IL VRYKOLAKA, O VAMPIRO ORIENTALE

Apparizioni di spiriti – Terrore ispirato dalla superstizione – Origine del nome Vrykolaka – Legame con la licantropia – Vampiri maligni – Spesso prodotti dalla scomunica – Il corpo non decomposto – Effetto dell’assoluzione – Storie relative ad essa – Modalità di esorcismo – Presunta progenie dei Vrykolaka – Bruciare il corpo – Narrazione di Tournefort – Vampiri nocivi – Ballata dello “Spectre”.

Durante la notte che trascorse ad Aghia, la popolazione fu disturbata da apparizioni di spiriti, che descrissero mentre scivolavano qua e là con grandi lanterne in mano. Questi sono chiamati vrykolaka dai greci e vurkolak dai turchi, perché sia i cristiani che i maomettani credono in loro; il nome, però, si scrive e si pronuncia in una grande varietà di modi. Era curioso incontrarli in questo modo appena scesi nelle pianure della Tessaglia, l’antica terra delle streghe; ma la credenza in queste apparizioni è ampiamente diffusa, non solo in tutta la Tessaglia e l’Epiro, ma anche nelle isole dell’Egeo e in gran parte della Turchia. L’idea che li riguarda è che alcune persone rinascono dopo la morte, dormono nelle loro tombe con gli occhi aperti e vagano all’estero di notte, specialmente quando la luna splende luminosa. In riferimento a ciò esiste una forma di battuta comune tra i greci, in cui un uomo dice al suo amico:

“Vorrei che tu non potessi mai morire;
Oppure, se lo fai, potresti diventare un vrykolaka,
Affinché tu possa goderti il mondo due volte.”1

La forma più maligna di questi corrisponde quasi al vampiro, la cui credenza un tempo era così diffusa in tutta Europa, e che avrebbe dovuto mantenersi in vita succhiando il sangue degli uomini.
I demoni delle ‘Mille e una notte’ rappresentano un’idea simile. Il terrore causato da questa superstizione è intenso. Lord Byron menziona in una delle note a “The Giaour” di aver visto un’intera famiglia terrorizzata dal grido di un bambino, che immaginavano dovesse derivare da una simile visita. E il signor Newton ci dice che non esiste modo più rapido ed efficace per sbarazzarsi di un Mytileniote importuno o fastidioso che dirgli: “Che il vampiro ti prenda”: immediatamente si fa il segno della croce e si ritira. Inoltre, poiché i turchi temono soprattutto i vampiri cristiani, e viceversa, ciò a volte diventa uno sfogo attraverso il quale l’animosità religiosa può manifestarsi.
A Samo, qualche tempo fa, i turchi furono perseguitati dallo spettro di un greco che era stato recentemente sepolto, tanto che alla fine persuasero le autorità a far dissotterrare il suo corpo e bruciarlo; dopo di che i cristiani si lamentarono non solo di essere stati perseguitati mentre erano in vita, ma di non essere autorizzati a riposare quando erano morti.

Poiché i dettagli di questa credenza in Oriente sono molto curiosi e assumono una varietà di forme, introdurrò qui un breve accenno a ciò che si può raccogliere su di essa da varie fonti. Oltre al nome già dato,

1 “πότε νὰ μὴν ποθάνῃς,
κἂν ποθάνῃς, νὰ βρυκολάσῃς,
διὰ νὰ χαρῇς τὸν κόσμον δύο φοραίς.”

2 ‘Scoperte nel Levante’, i. p. 212.

