LO STRANIERO Richard Sennett

SENNETT E IL GHETTO

Mi sembra opportuno segnalare un piccolo ma utile libro di Richard Sennett “Lo straniero. Due saggi sull’esilio”, Feltrinelli.

Di Sennett ho già parlato su queste pagine: si tratta certamente di uno dei maggiori sociologi viventi, uno studioso che padroneggia benissimo la sua materia, ma che è anche capace di svariare in altri ambiti disciplinari, aiutato in questo de una notevole capacità narrativa e da una certa attenzione per i dettagli; per questo, cosa per nulla trascurabile, si legge molto bene.

In questo caso, come tradisce il titolo del libro, Sennett si misura con un tema di strettissima attualità, quello dell’emigrazione e dei rifugiati, qualcosa che sta dando tantissimi problemi all’Europa e all’Italia e lo fa attingendo alla storia, prendendo in considerazione delle situazioni tipiche e storicamente significative: il ghetto di Venezia e la Parigi dell’ottocento.

A noi veneziani il libro interessa particolarmente perché il primo dei due saggi di cui è costituito riguarda appunto il ghetto di Venezia, del quale, come è noto, si è quest’anno celebrato il cinquecentenario.

Come è ovvio, l’approccio di Sennett è del tutto personale e riguarda particolarmente le ricadute sul piano psicologico della separazione e della vita in uno spazio dedicato, segregato e protetto nello stesso tempo. Come succede spesso in questo studioso, la sociologia determina la psicologia. In altre parole il testo mette in risalto quel particolare contesto ambientale e sociale che costruisce le ricadute sul piano della vita degli individui e sul modo in cui si percepiscono e si adattano.

In questo particolare approccio vengono analizzate le conseguenze sul piano personale di situazioni oggettive, nel caso specifico, diremmo quasi paradigmatico perché estremo, il ghetto; quindi separazione dal resto della città (ma anche una relativa protezione) e convivenza forzata in uno spazio limitato e perfettamente definito. E quindi per gli abitanti (quasi sempre rifugiati o profughi vittime di diaspore e di persecuzioni), diversità di provenienze, linguaggi e approcci alla fede, nonché espedienti abitativi ed esistenziali ricchi di creatività.

Su questi temi Sennett si muove da maestro consentendoci di cogliere risvolti e sfumature che anche ai bene informati non appaiono immediatamente.

Richard Sennett è professore di Sociologia alla London School of Economics e alla New York University. Tra i suoi altri libri ricordiamo: Autorità. Subordinazione e insubordinazione: l’ambiguo vincolo tra il forte e il debole (Bompiani, 1981; Bruno Mondadori, 2006), Il declino dell’uomo pubblico (Bompiani, 1982; Bruno Mondadori, 2006), La coscienza dell’occhio (Feltrinelli, 1992), L’uomo flessibile (Feltrinelli, 1999), Rispetto. La dignità umana in un mondo di diseguali (il Mulino, 2004), La cultura del nuovo capitalismo (il Mulino, 2006), L’uomo artigiano (Feltrinelli, 2008), Insieme. Rituali, piaceri, politiche della collaborazione (Feltrinelli, 2012), Lo straniero (Feltrinelli, 2014). Tra i suoi molti riconoscimenti, il Premio europeo Amalfi per la Sociologia e le Scienze sociali nel 1998 e l’Hegel Prize alla carriera nel 2006.

LO STRANIERO
Due saggi sull’esilio
di Richard Sennett

Editore: Feltrinelli
Collana: Campi Del Sapere
Pagine: 112
Prezzo: 15,00€
ISBN: 9788807105067
Genere: Saggistica
Traduttore: Fiorenza Conte

http://www.lafeltrinelli.it/libri

Descrizione

Richard Sennett ha trascorso la sua vita intellettuale a esplorare la maniera in cui gli esseri umani vivono nelle città. In questi due saggi indaga su due delle più grandi città del mondo in un momento cruciale della loro storia per riflettere sulla condizione dell’esule nella sua dimensione sia geografica che psichica. Ci conduce nel Ghetto ebraico della Venezia rinascimentale, dove la condizione di forestiero imposta dallo stato diede vita a una ricca identità comunitaria. Ci fa scoprire poi la Parigi del diciannovesimo secolo quale autentica calamita per gli esuli politici (categoria di cui il russo Alexander Herzen fu un esempio illustre in Europa), una città dove l’esperienza del dislocamento finì per filtrare nel mondo artistico e culturale. Proprio perché, come dice Sennett, “lo straniero deve riuscire ad affrontare la propria condizione di sradicato in modo creativo, e deve imparare a elaborare i materiali che costituiscono l’identità alla maniera in cui un artista lavora i fatti più banali trasformandoli in cose da dipingere. Ognuno deve costruire se stesso”.

Antonio Socal
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Articolo precedentemente uscito su L’Avocetta e qui pubblicato di nuovo per gentile concessione.