Novembre

Sono cadute le foglie. Ieri ne restava una ancora sul sicomoro presso il ruscello rigonfio; ma un buffo di vento rapì alla pianta l’ultimo segno di vita. Com’ egli è triste co’ suoi rami ritorti! Non sembra egli forse un immenso scheletro che protende braccia e dita scarnate? Che fece del suo verde ammanto, e perchè oggi serba appena una gretta scorza per ripararsi? Sarebbe ei morto quest’albero? no; silenzio. Ei dorme. Ei fa come quelle donne, che depongono la sera sopra un modesto mobile i vaghi capelli posticci, i denti e i panni ondeggianti di velluto o di chachemire, che calpestano leggermente mentre il sonno le invita sulle morbide piume. Così l’albero si spoglia delle sue foglie sino all’ultima; egli sdegnoso le guarda giacenti sul pallido smalto, e sembra lor dica: Andate, o vecchi ornamenti e già scaduti di moda! Quindi attende quel dì in cui la ricca datrice, la primavera, gli ridoni novello amianto.

Rose giovanette e pallide, deponete il sorriso e il grigio farsetto; abbottonate la vostra veste. Ecco Novembre col sagittario, e già la campana del collegio ha suonato la riapertura. Date, o garzoni, un ultimo sguardo al lago nel quale tendevate insidie ai semplici pesci. Dite al giardiniere di guardare con ogni cura l’arboscello che avete trapiantato l’altro dì. Raccomandate alla cameriera le farfalle che avete infilzato spietatamente nella vostra crudeltà entomologica. Un’ultima carezza a Medoro, che ha una lacrima agli occhi e move lentamente la coda e la testa. Egli vi accompagnerà sino alla porta del parco, e quando le ruote della carrozza faranno sollevare sulla strada la polvere, egli la guarderà da lontano quanto gli sarà più possibile. E per voi, giovanette, suona la campana egualmente. Via, un bacio alla nonna, una lagrima alla vostra mamma, e sbrigatevi a dirle una parola alla orecchia; già l’aia vi attende.

Domani sarà il secondo giorno di novembre, la festa dei morti – scena sublime ove la si vegga nel villaggio – nel villaggio ove si crede in Dio.
Il sole dorme tuttavia sull’orizzonte entro una nube di vapori: i suoi raggi oggi non toccheranno la terra.
Il tocco funebre comincia la mesta solennità, si aprono le porte della chiesa; chiesa modesta bensì, ma che accoglie più devozione: campanile superbo soltanto di eccedere l’altezza di poche case d’intorno.
Per ogni sentiero dalle capanne alla chiesa si vedono venire ad uno ad uno i villici; sembrano le brune perle d’una corona.
Quella è gente pietosa, abbrunita la faccia dal sole, curva il dorso dalla fatica. Le mani forti e callose di que’ campagnuoli spezzerebbero il guanto gentile d’un cittadino, nel dargli una stretta di mano in segno d’amicizia. Vengono quindi i vecchi, che sembrano guardare in terra l’orma lasciata dal loro bastone: finalmente le giovanette pallide e meste, oggi che ogni occhio ha una lacrima, poichè ognuno rammenta una bara che è passata per lo stesso sentiere.

Cessò la campana. Il sacerdote comincia la messa da morto. Fa il giro due volte intorno al feretro, e lo benedice.
Incomincia la processione, e s’ avvia al cimitero, ove non isplendono bianchi marmi, ma verdi cipressi, salici piangenti, ed ancor fresca verdura. Innanzi ad una croce di pietra che sorge nel mezzo il sacerdote si ferma. Egli parla: Egli comincia con queste parole, però non proferite in latino: Benedetti quelli che muoiono nella fede!
La sua voce spreme lacrime silenziose. La religiosa cerimonia è finita. Gli astanti si spargono nel cimitero: ognuno s’avvia ad un tumulo. Questo misero vecchio bacia una pietra sulla quale si legge: 18 anni! Quante speranze, quanto dolore è accolto nel pianto di quella donna! Di que’ fanciulli, che colle mani congiunte pregano perchè lor si disse di pregare, e guardano il cielo perchè lor si disse che la loro madre è colà, nell’allontanarsi disse il maggiore: Se la mamma domani non torna è segno che non ci ama più.

Tale è Novembre. In istante di duolo: due giorni di freddo, il vento frequente; in esso la scure del boscaiuolo abbatte il vecchio rovere vedrete questa superba pianta formare una legnaia, ridotta in brevi frammenti. Ov’era il suo ceppo tarlato verrà piantato un olmo novello, che il vento farà intirizzire molt’anni pria che sorga superbo a disfidar le procelle.

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Articolo da: L’Emporeo artistico-letterario, ossia Raccolta di amene lettere
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