò per riposare s’avvide che la grazia, la leggiadria e la coltura di Annetta avevano destato in lui una violenta passione. Non dormì tutta la notte: i suoi pensieri ballavano la furlana. Poveretto! egli era orfano, non aveva sorelle, non famiglia, ed era sempre vissuto in un circolo così limitato di persone, che non gli era mai passato pel capo neppur l’idea di potersi un giorno incontrare con sì vaga creatura.
Alla mattina scese a colazione, credendo che la luce del giorno lo avrebbe disilluso sui vezzi di Annetta: ma cosi non fu, Annetta appariva anzi più bella, più seducente di prima, onde il suo amore divampò ancor più potente. Ma anche la fanciulla non era rimasta insensibile alla maschia bellezza di Gustavo, e sotto i suoi sguardi le di lei guancie si tingevano del color di porpora.
Ma pur troppo giunse l’ora della partenza; allora la signora Vernoni disse gentilmente a Gustavo che Giovanni, il vecchio famiglio, lo avrebbe accompagnato per mostrargli il sentiero, che conduceva più brevemente a S…
Allorchè però costui si presentò per eseguire l’ordine della sua padrona, con aspetto più grave, quasi misterioso, narrò come la giovenca era gravemente ammalata, e che egli credeva meglio, pel momento, di non abbandonare la stalla. – La vecchia signora sorrise, e volgendosi ad Annetta: «Ebbene, carina mia, disse, accompagnerai tu il signore.»
Annetta si confuse, e balbettò un sì con voce appena intelligibile. Quanto a Gustavo benedì in cuor suo la «giovenca» per il buon servizio che gli rendeva in quell’ istante.
Ben poche parole furono dal giovine e dalla sua vezzosa compagna pronunciate durante il breve cammino. I loro cuori però battevano frequenti palpiti, ed al momento di lasciarsi forse per sempre, i loro sguardi s’incontrarono…. e trasalirono.

Gustavo, giunto fra i suoi amici, dovette sottostare ad un mondo di domande, circa le sue avventure del giorno precedente, e sulla causa della sua mestizia: ma egli seppe eludere con vaga risposta la curiosità dei compagni. Le fatiche della sera innanzi, e sopratutto le sconosciute emozioni che lo agitavano, gli cagionarono una febbre violenta, per la quale fu costretto a starsene a letto parecchi giorni.
Appena potè reggersi sulle gambe, col cuore trepidante di ansietà, fece ritorno all’umile casetta della valle; egli voleva rivedere ancora una volta l’idolo suo.
La terra era tutta coperta di uno strato di neve, ed i rami inariditi degli alberi si curvavano sotto il suo peso.
La natura deserta spirava tristezza: Gustavo, in preda ad un triste presentimento, affrettò il passo, e giunse in vista alla sospirata abitazione. Ma ahimè una mano di ferro gli strinse il cuore: la casa sembrava disabitata. Egli s’ avvicinò alla porta, batté, ma nessuno rispose: tornò a bussare, ma inutilmente…
Infine coll’anima straziata si staccò di là, fisso nel pensiero di cercar persona che dargli potesse ragguagli sulla sua Annetta. Nè andò molto lungi… Discendendo per la vallata, ei s’abbattè in una vecchierella che tornava al povero abituro curva sotto il peso d’un fastello di legna ch’era andata raccogliendo nei boschi. Da essa egli apprese come le padrone della casa da lui indicata erano improvvisamente partite, chiamate altrove da un parente che stava assai male, e che per due o tre mesi non sarebbero ritornate.
– Ma il paese ove sono andate? chiese trepidante Gustavo.
– Non lo so proprio, rispose la buona donna, crollando il capo, e s’allontanò.
Gustavo a capo chino riprese la via per S.. colla disperazione in cuore.
I passi da lui fatti per avere contezza di Annetta riuscirono tutti vani. Ormai più non sperava di poterla ritrovare: eppure il suo amore cresceva ogni giorno di più. Povero giovane! Era la prima volta che provava l’amore.

Era l’antivigilia di Natale, giorno che apporta a tutti pensieri di pace e di felicità. Nei quindici o venti giorni che precedono il Natale, lo splendore, la gioia serena dei giorni di festa che si avvicinano sembra che si riflettano nei ghiacciuoli che pendono dai rami degli alberi e dai davanzali delle finestre.