che appare anche in Servia come vukodlak, e in Albania e altrove come vurvulak, ci sono altri titoli di origine completamente diversa applicati a tali apparizioni. Così dai Valacchi sono chiamati murony, e a Creta e a Rodi portano il nome di katakhanás (KaтαXavás), parola che sembra originariamente significasse “un distruttore”.3
Del nome vrykolaka e delle sue forme affini sono state fornite varie derivazioni in tempi diversi. Leo Allatius4 compone in modo divertente vurkolakas di Воûρка, “folle pazzo”, e λákкos, “un fosso”, come se rappresentasse il carattere scandaloso di quelle persone che diventavano vampiri dopo la morte. Con maggiore parvenza di probabilità i greci moderni, e altri che li hanno seguiti, lo fanno derivare dall’antica parola greca per hobgoblin, μoрμоλúкη. Altri hanno pensato che il vukodlak serbo fosse l’originale; e il suo significato in quella lingua, cioè “lupo peloso”, suggerendo un collegamento diretto con la superstizione affine della licantropia, sembra a prima vista confermare questa opinione.
Il collegamento con la licantropia, come vedremo tra poco, è distintamente rintracciabile, ed esiste una connessione etimologica tra le parole di queste due lingue; ma la forma greca moderna della parola è in realtà anteriore a quella serviana, poiché la parola per lupo in sanscrito è vrka, e quindi in quella parola, che è conservata in vrykolaka , si perde in vukodlak.
Il wlkolak boemo ci mostra la forma originaria in un’altra lingua slava, con solo il cambio dei liquidi. È molto probabile che il nome greco derivi da una fonte slava, ma l’esistenza dell’altro nome, katakhanas, dimostra che l’idea esisteva tra i Greci in modo indipendente.

Il signor Baring Gould, nel suo “Libro dei lupi mannari”, ha

3 Newton, i. p. 212. Pashley, ‘Viaggi a Creta’, ii. P. 208, e note.
4 ‘De quorundam Græcorum Opinationibus’, p. 142.

parlato del Vrykolaka come se fosse identico al lupo mannaro,5 e dice che coloro che si credono licantropi durante la vita diventano vampiri dopo la morte. Questo però, secondo me, è un errore. Nella grande maggioranza dei casi la superstizione del lupo mannaro è del tutto indipendente da questa credenza; tanto che uno scrittore, che ha raccolto con cura le autorità sull’argomento, esprime la sua opinione che la natura del lupo mannaro non deve più essere riconosciuta nella moderna Vrykolaka greca.
Presso i Valacchi6 esiste invece una sorta di muronia che corrisponde alla credenza nella cinantropia, che è una delle forme della stessa superstizione. Questo è descritto come “un vero uomo vivente, che ha la particolarità di vagare di notte come un cane per brughiere, pascoli e persino villaggi, uccidendo con il suo tocco cavalli, mucche, pecore, maiali, capre e altri animali al suo passaggio”, e appropriandosi delle loro forze vitali, per mezzo delle quali ha l’apparenza di essere in continua salute e vigore.”7
Il nome di questo essere, il priccolitsch, è evidentemente un’altra forma di vrykolaka ; da cui è probabile che la credenza greca moderna fosse un tempo collegata alla stessa nozione, tanto più che l’idea della licantropia era ben radicata tra i Greci in epoca classica. In effetti, se dobbiamo credere a M. Cyprien Robert,8questa stessa credenza si trova anche come forma di vampirismo in Tessaglia e in Epiro; ma la sua autorità non è sufficientemente degna di fiducia per essere accettata su un argomento del genere. Un’altra prova della connessione tra le due idee si trova nel concetto che una delle cause che trasformano gli uomini in vampiri dopo la morte è

5 pag. 114.
6 Wachsmuth, «Das alte Griechenland im neuen», p. 117.
7 Schott, “Walachische Märchen”, p. 298.
8 “Les Slaves de Turquie”, i. p. 69.

il mangiare la carne di un agnello ucciso da un lupo.9 A questo si può forse paragonare la credenza, esistente in alcune parti dell’Albania, secondo cui questo effetto viene prodotto su ogni cadavere sul quale sia saltato un gatto o una bestia selvaggia.10 Senza entrare ulteriormente nella questione della licantropia, possiamo notare come sia facile il passaggio è da una superstizione all’altra; poiché in un periodo molto antico della storia della razza indoeuropea, il lupo, in parte perché era il grande nemico dei pastori, e in parte, senza dubbio, per il suo aspetto e le sue abitudini sinistre, venne considerato un rappresentante del male poteri.11 Perciò i Germani e gli Schiavi hanno sempre attribuito al lupo natura demoniaca; e M. Wachsmuth ci dice di essere stato informato (anche se non posso dire che ciò sia confermato dalla mia stessa osservazione) che i Greci moderni hanno una tale paura di questo animale che si rifuggono persino dal pronunciarne il nome:12

Ho già parlato della credenza nell’esistenza in Turchia di due forme di vrykolaka , una più e una meno maligna. Il vampiro succhiasangue è probabilmente l’unico rappresentante di questa superstizione orientale conosciuta in Inghilterra, poiché è stata resa popolare da Byron nei versi di “The Giaour”

“Ma prima, sulla terra, come inviato dal vampiro,
Il tuo cadavere verrà strappato dalla tomba:
allora infesterà orribilmente il tuo luogo natale,
e succhierà il sangue di tutta la tua razza.”

