STORIA DELLA BUSSOLA

Abbenchè il celeste impero sia un mondo a parte, abbenchè la bussola non ci sia venuta dai Cinesi, comechè lo asseriscono tutti quelli, i quali pretendono che’ella fosse recata in Europa da Marco Polo, nel 1295, io proclamo fin da principio, nell’interesse della mia tesi, – nulla di nuovo sotto del sole, – che i Cinesi conobbero la direzione magnetica della calamita quasi 1100 anni anteriormente alla nostra.

L’Enciclopedia cinese intitolata, il Giardino di diaspro rosso, attribuisce a Tsciù-Kung, preteso contemporaneo d’ Achille e di Ettore, l’invenzione dei carri magnetici indicanti il sud e conseguentemente gli altri punti cardinali. Altro non erano questi carri che bussole terrestri, la cui descrizione trovasi nel Quadro storico della dinastia dei Tsin (dal 265 al 419 della nostra era). Ecco quanto si trova in questo Quadro storico, relativamente ai carri magnetici.

« La figura in legno posta sul carro magnetico, rappresentava un genio vestito di penne. Da qualunque parte il carro si voltasse, la mano del genio indicava sempre il sud. Quando l’imperatore usciva solennemente nella sua carrozza, questo carro precedeva sempre la comitiva, e serviva a indicare i quattro punti cardinali. »

Carro magnetico Cinese e Giapponese

Trovasi nell’ Enciclopedia cinese, intitolata Santh-thu-hoei, la descrizione seguente del carro magnetico, accompagnata dal qui unito disegno.

“Questo è l’ ornamento del carro, del quale ecco le dimensioni: È alto un piede, quattro pollici, due linee: inferiormente è largo sette pollici, quattro linee. Sul dinanzi della sala della carrozza è praticato un foro circolare di tre pollici e sette linee di diametro. In questo foro muovesi un pernio di corrispondente grossezza, sul quale è fissa una statua di melochite o giada che con una mano stesa indica sempre il sud. Questa statua muovesi entro il foro.”

Al disegno del carro magnetico dei Cinesi aggiungiamo quello del carro magnetico dei Giapponesi, quale trovasi nel XXXIII volume della loro grande Enciclopedia.

Il carro magnetico dei Cinesi, il quale trovasi altrove descritto, era pegli ambasciatori e pei grandi del celeste impero il più alto segno di distinzione che potessero ricevere dal monarca.

Gli enciclopedisti cinesi non ci fanno conoscere la causa, per la quale la mano della figura posta innanzi al carro magnetico, indicava costantemente il sud; ma è evidente che questa direzione costante della figura, relativamente ai quattro punti cardinali, per qualsivoglia divergenza del carro, era dovuta ad una lama di ferro fortemente calamitata, e collocata nel braccio della statuetta, in guisa che l’estremità che rivolgevasi al sud corrispondeva alla mano indicatrice.

I Cinesi, che usarono 1100 anni innanzi G. C. questa bussola terrestre per aver direzione nei vasti possedimenti dell’ impero e per orientare i loro monumenti, servironsi molto più tardi della bussola marina per dirigere i loro navigli, poichè non è fatto cenno per la prima volta di questa bussola che nel Quadro storico della dinastia de’ Tsin, la quale non risale che all’ anno 265 dell’ era nostra. Fino al secolo XVI la bussola marina dei Cinesi non fu che un semplice ago calamitato, fatto galleggiare sull’acqua mediante due pezzetti di canna. La loro bussola attuale, consistente in un ago posto in bilico sopra una punta, è uno strumento affatto moderno, e comunicato a loro non altrimenti che dai missionarii.

Ma lasciamo i Cinesi, la esistenza dei quali era tuttavia un problema nei primi secoli dell’ era nostra, ed attendiamo al mondo antico del quale noi siamo gli eredi scientifici.

Vediamo gli Italiani attribuirsi senza esitanza l’onore di questa preziosa scoperta. Flavio Gioia, piloto napolitano di Pisitano, presso Amalfi, avrebbe fornito alla marina nel 1303 questo piccolo strumento, che sostituisce il cielo, e la città d’Amalfi riconoscente, per eternare la gloria di Flavio Colonna avrebbe aggiunto alla insegna del suo scudo una bussola d’oro in campo azzurro.

Ma non s’incontra bussola alcuna nelle armi antiche d’ Amalfi,

E poi, si parla della bussola in una satira della famosa Bibbia Guyot, che rimonta al 1190. Non solamente la bussola veniva usata allora dai marinai, ma la Bibbia Guyot (1) non ne parla come di recente scoperta, il che c’indurrebbe a supporre che la bussola fosse d’origine orientale, e venisse recata in Europa al ritorno della seconda crociata, vale a dire verso l’anno 1150. Ecco il fondamento di questa mia ipotesi

Noi pure (i Francesi) abbiamo la pretesa d’aver trovato la bussola, perchè in tutte le bussole europee si usa il fiore di giglio per indicare il nord. Ma il giglio, il quale non apparve sullo scudo dei re di Francia che al ritorno dalla seconda crociata, è d’origine orientale. È il bottone del loto (2), di cui si spandono due petali, simbolo della purità, fiore consacrato ad Iside, e che si vede scolpito in rilievo, perfettamente simile al giglio araldico, sulla fronte delle grandi sfingi in basalto del Louvre.