Gustavo, per abitudine, sentivasi in quei giorni rinascere nel seno una pura gioia, riflesso dei suoi giorni beati dell’infanzia; ma subito dopo rinasceva la consueta malinconia: mai come allora aveva sentito d’esser solo!
Egli aveva ricevuti numerosi inviti per il giorno di Natale; ma non aveva voluto accettarne alcuno, risoluto con una specie di soddisfazione selvaggia a passare quel giorno solo, confinato in un angolo d’una tavola di qualche albergo della città, in mesto silenzio, mentre dappertutto si sarebbero fatti allegri brindisi.
Era, come abbiamo detto, l’antivigilia di Natale; e mentre Gustavo sedeva a colazione, esaminando tutto pensieroso diverse lettere che gli erano giunte per la posta, una scrittura ben nota sopra una busta, lo scosse. Aperse la lettera e vi trovò un caldo invito per passare le feste Natalizie a C… in compagnia del suo amico Bardi, Mia madre e mia sorella, (scriveva questi), sarebbero oltromodo contente di darti il benvenuto nella lor modesta casetta, ed io ti svelerò il segreto a cui aveva accennato nell’ultima mia lettera: sappi intanto che io mi stimo il mortale più fortunato; poichè debbo sposare tra non molto una mia vezzosissima cugina, che ora trovasi qui e che sono ansioso di presentarti.
Buon Dio! ammogliarsi questo ragazzo tanto brutto! Mi sembra che dovrò odiarlo. Io odio le persone che godono in anticipazione della certezza che s’avvicina il giorno in cui devono unirsi con persona da essi amata. Io non credo che essa possa amarlo; certamente si marita con lui per avere un tetto, perchè egli ha del denaro. Povero Bardi! è un giovanotto troppo buono per essere lasciato preda ad una donna avida, che considererà probabilmente la sua unione come una speculazione. Andrò a trovarlo per vedere a cosa somiglia questa preziosa cugina. Io sono il suo più intimo amico, nel caso in cui le mie previsioni non siano errate, è mio dovere di prevenirlo.
Infiammato da questa benevola intenzione, egli scrisse al suo amico indicandogli la corsa ferroviaria colla quale egli poteva attenderlo il giorno vegente.
Non fu che allora quando egli aveva già preparato i suoi bagagli, che si ricordò che si sarebbe trovato in compagnia della tanto amata Filomena Bardi!
La fotografia di essa gli apparve, con viso arcigno, nel pensiero; ma era ormai troppo tardi per ritirare la lettera che si trovava già alla sua destinazione.

Era quasi calata la sera, quando il treno ferroviario si fermò a R…. la stazione più vicina a C… Chi non ha visto una stazione la vigilia di Natale? Gente che va e viene in fretta, col sorriso sulle labbra, colle tasche piene e le mani cariche d’involti d’ogni specie da cui esce l’odore di panattone o la coda d’un tacchino, oppur mostra di fuori l’etichetta di un fabbricatore di giuocatoli o di un famoso negoziante di stoffe; le persone s’incontrano, si urtano e si salutano colle sfrasi del giorno: «Buon Natale! – Grazie! Buone feste a voi!» e i fattorini vi fanno un sorrisetto interessato mentre vi consegnano la valigia.
La fresca aria di montagna che spirava a R…, aria nevosa, ma sana ed esilarante, risvegliò Gustavo, che s’era fermato mezzo confuso fra tutto quell’assordante via vai, quando si sentì stringere da due braccia robuste e ricevette un bel bacio.
– Bravo, vecchio camerata! Quanto sono contento di vederti, gridava Bardi che giungeva di corsa in quel momento a riceverlo, e che con un urto fece perdere l’equilibrio al sotto capo stazione, che andò a cadere addosso a una cesta di bottiglie che diedero un suono lamentoso e fioco.
– Usciamo, questa è la via, eccoti la vettura, hai preso tutto il tuo bagaglio? Andiamo, gridava Bardi, che era tanto contento di avere con sè il suo amico, che non trovava tempo di pronunciare le parole:
– Non hai altro bagaglio? Da questa parte fattorino, qui la vettura, salta su. Non abbiamo che sette miglia da correre e poi ti mostrerò la mia adorabile Annetta!
– Chi?! grido Gustavo dando un balzo come fosse stato punto dalla tarantola.
