di Adriano Ardit
E così siamo arrivati all’ultimo, divertente capitolo della saga quarantennale di Indy: Indiana Jones e il quadrante del destino. I passi falsi di Shia LaBeouf, coprotagonista nel penultimo film, hanno costretto gli sceneggiatori a rivedere i piani iniziali, eliminando (letteralmente) il figlio di Indiana per rimpiazzarlo con una “figlioccia”, interpretata da Phoebe Waller-Bridge. Nel cast, formato da attori di grande esperienza, troviamo Mads Mikkelsen (il nuovo Grindelwald di Animali Fantastici), John Rhys-Davies che riprende il suo storico ruolo di Sallah (irriconoscibile se penso al nano Gimli di LOTR), Toby Jones, noto al pubblico italiano specialmente per la sua parte nel Racconto dei Racconti di Garrone e fa una breve apparizione anche Antonio Banderas. Dopo una sequenza ambientata durante la guerra che fa da prologo alla storia, si viene catapultati in avanti di 25 anni, con Indy placido professore di archeologia prossimo al pensionamento, nell’indifferenza per la sua materia causata dalla fibrillazione per lo sbarco sulla Luna, appena avvenuto. Già questa è una metafora eloquente del vecchio che deve cedere il passo, rassegnato, al nuovo che avanza. Durante una delle sue lezioni viene avvicinato da una ragazza, Helena Shaw, un’archeologa figlia dell’amico che ha aiutato Indiana nell’avventura descritta all’inizio, e di cui Indy sarebbe il padrino, a sua volta sorvegliata dall’Intelligence. Uno dei limiti che ho riscontrato in questo film è che, quasi trent’anni dopo la fine della guerra, i nemici di Indy sono sempre, ancora una volta, i nazisti. Che erano perfetti per l’idea iniziale di Lucas, ispirata ai film d’avventura degli anni Trenta, ma che alla fine rischiano di trasformarsi in un cliché da cui è difficile staccarsi. In questo caso vogliono mettere le mani sul congegno di Antikythera, un artefatto ellenistico che si ritiene il primo calcolatore astronomico conosciuto, ma che nella fantasia degli sceneggiatori diventa un congegno elaborato da Archimede per viaggiare nel tempo, custodito da Indy inconsapevole del suo potere! È vero che Cicerone cita una macchina astronomica simile costruita da Archimede, ma questa parte lascia un po’ perplessi, perché il congegno è un reperto ben conosciuto, tuttora conservato ad Atene dove è presente anche una sua ricostruzione (clamorosamente sbagliata, ma questo è un altro discorso). In questa moda di riscrivere la storia a proprio uso e consumo, dove Anna Bolena può persino diventare nera, Werner von Braun, il tedesco che portò gli americani sulla Luna, viene trasformato in uno scienziato pazzo nazista a caso. Mi ha fatto tornare in mente una battuta del (giustamente) dimenticato reboot dei Fantastici 4, dove uno dei quattro si lamenta che tutti ricordano i nomi degli astronauti, ma nessuno quello del fisico che costruì il razzo che li ha portati sulla Luna. All’epoca mi sembrò una scemenza, reputando von Braun universalmente conosciuto, ma ora non ne sono più così sicuro! Da qui comincia una sarabanda di inseguimenti e scene d’azione tra cui spiccano una cavalcata in metropolitana (!) e un inseguimento per i vicoli di Tangeri a bordo di un tuk-tuk, il celebre Piaggio Apecar, ad alto tasso adrenalinico, sicuramente le sequenze più spettacolari della pellicola. Oliver Stone, dopo aver visto John Wick 4, si è lamentato di come i moderni film d’azione presentino scene eccessive. Qualcuno lo ha rimproverato di essersi dimenticato della famosa “sospensione dell’incredulità”, ma non mi sento di dargli torto. È vero che ormai le scene d’azione sono sempre più pirotecniche e improbabili. Si fa gara a proporre inseguimenti, cadute e sparatorie sempre più “più” e, se da un lato sono divertenti e coinvolgono, ammetto che a volte tolgono piacere alla visione, soprattutto se sono troppo inverosimili. In rispetto dell’inclusività anche in questo film troviamo un’attrice afroamericana, in un ruolo altamente improbabile per l’epoca, un’agente Cia donna, nera e capellona nel 1969: mah! Quando vidi Underwater mi ricordai quella bizzarra teoria per cui in ogni film horror c’è quasi sempre un afroamericano che è il primo della compagnia a morire, per giunta in maniera abbastanza stupida. Indiana non è un film horror, però neppure lui si sottrae a questa presunta regola, in quanto all’unico personaggio di colore viene riservata una parte talmente insulsa e inconcludente, culminante nell’essere la prima ad essere eliminata, che mi chiedo il senso di operazioni del genere. A cosa serva l’Antikythera è già stato detto, ma la mèta raggiunta non sarà quella immaginata dai cattivi né dai buoni, nel clamoroso colpo di scena finale, per un film a cui non manca niente nel più puro stile Indiana Jones, ma non anticipo altro. Come detto, in un cast di ottimi attori accanto a Harrison Ford compare Phoebe Waller-Bridge, attrice ma soprattutto sceneggiatrice britannica, dotata di un carisma che la rende convincente nell’interpretare Helena, una donna “intelligente, bella, intraprendente e autosufficiente” come lei stessa si definisce in una scena. Quel che desta perplessità è il cambio di personalità di questo personaggio, che all’inizio viene presentata come un’avventuriera arrivista e senza scrupoli. Anche lo studio approfondito del congegno di Antikythera, sulle orme del padre archeologo, per poi tentare semplicemente di venderlo al miglior offerente, non appare molto coerente. Una donna spregiudicata e indipendente, forse anch’essa metafora della modernità incipiente, ma che non definirei “femminista”, che alla fine decide di aiutare Indy, sembra più per mancanza di valide alternative che per intima convinzione. Il finale, che sembra aver messo la parola fine alle avventure di Indiana Jones (ha pur sempre settant’anni!), lascia forse aperto lo spiraglio a un proseguo delle sue avventure a opera della “figlioccia”? I primi incassi di questo film non sembrerebbero troppo incoraggianti in questo senso. Tuttavia, contro ogni mia personale previsione, dopo sessant’anni si girano ancora film su una figura tremendamente superata e stantia come “l’agente segreto al servizio di Sua Maestà“, 007. Aver introdotto questo accattivante personaggio, per poi “bruciarlo” nello spazio di un film, sarebbe un peccato. Che le avventure di questa archeologa possano interessare le nuove generazioni replicando il successo di Indy e magari inaugurando un nuovo filone, solo il tempo ce lo dirà. |
Titolo: Indiana Jones e il quadrante del destino
Titolo originale: Indiana Jones and the Dial of Destiny
Regia: di James Mangold
Con: Harrison Ford, Phoebe Waller Bridge, Antonio Banderas, John Rhys-Davies, Toby Jones
Genere: Avventura, Azione – USA-2023
Durata: 142 minuti
Uscita Cinema: Mercoledì 28 giugno 2023
Distribuito: da Walt Disney
Adriano Ardit
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Articolo precedentemente uscito su L’Avocetta e qui pubblicato di nuovo per gentile concessione.