ČERNOBYL’ TOUR

TEATRO AURORA Stagione di Teatro Contemporaneo 2010/2011

   Lo spettacolo è ispirato alla testimonianza di Ljudmilla Ignatenko (Ljusja), moglie del defunto vigile del fuoco Vasilij Ignatenko (Vasja). Vasja era vigile del fuoco della città di Pripyat e fu tra i primi ad arrivare alla centrale di Černobyl per spegnere l’incendio.    Lui e tutti i suoi compagni morirono nell’arco di quattordici giorni.    Ljusja, pur standogli accanto in ospedale, si salvò grazie a una dolorosa coincidenza: il feto che portava in grembo assorbì tutte le radiazioni.

ČERNOBYL’ TOUR

Il 26 aprile del 2011 c’è stato il 25esimo anniversario dell’incidente di Černobyl’, che rimane tuttora il più grave incidente nucleare della storia. QuestaNave aveva messo in cartellone il 16 aprile al teatro Aurora “Cernobyl Tour” della compagnia Teatro degli erranti proprio in memoria dell’avvenimento, ma dopo l’incidente di Fukushima la rappresentazione ha assunto il valore di un’orazione civile, un contributo alla riflessione sul futuro del nucleare e al dibattito referendario, in attesa di sapere se i cittadini potranno esprimere la propria opinione tramite il voto, o se la sospensione della legge voluta dal Governo permetterà di aggirare la consultazione.

Anche se l’incidente è passato alla storia come Černobyl’, fu la città di Pripjat’, a tre km dalla centrale, la più investita dalle radiazioni. Costruita dal 1970 per ospitare le famiglie dei tecnici, progettata per ospitare fino a 50mila persone, era la punta di diamante dell’urbanistica sovietica, con impianti sportivi, biblioteche, piazze, ristoranti ecc. Abbandonata a 36 ore dall’incidente, quando per gran parte della popolazione era ormai troppo tardi, ora è una città fantasma, cristallizzata per sempre su quel 26 aprile 1986. In città è rimasto ancora il Luna Park allestito per il 1 maggio, i cui metalli rimarranno radioattivi per i prossimi secoli.


Lo spettacolo inizia con una coppia italiana nei giorni successivi all’incidente, che commenta gli assurdi consigli delle autorità su come evitare le radiazioni, ad esempio mangiando asparagi piuttosto che l’insalata a foglia larga. Sono consigli che ricordano le futili raccomandazioni di un altro stupendo film (per i pochi che hanno avuto la fortuna di vederlo), Quando soffia il vento, dedicato a due pensionati inglesi alle prese con la guerra nucleare.
La scena successiva ci presenta una coppia felice: Vasja e Ljusja si sono sposati da appena due mesi, lui è vigile del fuoco a Pripjat’, e la moglie gli ha appena annunciato di essere rimasta incinta. Il marito viene svegliato nel cuore della notte. È scoppiato un incendio giù alla Centrale e tutti i vigili del fuoco disponibili devono recarsi subito a spegnerlo. Vasja fa appena in tempo a cambiarsi, indossando una maglietta, prima di accorrere assieme ai colleghi. Tutti i vigili del fuoco di Pripjat’, investiti in pieno dalle radiazioni, moriranno nel giro di due settimane. Ljusja rimarrà accanto al marito e lo accudirà, narrandoci l’agonia e la progressiva disgregazione del suo corpo. Il feto nel suo grembo assorbirà tutte le radiazioni, salvando la madre, ma sopravvivrà al parto solo poche ore.
Il momento più scioccante si ha quando sullo schermo nello sfondo scorrono le immagini dei “bambini di Černobyl’ ” con malformazioni che nessuno di noi riuscirebbe a immaginare, neppure nei suoi incubi peggiori (e che hanno scosso il pubblico in sala, al punto da far piangere alcune spettatrici). Ljusia è una donna che troverà la forza, se non di ricostruirsi una famiglia, almeno di avere il figlio tanto desiderato, un bambino che incrocerà il suo destino con quello della coppia italiana, decisa ad adottare uno dei “bambini di Černobyl’ ”.
Lo spettacolo si chiude su una galleria di disegni di ragazzi, un mondo diviso a metà: da una parte le nuvole, dall’altra la nube tossica; da una parte il sole, dall’altra il simbolo del nucleare.