– Come, che cosa ti cagiona tanta meraviglia? Non ricevesti la mia lettera? non ti diceva in essa che mia cugina trovasi adesso con noi? Mia cugina Annetta Vernoni. – Olà! ohe! fatti da storditello! Non sei mica ferito, non è vero?
Queste ultime parole, dirette in dialetto ad un monello che Bardi nel suo eccitamento aveva colto colla scudisciata che intendeva dare al suo cavallo, giunsero a tempo per far riavere Gustavo dallo stordimento.
Che cosa mai significava tutto ciò? Era egli vittima di una burla, o tutto ciò era un sogno? e se egli si fregava gli occhi, si sarebbe egli trovato nelle sue camere a Pisa, lungi da quel chiacchierone che sembrava tanto gonfio della sua felicità, da non notare il suo silenzio ed il suo abbattimento?
Fu solo quando Bardi gli mostrò la sua casetta, che si disegnava fra un gruppo d’alberi sfrondati, che egli si ricordò di chiedergli nuove della sua famiglia.
– Mia madre e mia sorella stanno benissimo, grazie; naturalmente sono felici di avere mia cugina in loro compagnia.
Filomena giunse con esse soltanto avant’ ieri. Ah, adesso mi ricordo! Allorchè io riferii loro che ti avevo invitato a passare con noi il Natale, mi sembra che Filomena mi dicesse di aver sentito altra volta parlar di te, o di aver già parlato con te… ma io non ci posi mente, parlava colla mia Annetta.

Non c’era più dubbio dunque, era la sua Annetta, l’idolo della sua anima… Poichè come poteva Filomena Bardi aver sentito qualche cosa di lui? Pensieri di disperazione gli balenavano nella mente, e in quell’ istante avrebbe precipitato giù dalla carrozza il suo amico, che seguitava a chiacchierare senza sospettar nulla di quanto s’agitava nel cuore di Gustavo.
Trovavasi egli ancora in questo stato di mente, allorchè fu introdotto nella sala di ricevimento e sentì presentarsi dal suo amico a sua madre, a sua sorella ed alla sua fidanzata.
Fece uno sforzo per dominare la propria emozione, ed alzò gli occhi per guardar loro in faccia.
Dinanzi a lui trovavasi l’infedele, la perfida Annetta più seducente che mai che gli porgeva la mano, ricordandogli che essi erano vecchie conoscenze.
Essa ebbe, è vero, la grazia di arrossire! ma come potentemente egli la odiava in quel punto… e molto più si sforzava ad odiarla, poichè sentiva che il suo amore per lei divampava più grande e più irresistibile che mai.
Egli presentò in seguito i suoi rispetti alla signora Bardi, e quindi, ricordandosi della tanto temuta Filomena, si voltò verso la sorella del suo amico. Ma l’attendeva un’altra sorpresa. Essa era una graziosissima signorina, con due grand’occhioni, neri e pieni di fuoco e un sorriso seducente.
La signora Bardi fu quasi tosto chiamata altrove da alcune faccende di casa; e suo figlio propose a Gustavo di mostrargli la casa.
Con vera sorpresa di Gustavo, il Bardi, dando il braccio a sua sorella, lo precedeva lasciandolo a lato della bella Annetta. E non bastava ancora.
– Devo lasciarti un istante, disse Bardi volgendosi ad un tratto; ho dimenticato di dare i miei ordini al vetturale: scusami, sai, ma ti tengo come di casa e ti lascio.
Ed infatti uscì insieme a sua sorella, da una porta della serra, lasciando gli altri due soli davanti ad un bel fuoco.
La posizione di Gustavo gli era intollerabile, egli aveva quasi intenzione di prendere il primo treno e tornarsene a far Natale a casa.
Dopo il primo sguardo col quale l’aveva riconosciuta, egli aveva con istudio evitato di guardar Annetta.
Questa mostravasi timida: ma il prolungato silenzio di lui la obbligò a dire qualche cosa.
– É mai stato in queste parti della Liguria, signore? Essa chiese.
Dio, che colpo! Era la stessa soave voce che aveva udita a S…: e scese nel profondo del cuore di Gustavo.
– No, rispose egli seccamente.
Il suono della sua stessa voce parve infondergli maggior coraggio. La guardò allora con uno sguardo freddo e severo, ma trovò tanta dolcezza nel di lei sguardo che ne fu disarmato, talmente che egli si confuse nel domandare:
– E lei, è mai… stata qui prima d’ora?