9 Wachsmuth, pag. 117.
10 Hahn, ‘Albanesische Studien,’ i. p. 163. In alcune parti dell’Inghilterra è ancora considerato di pessimo presagio che un gatto o un cane passi sopra un cadavere o una bara: in tali casi l’animale viene immediatamente ucciso. Vedi quello di Henderson ‘Folclore delle contee settentrionali’, p. 43.
11 Vedi Pictet, ‘Origines Indo-Européennes,’ ii. P. 639.
12 Sulla vera licantropia, – cioè quella rarissima forma di monomania che consiste nel credersi trasformato in lupo, il lettore si riferisce a ‘Daniel the Prophet’ del Dr. Pusey, p. 425, segg., dove tutto ciò che si conosce sull’argomento è stato riunito con la consueta erudizione dello scrittore.

Ma in realtà il tipo meno nocivo si trova altrettanto spesso. Parlando del vurvulak albanese Von Hahn ci dice che nessuna delle apparizioni in quel paese si pensa che succhi sangue o si nutra di cadaveri. E in un gran numero di storie sull’argomento che provengono da fonti greche, vengono descritti mentre fanno tutti i tipi di scherzi dispettosi e spaventano la gente in vari modi, ma non causano ulteriori danni.
Quelli più maligni, secondo Pashley, si nutrono soprattutto del fegato delle loro vittime; e questa idea dovrebbe spiegare l’esclamazione che un viaggiatore udì da una madre cretese: “Preferirò mangiare il fegato di mio figlio”.13 Il murony dei Valacchi non solo succhia il sangue, ma ha il potere di assumere una varietà di forme, come, per esempio, quella di un gatto, di una rana, di una pulce o di un ragno; per cui l’ordinario segno di morte causata dall’attacco di un vampiro, cioè il segno di un morso sulla nuca, non è considerato indispensabile, e la paura della morte improvvisa aumenta indefinitamente, come è subito attribuito a questa causa, e chi è stato distrutto da un vampiro diventa lui stesso un vampiro.14
Nel nord dell’Albania esiste un’idea simile riguardo alla trasformazione dello spirito errante, e questa è considerata una punizione aggiuntiva per crimini precedenti.15 Alcuni greci credono ancora che lo spettro che appare non sia realmente l’anima del defunto, ma uno spirito maligno che entra nel suo corpo. Così Leone Allazio, nel descrivere la superstizione, dice: “Nel cadavere entra un demone, che è la persona fonte che ha pronunciato il divieto,

13 “Creta” di Pashley, ii. P. 200.
14 Schott, “Walachische Märchen”, p. 297.
15 Heacquard, ‘La Haute Albanie’, p. 342.

o presso qualche autorità ecclesiastica superiore. Dell’effetto di ciò nella decomposizione del cadavere ormai rigido ci sono numerosi e ben autenticati esempi; in effetti da alcuni di essi possiamo imparare che le prove più dirette, anche se basate su un’autorità eccellente, devono essere ignorate, se vogliamo arrivare alla verità in questioni di questo tipo, dove da un lato prevale la credulità, e dall’altro dall’altro la tentazione di ricorrere alla frode è forte.

