LA TENEREZZA PATERNA

Nelle ultime guerre di America una truppa di selvaggi Abenaki sconfisse un distaccamento inglese. Non potendo i vinti fuggir dai nemici, che erano più di loro agili al corso, furono trattati con una barbarie inaudita ancora in quelle contrade. Fu allora che un giovine uffiziale inglese assalito da due selvaggi, che gli si avventavano con la scure alzata, più non isperava di poter sottrarsi alla morte, e pensava soltanto a vendere a caro prezzo la vita.
D’altra parte gli si accosta un vecchio selvaggio coll’arco in mano, e si prepara a ferirlo; ma nell’atto di scoccare il dardo, abbassa subitamente l’arco e si slancia fra il giovane uffiziale ed i due selvaggi, ch’eran sul punto di trucidarlo. Si ritirano questi con rispetto, ed il vecchio prendendo l’inglese per la mano, e colmandolo di carezze lo conduce alla sua capanna.

Ivi trattollo sempre colla maggior tenerezza, ebbelo in luogo d’amico e non di schiavo, e gl’insegnò la lingua degli Abenaki, ed i lavori grossolani ch’erano in uso presso di loro. Vivevano in tal modo contenti l’uno dell’altro. Pertanto il giovane inglese, dispiacevasi in vedere che il vecchio fissava alcune volte gli sguardi sopra di lui, e dopo averlo attentamente mirato, lasciava cadere dagli occhi alcune stille di pianto.

Al ritorno della primavera i selvaggi ripresero le armi, ed uscirono di nuovo in campagna. Il vecchio, ch’era ancora abbastanza vigoroso per sostenere le fatiche della guerra, partì con essi accompagnato dal suo prigioniero. Gli Abenaki dopo aver fatto più di cento leghe a traverso delle foreste, giunsero finalmente ad una pianura dove scoprirono il campo degli Inglesi, ed il vecchio selvaggio mostrollo al giovane, che avea seco osservando attentamente tutt’ i suoi moti:
— Ecco i tuoi fratelli, gli disse, eccoli, che ci aspettano al combattimento. Ascolta, io ti ho salvata
la vita: t’ho insegnato a fare un palischermo, un arco e delle frecce; ti ho addestrato a sorprendere le belve nelle foreste, ed a maneggiare la scure contro i nemici. Che cosa eri tu quando ti ho condotto nella mia capanna? Le tue mani erano quelle d’un fanciullo: non servivano nè a nutrirti nè a difenderti; non sapevi nulla, e a me sei debitore di tutto. Saresti dunque tanto ingrato da riunirti a’ tuoi fratelli, e levar la scure contro di noi? – L’inglese protestò che vorrebbe piuttosto perdere mille volte la vita che spargere il sangue d’un Abenaki.
Il selvaggio chinando il capo, si coperse il viso con ambe le mani, e dopo essere rimasto per qualche tempo in quell’atteggiamento, fissò il giovine inglese, e con accenti di dolore e di tenerezza ad un tempo:
— È egli vivo, le disse, tuo padre?
— Vivea ancora, rispose il giovine, quando io partii dalla mia patria…
— O padre infelice! esclamò il vecchio… e dopo un breve silenzio soggiunse; sai tu ch’io pure sono stato padre, e che più nol sono? ho veduto mio figlio cadere combattendo a’ miei fianchi: l’ho veduto morire da forte, coperto tutto di ferite e di sangue; ma l’ho vendicato, si l’ho vendicato. — Profferì con tanta veemenza queste parole, che tremonne da capo a piedi, ed era quasi
soffocato da’ gemiti, che invano si forzava di reprimere.
Si calmò a poco a poco, e volgendosi verso l’oriente onde già incominciava a spuntare il sole, disse al giovine vedi tu quel bel cielo tutto risplendente di luce? hai tu piacere in contemplarlo? -— Sì, disse il giovine io ho piacere in mirare questo bel cielo sereno.
— Ebbene! io non ne ho più, disse il vecchio piangendo affannosamente. Un momento dopo mostrò al giovane un albero, ch’era fiorito.
— Vedi tu questo albero, gli disse; provi tu piacere nel mirarlo? Si, gli disse l’inglese. Ebbene! io non ne provo più, rispose vivamente commosso il selvaggio, e subito soggiunse:
— Va, ritorna al tuo paese, provi ancora tuo padre il contento di vedere il sole nascente, ed i fiori della prima vera.

E. AGALBATO.

Da: Poliorama pittoresco…, Volume 1
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