– Io? fece essa meravigliata. Questo è il mio paese nativo. In questi luoghi io ho passato i miei primi anni, talchè li considero come doppiamente mia patria. E quanto sono contenta che il mio fratello abbia deciso di stabilirsi qui ad esercitare la medicina!
– Quale mancanza di delicatezza, pensava egli, per parlarmi in questa maniera!
– Io spero soltanto, essa continuò, che mia cugina impari ad amare queste colline e questi campi. Annetta è cresciuta in un luogo d’una bellezza così romantica che quella che qui la circonda deve aver poca attrattiva per lei.
– Chi? – esclamò Gustavo come se gli mancasse il respiro. Di chi parla?
– Di mia cugina. Non le ha detto mio fratello che si ammoglierà con essa tra poco?
– Ma allora, allora chi… chi è lei, signorina? Sclamò Gustavo stringendole la mano per accertarsi che in quel mentre egli non era vittima di un sogno.
– Io…… io sono Filomena Bardi!
– Ella Filomena Bardi! É impossibile? Qui c’è uno sbaglio, una mistificazione. Non voglio ingannarmi, signorina. Se ella sapesse con quanta premura, con quanta ansia io procurai di ritrovare le di lei traccie, quanto… perdono… io sono uno sciocco…
I suoi modi strani e per lei inesplicabili la spaventarono.
– Io non la capisco, signor Gustavo: nessuna mistificazione l’inganna. Io sono la sorella del suo amico che testè ci ha lasciato, e seppi solo l’altro dì ch’era in relazione con lei.
Il cambiamento di sentimenti fu si rapido in Gustavo che quasi perdette i sensi; ma i sereni modi di lei però ponevano in pace il suo cuore.
– Perdonerà ella, signorina, di averla spaventata. Io credeva di averla sentita chiamare col nome di Annetta…
– La mia cara nonna mi chiama sempre Annetta che è il nome d’una mia sorella morta, che essa amava teneramente, ed io quando mi trovo con lei, la chiamo mamma…. Ma, aggiunse timidamente, un istante dopo, impacciata degli sguardi di Gustavo, noi dobbiamo andare da mio fratello per raccontargli il vostro sbaglio.
– Crederò che ella senta repulsione per me se non si degna ascoltarmi ancora alcuni brevi istanti, diss’egli prendendole la mano amorosamente. Io le chiesi una volta di credermi che….. e lei mi disse di sì. Mi vorrà ella sempre credere, vorrà ella permettermi… di sempre amarla come io l’amo adesso e come io l’ho sempre amata dall’ ultima volta che ci separammo, mia cara Annetta?
Annetta, (continueremo a chiamarla cosi) confusa, non rispose; ma un suo semplice sguardo fu molto più eloquente di qualunque risposta per Gustavo, che la trasse a sè vicina, vicina.
Stava per iscoccarle un bacio, (il primo!) sulla fronte, quando un allegro scampanio disturbò a un tratto il dolce convegno.
Arrossendo, la Filomena, si spiccò ratta dal giovane, e in quel punto medesimo, entrarono nella camera Bardi colla sorella e la mamma.
– Presto! Presto! Dicevano essi. Andiamo alla chiesa; le campane avvisano che comincia la messa di mezzanotte.
– Vedrai, soggiungeva Bardi – Gustavo, sono uno spettacolo nuovo per te che sei cittadino: la chiesuola del villaggio tutta illuminata e che risuona dei concetti gravi dell’organo e della armoniosa piva pastorale, par trasformata in una magione incantata

A che prolungare il nostro racconto? È egli necessario dire che quel giorno di Natale fu il più bello che mai Gustavo abbia passato in sua vita, vicino allo amico diletto ed alla fidanzata?
E nella prossima primavera in quella stessa chiesuola, dove avevano assistito alla messa del Natale, vi si recò una doppia coppia di sposi felici.
Ma qui vi fu un incidente che dobbiamo ricordare. Quando la giovine sposa di Gustavo firmò par l’ultima volta nel vecchio registro della parrocchia col suo nome di zitella, egli si scosse, ed avvicinandosi ad essa le sussurrò all’orecchio queste parole:
– Grazie a Dio, lei non sarà mai più Filomena Bardi; tu sei adesso la mia Annetta per sempre!

Articolo tratto da: L’emporio pittoresco giornale settimanale
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