La seguente curiosa storia è raccontata da Martin Crusius relativa ai tempi immediatamente successivi alla presa di Costantinopoli. Si trattava della corte di Maometto II. un certo numero di uomini dotti nella letteratura greca e araba, che avevano indagato una varietà di punti legati alla fede cristiana.
Da loro il Sultano venne informato che i corpi delle persone scomunicate dal clero greco non si decompongono, e quando chiese se l’effetto dell’assoluzione fosse quello di dissolverli, gli fu risposto affermativamente. Perciò mandò ordine a Massimo, patriarca di quel tempo, di produrre un caso in cui si potesse verificare la verità di quanto affermato. Il Patriarca convocò con grande trepidazione il suo clero, e dopo una lunga discussione si scoprì che una donna era stata scomunicata dal precedente Patriarca per aver commesso peccati gravi. Quando trovarono la sua tomba, procedettero ad aprirla, ed ecco! il cadavere era intero, nero e gonfio come un tamburo. Quando la notizia giunse al Sultano, mandò alcuni dei suoi ufficiali a impossessarsi del corpo, cosa che fecero, e lo depositarono in un luogo sicuro. Su di esso, nel giorno prestabilito, si celebrava la liturgia, e il Patriarca recitava l’assoluzione alla presenza degli ufficiali; sul quale, cosa meravigliosa a dirsi, si udì immediatamente le ossa tintinnare mentre si sgretolavano nella bara, e nello stesso tempo, dice il narratore, anche l’anima della donna fu liberata dalla punizione a cui era condannata. I mediatori corsero subito ad informare il Sultano, che rimase stupito dal miracolo ed esclamò: “Di sicuro la religione cristiana è vera.”21

Questa storia sembra alquanto apocrifa; prendiamone alcuni altri meglio attestati. Leone Allazio, che, in quanto cattolico romano, probabilmente non era troppo favorevole al clero greco, ci informa che gli fu detto da Atanasio, metropolita di Imbro, un uomo d’onore e uno della cui parola bisognava fidarsi, che una volta, essendo stato pregato ardentemente di pronunciare l’assoluzione su alcuni cadaveri rimasti a lungo indecomposti, aveva acconsentito a farlo, e prima che la recitazione fosse conclusa caddero tutti in cenere.22

Anche Ricaut, nel suo racconto di Lo stato della Chiesa greca, scritto nel 1678, riferisce un avvenimento molto simile, al quale aggiunge la seguente osservazione a titolo di spiegazione: “Questa storia non avrei giudicato degna di essere raccontata, se non l’avessi udita dalla bocca di una persona seria, che dice che i suoi propri occhi ne furono testimoni.”23

I modi in cui questi spiriti possono essere deposti sono molto vari, e i sacerdoti in particolare hanno un grande potere nell’esorcizzarli. La gente di Sfakia a Creta, ci dice il signor Pashley, crede che le devastazioni commesse da questi vagabondi notturni fossero in passato molto più frequenti di quanto non lo siano ai giorni nostri; e che sono diventati relativamente rari unicamente in conseguenza dell’accresciuto zelo e abilità posseduti dai membri dell’ordine sacerdotale.

Dallo stesso scrittore apprendiamo

21 Crusii, ‘Turco-Græcia,’ pp. 133-6.
22 Leone Allazio, come sopra, p. 151.
23 ‘Stato attuale delle Chiese greca e armena
ì, p. 282.

che gli abitanti di Idra attribuiscono la loro attuale libertà esclusivamente agli sforzi del loro vescovo, che li ha deposti tutti a Santorin, dove sull’isola deserta ora esistono in gran numero, e vagano, facendo rotolare pietre lungo i pendii verso il mare, “come può essere udito da chiunque passi vicino, in un kaik, durante la notte”. 24
A Mitilene le ossa di coloro che non vogliono restare tranquilli nelle loro tombe vengono trasportate su una piccola isola adiacente, dove vengono reinterrate. Questo costituisce un efficace ostacolo a tutti i futuri capricci, poiché il vampiro non può attraversare l’acqua salata.25

Probabilmente, tuttavia, il metodo di procedere adottato da un vescovo della Tessaglia, menzionato dal colonnello Leake, era il più sicuro nel suo funzionamento. “Il metropolita di Larissa mi ha informato recentemente”, dice, “che quando era metropolita di Grevená, una volta ricevette consiglio da un papa che aveva dissotterrato due corpi e li aveva gettati nell’Haliacmon, con la scusa che fossero Vrukolaka.
Dopo essere stato convocato davanti al vescovo il sacerdote confessò il fatto, e adduceva come giustificazione che si diceva che un grosso animale fosse stato visto uscire, accompagnato da fiamme, dalla tomba nella quale erano stati sepolti i due corpi.