Testa di basalto del Louvre

I primi cavalieri che ritornarono dall’ Oriente, riportarono il fiore egiziano, come simulacro della loro pia spedizione. Ma allorchè Luigi il giovane ed i re suoi successori adottarono il giglio, i cavalieri che tornavano più tardi dall’ Egitto, da Palestina e da Siria dovettero accontentarsi d’una semplice rondine (merlo in termine di blasone), per indicare il loro viaggio in terra santa (3). Dacchè esploriamo l’ Oriente, vediamo che la bussola era usata nel mare Indiano. Nel 1242 l’autore del Tesoro dei mercatanti, l’arabo Bailak, scriveva l’anno 640 dell’ Egira, ci presenta la bussola usata nel mare dell’ India, perfettamente simile ai piccoli pesci di ferro cavo calamitato che servono di trastullo a’ fanciulli. I capitani di nave che viaggiano nel mare –

(1) Guyot de Provins, poeta francese del secolo XIII, scrisce un poema o romanzo, al quale diede il nome di Bibbia, per la ragione, egli dice, che non conteneva se non severità. Dice Fauchet che tale libro è una satira sanguinosa, nella quale biasima i vizii di tutte le condizioni. (N. del T.)
(2) Pianta sacra presso gli Egizii, il cui fiore solevano effigiare sopra la testa di alcune loro divinità. (N. del T.)
(3) Questo simbolo, secondo il Blasone, esprime viaggio di terra santa o d’oltremare, perchè le rondini ogni anno lo passano, e si pongono nell’ arme, come le anitrelle in profilo, senza becco e senza piedi con l’ali serrate, ma col collo più corto per dinotare le ferite in simili viaggi ricevute, ovvero i disarmali nemici dello stato e di santa chiesa. (N. del T.).

indiano, ei ci dice, hanno certi pesci di ferro piccolini, vuoti, e di tal fatta, che, gettati nell’acqua, sornuotano, e indicano colla testa e colla coda i due punti di mezzogiorno e di tramontana. La ragione che fa star a galla questo pesce si è, che tutti i corpi metallici, eziandio i più duri e pesanti, allorchè contengano cavità che spostino una quantità d’acqua più considerabile del loro peso, possono galleggiare alla superficie dell’acqua e sostenere certi oggetti, come fosse un contrappeso d’una bilancia.
Ma se il pesce bussola veniva impiegato nel 1242 nel mare indiano, gliArabi se ne servivano nel Mediterraneo nel 1204, come ce lo dice Giacomo di Vitry nella sua Storia gerosolimitana. La calamita trovasi nell’ India, egli dice, e per sua occulta virtù, attrae il ferro. Dopo aver messo un ago a contatto colla calamita, lo si vede girare verso la stella polare, asse del firmamento, intorno al quale girano tutte le altre. Da ciò consegue che questo ago sia indispensabile ad ognuno che navighi.

Gli Arabi sarebbero adunque inventori della bussola? Ma gli Arabi nulla hanno inventato; essi hanno attinto le loro conoscenze dai libri degli antichi che non giunsero a noi. La direzione della calamita per tal via fu nota ad Aristotele, il quale ne ha parlato nel suo famoso trattato della Pietra per eccellenza (Tegins λ1001), del quale ci venne conservato il solo titolo da Diogene Laerzio. Gli Arabi hanno tradotto questo trattato intercalandovi favole assurde; motivo non valido per negare ad Aristotile la conoscenza della direzione magnetica della calamita, scoperta che gli Arabi attribuiscono al precettore di Alessandro.

Se tuttavia esistesse la famosa biblioteca d’Alessandria, e se potessimo con qualche ragionevolezza tradurre i geroglifici, sono certissimo che sarebbe immediatamente provato che la bussola era conosciuta, da tempo immemorabile, in Egitto e nella Fenicia.

La calamita, che attrae e respinge il ferro, era chiamata dagli Egiziani, l’osso d’Oro o del buon principio, mentre il ferro era considerato da essi come l’osso di Tifone, vale a dire del malvagio principio.

Senza perdermi in profonde disamine, dirò con Montesquieu, che la navigazione dei Fenici intorno l’Africa è una favola, qualora i Fenici non abbiano conosciuto la bussola. In fatto, come ammettere che i navigatori mandati dal faraone Necos o Necao (io non sono troppo difficile sulla ortografia dei nomi proprii) abbiano potuto, partendo da un porto del mar Rosso, sbarcare alle bocche del Nilo, senza aver conosciuto la bussola? E inoltre, come i Tirii, quegli intrepidi piloti avrebbero potuto recarsi a prendere l’oro d’ Ofir e lo stagno di Tule, visitare le fattorie stabilite da essi alle colonne d’Ercole, varcar l’Atlantico e scoprire il Nuovo Mondo? Isaia non ci fa egli sapere che l’ insolente prosperità di Tiro era dovuta al genio de’ suoi sapienti che dirigevano le navi?