Intensa la recitazione di Sara Allevi nel ruolo di Ljusja, brava nell’alternare i diversi registri drammaturgici. A suo agio anche Dominic de Cia nel ruolo dello scanzonato vigile del fuoco, a bilanciare la cupezza della protagonista femminile. Efficace l’idea di incastrare le due storie, la coppia russa e quella italiana, grazie a semplici cambi d’abito in scena; l’essenzialità della scenografia permette di non distrarsi, focalizzando l’attenzione sul racconto. Un piccolo appunto alla regia degli apparati multimediali: in avvio e in chiusura comparivano sullo schermo alcuni avvisi e messaggi del proiettore, un dettaglio stonato che toglieva un po’ di pathos ad alcuni dei momenti più toccanti.

Dopo lo spettacolo, apprezzatissimo dal pubblico, c’è stato un breve dibattito in sala, con gli attori ed il regista. Qualcuno ha paragonato la gestione dell’incidente di Fukushima a quella di Černobyl’. Ci sono sia differenze che similitudini. A Černobyl’ ci fu un’esplosione nel cuore della notte, un incidente subitaneo. Non ci ha stupito il comportamento sovietico che noi occidentali non mancavamo di stigmatizzare, sapevamo che per i russi era la prassi prima negare un incidente, poi minimizzarne le conseguenze. Un vizio che è stato mantenuto anche dopo il crollo del Muro, come nel caso del sottomarino Kursk.
Il Giappone è una società completamente diversa. E non c’è più la guerra fredda, non ci sono più Usa e Urss che devono dimostrare di essere uno più bravo dell’altro.
A Fukushima c’è stata una catastrofe progressiva, seguita in diretta dalle telecamere nell’era del villaggio globale. Potevamo osservare sui nostri schermi l’evolversi della situazione, eppure la sensazione è che anche in questo caso non ci abbiano detto tutto. A poco a poco stanno emergendo delle notizie, ma ancora non sappiamo quali saranno le conseguenze dell’incidente, nel lungo periodo, sulla popolazione giapponese e non solo, e probabilmente non lo sa ancora nessuno.

Il motivo di tanto riserbo, anche in Italia, è semplice. Bisogna persuadere la popolazione. Hanno impiegato anni a convincerci che il nucleare è la fonte energetica del futuro: pulita, sicura, inesauribile, economica. Non è così, ma è quello che la propaganda ha diffuso per anni. Poi arriva questo incidente imprevedibile, a ridosso di un nuovo referendum sulla questione. L’ipocrisia con la quale si gestisce l’informazione sul nucleare è dimostrata da alcuni dati snocciolati dal regista Marco Adda. Le fonti Onu riportano per il disastro di Černobyl’ 65 vittime accertate e circa 4mila presunte su un arco di 80 anni. Sommando la popolazione contaminata, e tutti i nati nel corso degli anni con gravi problemi di salute riconducibili alle radiazioni, i Verdi europei arrivano a ipotizzare 30-60mila vittime complessive, altre organizzazioni un milione (ma Wikipedia cita sei milioni in tutto il mondo in 70 anni per Greenpeace).

Questo spettacolo si focalizza sul dramma umano delle vittime, ridando un volto a persone che per la storia sono ormai dei numeri nella contabilità delle perdite, e la possibilità per le scuole di assistere a questo spettacolo non può che essere apprezzata, considerando che i giovani di oggi, a differenza nostra, oltre a non aver vissuto il dramma di Černobyl’ ne hanno sentito parlare solo vagamente.

TEATRO DEGLI ERRANTI
ČERNOBYL’ TOUR (prima regionale) (durata 50m)
Menzione Speciale Premio Tuttoteatro.com
Dante Cappelletti 2009

Da un’idea di Sara Allevi e Dominic De Cia

Ispirata a Preghiera per Černobyl di Svetlana Alekseievič
Regia di Marco Adda con Sara Allevi e Dominic De Cia

Adriano Ardit
[email protected]
TEATRO AURORA
Via Padre Egidio Gelain,11
Marghera – Venezia

Informazioni: Associazione Questa Nave – c/0 Teatro Aurora
Via Gelain 11, 30175 Marghera -VE
tel 041.932421, fax 041.5387142
www.questanave.com, [email protected]


26 aprile del 2011: 25esimo anniversario dell’incidente di Černobyl
Articolo precedentemente uscito su L’Avocetta e qui pubblicato di nuovo per gentile concessione.