Il vescovo cominciò col obbligare il prete a pagargli 250 piastre (sua santità non aggiunse che cedeva il denaro ai poveri); mandò allora a prendere delle forbici per tagliare la barba al prete, ma si accontentò di spaventarlo. Pubblicando poi in tutta la diocesi che qualsiasi reato simile sarebbe stato punito con il doppio della multa e con la sicura perdita della carica, il vescovo riuscì effettivamente a calmare tutti i vampiri della sua provincia episcopale.26

Nella città di Perlepe, tra Monastir e Kiuprili,

24 Pashley, ii. p. 202.
25 Newton, i. p. 213.
26 Leake’s ‘Northern Greece,’ iv. p. 216.

esiste lo straordinario fenomeno di un certo numero di famiglie che sono considerate discendenti dei Vrykolaka e che hanno il potere di deporre gli spiriti erranti ai quali sono quindi imparentati. Mantengono la loro arte molto oscura e la praticano solo in segreto; ma tuttavia la loro fama è così diffusa che le persone che hanno bisogno di tale liberazione sono solite mandarle a prendere da altre città. Nella vita ordinaria vengono evitati dal mondo intero.27
Il signor Newton menziona il seguente metodo di esorcismo, che fu impiegato a Rodi su una donna che era tornata sulla terra come vrykolaka. “Il prete del villaggio posò a terra una delle tuniche della morta, sul collo della quale camminava, sostenuto da due uomini, per paura che il vampiro lo afferrasse. Mentre era in questa posizione leggeva versetti del Nuovo Testamento, finché la tunica non si gonfia e si rompe. Quando avviene questo strappo, si suppone che lo spirito maligno fugga attraverso l’apertura.”28

Il sabato è il giorno della settimana in cui deve di diritto avvenire l’esorcismo, perché allora lo spirito riposa nella sua tomba; e se è fuori a passeggiare quando ha luogo la cerimonia, è inutile. Nella maggior parte del paese, poiché il vampiro è considerato solo un vagabondo notturno, deve essere catturato durante la notte tra venerdì e sabato;29 ma in alcuni luoghi, dove si crede che vaghi all’estero anche di giorno, l’intero del sabato gli è concesso per il riposo, e di conseguenza è adatto alla sua cattura.30 L’idea qui è probabilmente connessa con l’osservanza del sabato. Vengono menzionati altri modi attraverso i quali l’influenza malvagia può essere evitata o modificata.
Il vrykolaka ha una paura mortale del segno della croce. Quindi un pastore, che era stato

27 Hahn, ‘Albanesische Studien,’ i. p. 163.
28 Newton, i. p. 212.
29 Hahn, come sopra.
30 Pashley, ii. p. 201

spinto da una tempesta a rifugiarsi nel sepolcro ad arco di un uomo che aveva subito questo cambiamento e aveva commesso grandi devastazioni tra gli abitanti delle contrade vicine, decise di passare la notte lì, senza sapere su quale tomba stesse per giacere.
Per sua fortuna, però, prima di addormentarsi si tolse le armi e le pose di traverso sulla pietra che aveva in testa. In conseguenza di ciò, il vampiro non riuscì ad alzarsi e, quando pregò il pastore di rimuoverle, questi si rifiutò di farlo finché lo spettro non avesse giurato con il suo lenzuolo (l’unico giuramento con cui queste creature sono vincolate) che non gli avrebbe fatto del male.31

Tra i Valacchi, al momento della sepoltura, vengono adottate diverse misure preventive per impedire ai morti di tornare sulla terra. Per esempio, un lungo chiodo viene conficcato nel cranio e il gambo spinoso di un rosaio selvatico viene posato sul corpo, in modo che il suo lenzuolo di avvolgimento possa impigliarsi con esso, se tenta di alzarsi.32

Quando l’esorcismo e altri metodi per deporre lo spirito non servono a nulla, l’ultima risorsa è bruciare il corpo. I Greci vi ricorrono solo in modo estremo, poiché hanno un grande orrore della cremazione. I turchi però, come ho già detto, non hanno questi scrupoli nel bruciare il corpo di un cristiano. L’usanza valacca è quella di piantare un paletto nel cuore, una modalità di procedura praticata anche nell’Europa occidentale. La seguente narrazione, fatta da Tournefort all’inizio del secolo scorso, dello stato di cose di cui fu testimone oculare nell’isola di Myconos, descrive i vari procedimenti a cui si ricorreva in tale occasione, e al momento dell’esecuzione,

