Janavel il Valdese

L’EROE DI RORA.
UNA VERA STORIA DEI VAUDOIS.
DEL PROFESSOR ALDEN.

Il 24 aprile 1655 fu fissato come giorno per l’esecuzione, nella valle di Lucerna, (NdR ora Luserna) dei crudeli ordini del Consiglio per la propagazione della fede e l’estirpazione degli eretici. Questo consiglio aveva sede in Torino, e l’ufficiale che comandava le truppe che dovevano eseguirne i decreti era il marchese Pianezza.
Quest’ufficiale, confessando intenzioni amichevoli, riuscì a dissipare i sospetti dei Lucernesi, ed entrò nella loro valle con un esercito di diecimila uomini. Per un certo tempo i suoi soldati furono trattenuti da atti di violenza, ma quando giunse il 24 aprile, si consumò una tragedia che non ha eguali negli annali della crudeltà inquisitoria. Il seguente estratto dalla testimonianza di un testimone oculare, la cui credibilità è stata pienamente attestata, darà un’idea della scena spaventosa.
Dopo aver dato il segnale sull’altura presso la Torre, detta Castelus, quasi tutte le creature innocenti che erano in potere di questi cannibali furono sgozzate come pecore al mattatoio. I bambini strappati crudelmente dal seno delle loro madri, venivano afferrati per i piedi e sbattuti o schiacciati contro le rocce o le pareti.

I malati e gli anziani, sia uomini che donne, venivano bruciati nelle loro case, o letteralmente fatti a pezzi, o legati, spogliati dei loro vestiti, come una palla, con la testa tra le gambe,

Gettati dai precipizi, nei tempi 1655 – 1665

e gettati sulle rocce, o fatti rotolare giù per i fianchi della montagna.

Altri li impalarono, e in questa orribile posizione posero nudi come croci sui cigli delle strade; altri furono mutilati in vari modi.

Bambini fatti a pezzi dai papisti

Le valli risuonavano di echi così dolenti delle lamentevoli grida delle misere vittime, e delle urla strappate loro dalle loro agonie, che avresti potuto immaginare che le rocce fossero mosse a compassione, mentre i barbari autori di queste atroci crudeltà rimanevano assolutamente insensibili.

