IL NATALE DEL1896

La più grande caratteristica del Natale è il presepio. Io so di molti padri di famiglia che in altre circostanze, non distoglierebbero la mente dai loro affari per qualunque insistenza dei loro figli, e che pure, in occasione del Natale, non isdegnano di accompagnare i figli, magari in campagna, a cercarvi l’edera e il musco per fare il presepio.
– E chi fu il primo ad istituire il presepio? – Mi si domanda da un curiosetto, frugolo gentile come voi. Ed io l’accontento subito. Il presepio fu istituito da San Francesco d’Assisi. Ne costrusse prima uno nel proprio convento; poi, avutane licenza dal Papa, ne diffuse l’uso, che rispondendo ad un desiderio e ad una soddisfazione del cuore, si propagò, in breve, in tutti i conventi, in tutte le case signorili, in tutte le capanne… Vi furono e vi sono presepi artistici e meravigliosi. Qui a Milano ce n’è uno meccanico che forma la gioia e il diletto di tutti i bambini.
Un’altra caratteristica del Natale l’hanno imposta i gastronomi. Infatti il giorno di Natale anche il desco del povero è più lieto del solito. Ovunque vi sono cibi e piatti speciali.
Gli italiani hanno il panettone, il torrone, il tacchino arrosto. L’Austria col tacchino predilige anche l’oca. L’oca arrosto è pure la regina del pranzo in Svizzera, il giorno di Natale. In Ispagna si fa la zuppa di mandorle, e il besugo, cioè il pesce di mare, detto orata. Nel Portogallo, oltre a questi due piatti usati dalla vicina consorella, si sfoggiano anche i broas, specie di piccoli pani a forma di rombo fatti di farina di frumento, d’olio, sale, zucchero, miele ed anice.
In Ungheria si usano i maialini arrostiti con una rosa in bocca, cavoli farciti, zuppa di pesce; ma il piatto nazionale è il golasch, il quale consiste in pezzi di bue cotti con cipolle, pomodoro e paprika (specie di peperone). I Russi, per il lunck o la cena della notte, divorano piatti e normi di salumerie, e giganteschi arrosti di vitello, e per il piatto del mattino si riserva il borsch, che è un piatto composto di succo di barbabietole fermentate, di crema inacidita, di cavolo, di brodo, ecc.
I Russi sono poi tali formidadili mangiatori durante tutto l’anno, che non faranno certo indigestione il giorno di Natale.
I Danesi s’impinguano di oche arrosto ripiene di miele. Che cattivo gusto!
La Germania festeggia la nascita del Signore con due istituzioni sacre: la choucrûte e l’Albero di Natale, il cui uso, si va generalizzando anche da noi. In molte case, infatti, in apposita stanza s’innalza un ramo verdeggiante d’abete, adorno di lumicini multicolori e carico di graziosi e svariati giocattoli, di chicche, di frutta, di dolciumi.
Ma da che cosa ebbe origine l’albero di Natale.?
La tradizione popolare dice che l’origine rimonta ai tempi degli antichi Germani e dei Celti, che il 25 dicembre celebravano la festa del solstizio d’inverno.
Nelle capanne, in mezzo alle foreste immense, gli antichi tedeschi ergevano un albero di pino, lo adornavano di lumi, la cui luce si frangeva scintillando nei lunghi diacciuoli.
Quell’albero primitivo divenne poi, con l’andar del tempo, l’albero di Natale, come fu forse, a sua volta, l’albero sacro degli antichi indiani, da cui rami sgorgava il miele, e fra le cui fronde annidavano meravigliosi uccelli, la vista dei quali ringiovaniva.
Ma alberi che abbiano una tale virtù, se ve ne furono, sono ora spariti del tutto: dagli alberi di Natale non sgorga più il miele, ed i poetici diacciuoli hanno dato luogo ai pupattoli che, a braccia aperte ed a gambe spalancate, si dondolano nell’aria ad ogni salto di gioia che spiccano gli allegri bambini festeggianti intorno all’albero.
Che felicità! Che intense soddisfazioni!
Ma la festa del Natale non si celebra mica soltanto mangiando e sorridendo ai doni che il Bambino prepara ai grandi ed ai piccini…
La pastorella, che si crede la canzone suonata di pastori accorsi al Presepio, si ripete su tutti i campanili, in tutte le chiese della Cristianità, e fra i profumi dell’incenso, sale nei Templi l’inno festoso: Gloria a Dio nel più alto de’ cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà.

CARLOTTA RUBENS

Articolo tratto da: Frugolino giornale dei fanciulli
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