31 Pashley, ii. p. 198.
32 Schott, p. 298.

allo stesso tempo presenta un quadro vivace dell’orrore con cui la mente popolare è ispirata da questa superstizione:

“L’uomo di cui stiamo per raccontare la storia era un contadino di Micone, di natura malvagia e litigiosa: questa è una circostanza da tenere in considerazione in questi casi. Fu ucciso nei campi, nessuno sapeva come o da chi. Due giorni dopo la sua sepoltura in una cappella della città, si sparse la voce che era stato visto camminare di notte con grande fretta; che aveva rovesciato i beni della gente, spento le loro lampade, li aveva afferrati alle spalle e mille altre buffonate.
All’inizio la storia fu accolta con una risata, ma la cosa fu considerata seria quando la gente migliore cominciò a lamentarsene. I Papas stessi diedero credito al fatto, e senza dubbio avevano le loro ragioni per farlo: le messe devono essere dette, per essere sicuri; ma per tutto questo il contadino continuò a fare il suo vecchio mestiere e non badò a nulla di quello che potevano fare. Dopo diverse riunioni dei capi della città, dei sacerdoti e dei monaci, si giunse alla grave conclusione che era necessario, a causa di un cerimoniale antiquato, aspettare fino a nove giorni dopo la sepoltura.

“Il decimo giorno celebrarono una messa nella cappella dove era stato deposto il corpo, per scacciare il demonio che credevano fosse entrato in esso. Dopo la messa presero il corpo e prepararono tutto per estrarne il cuore.”
Segue poi una descrizione un po’ anatomica del processo, che veniva eseguito dal macellaio della città, ed era seguito, ovviamente, da una fuga di gas tale da richiedere una grande quantità di incenso per neutralizzarla.

“La loro immaginazione, colpita dallo spettacolo davanti a loro, si riempì di visioni. Venne loro in mente che un fumo denso si levava dal corpo; non osavamo dire che fosse il fumo dell’incenso. Gridavano incessantemente Vroucolakas nella cappella e il luogo antistante. Questo è il nome che danno a questi presunti redivivi. Il rumore rimbombava per le strade, e sembrava un nome inventato apposta per squarciare il tetto della cappella. Molti dei presenti affermarono che il sangue del disgraziato era estremamente rosso; il macellaio giurò che il corpo era ancora caldo: da ciò conclusero che il defunto era un uomo molto malato per non essere morto del tutto o, in parole povere, per essersi fatto rianimare dal Vecchio Nick, che è l’idea che hanno di un Vroucolakas. Allora gridarono il nome in modo stupendo. Proprio in quel momento arrivò un gregge di persone, che protestarono a gran voce di aver percepito chiaramente che il corpo non era diventato rigido quando era stato portato dai campi alla chiesa per essere sepolto, e che di conseguenza era un vero Vroucolakas; questa parola era ancora il peso della canzone”.

Il passo successivo fu quello di bruciare il cuore del morto sulla riva del mare;

“ma questa esecuzione non lo rese affatto più trattabile. Continuò con il suo racket più furiosamente che mai. Fu accusato di picchiare la gente di notte, di sfondare porte e persino tetti di case, di sbattere finestre, di strappare vestiti, di svuotare bottiglie e vasi.
‘Era il diavolo più assetato! Credo che non abbia risparmiato nessuno tranne il console nella cui casa alloggiavamo. Niente poteva essere più miserabile dello stato dell’isola: tutti gli abitanti sembravano fuori di sé spaventati; i più saggi tra loro furono colpiti come gli altri.
‘Era una malattia epidemica del cervello, pericolosa e contagiosa come la follia dei cani. Intere famiglie abbandonarono le loro case e portarono al pubblico i loro letti di tenda dalla parte più remota della città. luogo, lì per passare la notte. Ad ogni istante si lamentavano di qualche nuovo insulto; non si udivano altro che sospiri e gemiti all’avvicinarsi della notte; la gente migliore si ritirò in campagna”.

Si tentarono poi processioni e aspersioni con l’acqua santa per diversi giorni consecutivi, ma senza un successo migliore.