Donne Vaudois sepolte vive

Il sole tramontava su quell’opera di sangue e il silenzio della desolazione regnava in tutta Lucerna tranne che nella piccola comunità di Rora. Consisteva di venticinque famiglie, che occupavano una valletta di montagna appartata estremamente difficile da raggiungere.
Aveva ricevuto ripetute promesse di protezione dal suo signore, il conte Cristoforo di Lucerna, a nome del marchese di Pianezza. Ma le promesse fatte agli eretici non erano considerate vincolanti. Nel giorno di cui sopra sono stati descritti alcuni degli avvenimenti, a quattro o cinquecento soldati fu ordinato segretamente di arrampicarsi su un sentiero poco frequentato che avrebbe permesso loro di sorprendere le abitazioni di quella solitaria contrada.
Questo avrebbero realizzato se non fosse stato per Joshua Janavel, un uomo semplice e timorato di Dio, che aveva lasciato la sua residenza vicino a Lucerna, e si era ritirato con la sua famiglia a Rora. Aveva osservato la condotta della soldatesca e non aveva fiducia nelle promesse di protezione fatte alla comunità in cui ora si trovava.
Quando gli abitanti di Rora seppero del pericolo cui erano scampati, mandarono una deputazione al loro signore ereditario, e al Marchese di Pianezza, per lamentarsi della infrazione dei pegni loro dati, e per scusarsi per il sangue che è stato versato dai loro difensori. Fu detto freddamente che nessuna divisione dell’esercito aveva marciato contro di loro; che i vinti erano briganti piemontesi, i quali ben meritavano il castigo ricevuto. Furono nuovamente assicurati che dovevano essere impartiti ordini rigorosi affinché nessuno li disturbasse in futuro.
Il giorno successivo ci fu un’altra dimostrazione del principio papista, che nessuna lealtà deve essere mantenuta con gli eretici. A seicento uomini scelti fu ordinato di prendere un’altra strada per Rora. Essi non fuggirono alla vigilanza di Janavel. A capo di dodici compagni muniti di armi da fuoco, e di altri sei: muniti solo di fionde e selci, che ben sapevano usare, scelse la sua postazione e versò sulla testa della colonna una pioggia di palle e sassi.
Incapaci di raggiungere i loro assalitori tra i cespugli e le rocce dove erano più abilmente posizionati, e ogni tentativo di avanzare attraverso la stretta gola incontrava una morte istantanea, i soldati cercarono presto sicurezza in fuga, con una perdita tra cinquanta e sessanta.
Di nuovo fu fatto reclamo al conte di Lucerna, il quale ebbe la sfacciata impudenza di affermare che l’attacco ebbe origine da un errore, e assicurò solennemente al suo popolo che una cosa simile non sarebbe accaduta più. Ma il giorno seguente da otto a novecento uomini furono inviati contro il villaggio devoto. Riuscirono a raggiungerlo e iniziarono a sparare alle case e si dispersero per il saccheggio. Janavel con un piccolo gruppo, osservava le loro operazioni e in un momento favorevole li attaccò vigorosamente. Furono presi dalla paura, e cominciarono una frettolosa ritirata, lasciando il loro bottino ed il bestiame, causa principale della loro sconfitta.
Pianezza ordinò ora un quarto attacco e, per assicurarsi una vendetta certa e decisa, ordinò che tutte le truppe nelle vicinanze si radunassero in un giorno stabilito. Venne il giorno. Mario, ufficiale impetuoso e crudele, giunse all’appuntamento prima degli altri e, desideroso di raccogliere la gloria della spedizione, partì subito alla testa del suo distaccamento, che consisteva principalmente di irlandesi. Furono accolti da Janavel con diciassette compagni in un punto di difesa così ben scelto, che, dopo un ostinato conflitto, furono costretti a fuggire, lasciando sul posto sessanta morti.
Quando ebbero raggiunto, come pensavano, un luogo sicuro, e si fermarono per riprendere fiato, Janavel improvvisamente piombò su di loro da un altra parte e completò la loro rotta. Nello stretto passaggio presso il torrente Lucerna si schiacciarono l’un l’altro e caddero di roccia in roccia tra le sue onde. Tra quelli che così perirono fu lo stesso Mario.
Subito dopo questo combattimento, mentre Janavel e la sua truppa erano seduti su un’altura, videro un piccolo corpo di soldati avvicinarsi da un altro lato. Si misero subito in una posizione vantaggiosa. I soldati in avvicinamento li scambiarono per contadini papisti appartenenti alla spedizione e si fecero avanti. Molti così si trovarono a portata del colpo mortale. Quelli che riuscirono a sfuggire, fuggirono verso il corpo principale della truppa, al quale comunicarono il loro terrore. Tutti si misero in fuga senza prendersi il tempo di notare il numero dei loro inseguitori.
Tre giorni dopo, il marchese di Pianezza convocò la popolazione di Rora a partecipare alla messa entro ventiquattr’ore. “Preferiamo la morte alla messa”, fu la loro risposta. Il marchese radunò quindi un esercito di circa diecimila uomini per abbattere una comunità di venticinque famiglie! Divise il suo esercito in tre corpi e ordinò loro di avvicinarsi a Rora in tre direzioni.
Una di queste divisioni fu arrestata nel suo progresso da Janavel e dalle sue devote truppe, mentre le altre due raggiunsero il devoto villaggio e inflissero agli abitanti tutte le crudeltà sopra notate come inflitte agli abitanti della valle di Lucerna. Centoventisei persone hanno incontrato una morte straziante. La moglie e le tre figlie di Janavel furono riservate alla prigione. Ogni dimora fu distrutta e ogni cosa di valore portata via dai conquistatori.
Janavel , con i suoi eroici compagni d’armi, riuscirono a fuggire. Pianezza gli scrisse offrendogli la sua vita, e quella della moglie e delle figlie, a condizione che rinunciasse alla sua eresia e si riconciliasse con la Chiesa di Roma. In caso di rifiuto, lo minacciò di perdere la testa e di mettere al rogo la sua famiglia. Rispose l’eroe di Rora: “Che non c’erano strazi così crudeli, né morte così barbara, che non potesse preferire all’abiura; che se il marchese faceva passare nel fuoco sua moglie e le sue figlie, le fiamme non potevano che consumare i loro poveri corpi”; che quanto alle loro anime, le raccomandò a Dio, affidandole nelle sue mani allo stesso modo delle sue, nel caso che fosse suo piacere che cadesse nelle mani dei carnefici “.
Coloro che erano scappati da Rora e da altri luoghi distrutti dai persecutori, si unirono insieme e con pochi fratelli delle altre valli formarono un piccolo esercito e di tanto in tanto si precipitarono dai loro rifugi montani sui corpi distaccati dei loro nemici. Diverse battaglie furono così combattute dai Vaudois e ottennero notevoli successi sotto la condotta di Janavel e di un valoroso compagno di nome Jayer.
In un’occasione, Janavel occupò le alture di Angrogna con trecento uomini. Fu lì attaccato da tremila nemici. Respinse tutti i loro tentativi e li costrinse a ritirarsi con la perdita di cinquecento uomini. Proprio mentre si stavano ritirando, Jayer si avvicinò con le sue truppe.
I Vaudois si precipitarono quindi nella pianura e caddero sul nemico in ritirata. Nel bel mezzo del feroce conflitto che ne seguì, una palla attraversò il petto dell’eroico Janavel . Mandò a chiamare Jayer, che gli succedette nel comando, gli diede alcuni consigli e fu portato via dal campo di battaglia. Prima che si riprendesse dalla ferita, le operazioni militari dei Vaudois furono messe fine da una tregua, e poi da un trattato portato dall’interferenza delle potenze estere protestanti.

Articolo tratto da: THE CHRISTIAN TREASURY. Volume 5
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Foto da: Nuova rivista mensile di Harper, volume 41 a cura di Henry Mills Alden, Frederick Lewis Allen, Lee Foster Hartman, Thomas Bucklin Wells
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