Camillo Duteil trovò ultimamente, fra gli amuleti del Museo egiziano del Louvre, antiche calamite che hanno conservato la proprietà magnetica, la cui giacitura costante degli stessi poli verso gli stessi punti indica evidentemente che gli Egiziani conoscevano la direzione magnetica. Duolmi che questo conservatore del Museo non abbia scorto negli amuleti magnetici che strumenti di ciarlataneria ad uso dei sacerdoti egiziani. Egli non ebbe il coraggio della sua opinione innanzi all’Accademia delle scienze. In quella vece, io avrei voluto provare non solo che la bussola era conosciuta dagli Egizii e dai Fenici, ma eziandio dai Feaci ne’ tempi eroici. In fatto, che cosa significa quel passo d’ Omero (Odissea, lib. VIII), nel quale Alcinoo dice ad Ülisse «che le sue navi sono animate e guidate da una intelligenza, e che varcano il mare con grandissima celerità, malgrado l’oscurità della notte e la fitta nebbia?”.

Traducete in prosa intelligenza per bussola.

Quale accademico adunque sarà tanto ostinato da negare che la freccia d’Abari fosse un ago calamitato carpitogli da Pitagora? A questo proposito, ecco che ne dice Giamblico: Pitagora carpì ad Abari la freccia d’oro colla quale si dirigeva nel suo cammino (qua se gubernabat), e così avendogli nascosto la freccia d’oro, senza la quale non poteva conoscere qual via tenesse, Pitagora lo costrinse a rivelargliene la virtù. Questa freccia, sulla quale la fantastica imaginazione dei Greci ha fatto attraversare ad Abari le regioni dell’aria, non era realmente che un ago calamitato, il quale serviva di bussola al filosofo indiano, ago da lui dorato per preservarlo dalla ruggine, forse collo stesso processo Ruolz, processo vecchissimo anch’esso come il mondo. Si! malgrado gli Accademici, nulla di nuovo sotto del sole!Non parlerò della declinazione dell’ ago magnetico, che si pretende aver osservato per la prima volta da Cristoforo Colombo, nel 1492, abbenchè dimostrata dal Cinese Ku-Tsung-Sci fino dall’anno 1117 dell’ era nostra. Ommetto egualmente le variazioni del medesimo ago e la sua inclinazione, e terminerò dicendo che la proprietà magnetica creduta non potersi comunicare al ferro altrimenti che colla calamita, può eziandio venirgli comunicata colla elettricità, colla percussione e collo sfregamento. In fatto, si calamita l’ago d’una bussola sottoponendolo all’azione d’ una corrente elettrica, e per la stessa ragione le punte del parafulmine sono più e meno magnetiche dopo un turbine. Una spranga di ferro si calamita soltanto per una percossa improvvisa e violenta, la quale, smuovendo le sue molecole, permette al fluido magnetico di circolare; finalmente, lo sfregamento partecipa alla saetta del trapano che fora il ferro la proprietà di attrarne le pagliuole.

Il turbine che calamita le punte dei parafulmini agisce egualmente sulla bussola, e spesso avviene, che dopo un violento scoppio di turbine una bussola marina si ritrovi invertita (dicesi allora bussola pazza) mostrando il polo nord colla punta che prima mostrava il polo sud e viceversa. Ora, siccome le bussole marine sono fissate sopra un cartone che gira con esse, sul quale trovasi segnata la rosa dei venti, succede che se la bussola impazzisce, e che il mariniere non se ne accorga, egli segue una rotta diametralmente opposta a quella ch’egli crede tenere. Ciò avvenne ad un ufficiale della nostra marina militare, il quale, semplice contro-mastro, divenne capitano di fregata, allorquando la nobiltà, emigrando, lasciò nel 1792 la nostra flotta in balia ai sotto ufficiali, la educazione dei quali non raggiungeva punto il patriottismo.

Il detto capitano, incaricato dal governo di portare dispacci urgentissimi alle Antille, salpò da Rochefort, e, a suo parere, oltrepassata la linea degli incrociatori inglesi solcava verso l’America, allorchè, improvvisamente colto da un violento uragano, toccò un fulmine sul trinchetto, e rimase per due giorni trastullo delle onde dell’ Oceano. Non senza qualche avaria poterono continuare la rotta verso il Nuovo mondo. Il capitano puntava religiosamente la sua carta sulle osservazioni degli officiali, e il timoniere stava scrupolosamente alla consegna, gli occhi intenti sulla bussola: solo dopo tre mesi di una faticosa navigazione la vedetta gridò: Terra!
Come descrivere lo stupore degli ufficiali? le grandi e franche risa dei marinai, e la sorpresa del capitano? Credendo approdare a San Pietro della Martinica, gettarono l’ancora a Marenne! La bussola, invertita dal turbine, aveva fatto tornare il bastimento al punto donde era partito.

(J. B. GASPARD, maestro di scuola.)

Articolo da: L’Emporeo artistico-letterario, ossia Raccolta di amene lettere, – 1850
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