“Un giorno, mentre erano impegnati in questo lavoro, dopo aver conficcato non so quante spade nude sulla tomba del cadavere, che tiravano fuori tre o quattro volte al giorno per i capricci di chiunque, un albanese, che si trovava per caso a Micone, si incaricò di dire, con voce autorevole, che era in ultima analisi ridicolo fare uso delle spade dei cristiani in un caso come questo. Non riuscite a concepire, ciechi come siete”, dice, “che l’impugnatura di queste spade, essendo fatta come una croce, impedisce al diavolo di uscire dal corpo? Perché non prendete piuttosto le sciabole turche?”

Il consiglio di questo dotto non ebbe effetto: il Vroucolakas era incorreggibile e tutti gli abitanti erano in una strana costernazione. Non sapevano più a quale santo appellarsi, quando, all’improvviso, con una sola voce, come se si fossero dati l’indicazione l’uno con l’altro, si misero a gridare per tutta la città che era che era intollerabile aspettare ancora; che l’unico modo rimasto era quello di bruciare le Vroucolakas per intero; che, dopo averlo fatto, che il diavolo vi si annidasse se possibile; che era meglio ricorrere a questo estremo che avere l’isola completamente deserta; e, infatti, intere famiglie cominciarono a fare le valigie, per tornare a Syra o a Tinos.

I magistrati ordinarono quindi di portare i Vroucolaka sulla punta dell’isola di San Giorgio, dove prepararono una grande catasta con pece e catrame, per paura che la legna, secca com’era, non bruciasse abbastanza velocemente da sola. Ciò che era rimasto di questa misera carcassa fu gettato nel fuoco e si consumò subito: era il primo gennaio 1701. Vedemmo la fiamma mentre tornavamo da Delo; poteva essere giustamente definita un falò di gioia, poiché dopo questo fatto non si udirono più lamentele contro i Vroucolaka.

Dicevano che il diavolo aveva ormai trovato la sua strada, e alcune ballate furono fatte per ridicolizzarlo”.33

I vampiri di cui si è parlato finora sono stati quasi esclusivamente di carattere maligno. Che ve ne siano altri, tuttavia, del tutto nocivi, è dimostrato dalla poesia che segue, intitolata “I Vurkolakas”.
È una delle più belle di tutte le ballate romaniche; e allo stesso tempo possiede un interesse aggiuntivo, poiché possiamo rintracciare in essa molto chiaramente il modo in cui queste canzoni vengono portate alla perfezione. Ne esistono molte versioni e la maggior parte di esse, come quella riportata nella raccolta di Fauriel, sono di scarso pregio; ma in esse possiamo rintracciare il processo di perfezionamento attraverso il quale sono passati sia il soggetto che le espressioni, e che alla fine l’ha portata allo stato in cui la troviamo qui.

33 Tournefort, ‘Voyage to the Levant’ (Eng. Trans.), i. p. 103, foll.

LO SPETTRO.

” Una madre aveva nove figli galanti e una figlia amata, un’unica figlia, molto apprezzata, il tesoro del suo seno; per dodici lunghi anni non lasciò che il sole si posasse su di lei, ma la lavava al calar della notte e pettinava le sue ciocche prima che spuntasse il giorno. E mentre le stelle erano ancora in alto, le disponeva in delicate trecce.

Ora, quando arrivò un’ambasciata da un paese lontano,
e cercò di condurla come sposa nella terra degli stranieri,
Otto dei suoi fratelli erano contrari, ma Costantino approvò:
‘ Mandala, madre mi’, disse, ‘nella terra degli stranieri;
nel paese lontano che frequento, dove sono solito viaggiare;
Così otterrò un luogo di riposo, una dimora confortevole’.
‘ Sei prudente, figlio mio’, disse lei, ‘ma il tuo consiglio è sbagliato.
Che cosa accadrebbe se una grave malattia mi visitasse, o se la morte cupa si avvicinasse a me,
O se la gioia o il dolore fossero la mia sorte, chi la porterà a casa mia?’
Egli le giurò per Dio e per i santi martiri,
Che se la morte tenebrosa la visitasse, o la malattia la colpisse,
O se la sua sorte fosse la gioia o il dolore, egli sarebbe andato a prenderla.
E così mandò la sua Areté nella terra degli stranieri.


Ma quando arrivò una stagione piena di malattie pestilenziali,
Furono colpiti da una malattia mortale e i nove fratelli morirono,
Allora, come un giunco nella pianura, la madre rimase abbandonata.
Su tutte le loro tombe si batteva il petto e levava il suo lamento;
Ma quando giunse a quella di Costantino, sollevò la lapide,
E gridò: “Alzati”, “mio Costantino; ho bisogno della mia cara figlia.
Non hai giurato su Dio in alto e sui santi martiri?
Quando la gioia o il dolore divennero la mia sorte, che saresti andato a prenderla?”

” Ecco, dalla sua tomba, dove giaceva, la sua invocazione lo fece risorgere.

Cavalcava su una nuvola tempestosa, le stelle gli adornavano la briglia;
La sua scorta era la luna splendente e così andò a prenderla.
Prima del suo volo le montagne si alzarono e scomparvero dietro di lui,
Finché non la vide mentre pettinava i suoi capelli al chiaro di luna.

Allora da lontano la chiamò e da lontano la salutò:
‘ Vieni con me, vieni, mia Areté! Nostra madre ti chiama’.
‘ Ahimè!’ rispose lei, ‘fratello caro, in un’ora come questa!
Di’, la tua chiamata è di gioia? Devo indossare i miei gioielli?
Oppure, se è cupo, dimmelo e non mi cambierò d’abito’.
‘ Vieni con me; vieni, mia Areté, non aspettare di cambiare le tue vesti!’

” Poi, mentre passavano lungo la strada, compiendo il loro viaggio,
Gli uccelli cominciarono a cantare ad alta voce, e questo fu ciò che pronunciarono:
‘ Oh, strano! Uno spirito dei morti che guida una bella signora!’
‘ Oh, ascolta, Costantino’, disse lei, ‘ciò che cantano gli uccelli:
‘ Oh, strano! Uno spirito dei morti che guida una bella signora!’”.
‘ Non badare a loro, a quegli stupidi uccelli; non badare a loro, sorella mia’.
Così passarono oltre; ma, mentre passavano, gli uccelli cantavano di nuovo,

O spettacolo meraviglioso e pietoso! O mistero della tristezza,
Vedere gli spiriti dei morti camminare accanto ai vivi!’
‘ Oh ascolta, ascolta, fratello caro, cosa cantano gli uccelli:
‘ “Ecco gli spiriti dei morti che camminano accanto ai vivi!” ’
‘ Non fate caso a loro, poveri uccelli’, disse; ‘Non guardarli, sorella mia.’
‘ Ahimè! Ti temo, fratello mio! le tue vesti odorano d’incenso’.
‘ Non è niente’, disse; ‘Ieri abbiamo adorato all’altare,
E là il prete, passando, mi ha infumato con nuvole d’incenso’.
E ancora una volta, mentre passavano, altri uccelli cantavano:
‘ Dio Onnipotente!’ è la tua mano che opera questo miracolo,
Mandando uno spirito dei morti a guidare questa adorabile signora.’
Sentì le voci mentre parlavano e il suo cuore sprofondò dentro di lei.
‘ Oh, ascolta, ascolta, Costantino, cosa cantano gli uccelli!
Dimmi, dove sono adesso i tuoi capelli dorati e i tuoi baffi biondi e fluenti?’
‘ Una malattia devastante mi colpì, mi portò vicino alla tomba;’
‘ Fu allora che persi i miei capelli dorati e i fluenti baffi biondi.’

“ Arrivarono; ed ecco, la porta era chiusa, il chiavistello era abbassato
davanti ad essa,

E le finestre, tutte con le sbarre, erano aggrovigliate con tele di ragno:
‘ Apri’, gridò, ‘mamma mia cara! ecco, porto tua figlia!’
‘ Se tu sei Caronte,34 non venire qui; Non ho altri figli.
Mia Areté, infelice! alloggia lontano presso gli stranieri’.
‘ Apri, madre mia! non indugiare; è Costantino che parla!
Non ho forse giurato per Dio l’alto dei cieli e per i santi martiri,

Quando la gioia o il dolore diventassero la tua sorte, che andrei a prenderla?’
Lei si alzò; e quando raggiunse la porta l’anima della madre se ne andò! “35

34 Caronte è la moderna personificazione greca della Morte.
35 Passow, ‘Carm. Pop.’ N. 517.

Da: Researches in the Highlands of Turkey Including Visits to Mounts …, Volume 2
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