Il Far West

Chi ci guida al Far West (grand’occidente americano) è l’autore stesso delle Meraviglie del mondo sotterraneo, il Simonin, uno dei più ameni e facili volgarizzatori di scienza della moderna letteratura.

Louis Laurent Simonin (1830 – 1886), geologo e giornalista francese

Il soggetto del libro (1) è dei più interessanti, le descrizioni non danno che il fondo alla scena; questa offre uno spettacolo pieno di grandezza e di malinconia, che potrebbe avere per simbolo le ultime tribù degli indiani d’America, riunite in massa sul binario della ferrovia del gran Pacifico, per deviare coi loro petti la locomotiva lanciata a tutto vapore.

All’epoca del viaggio del Simonin, la linea che, dall’Oceano Atlantico al Pacifico, va da Nuova York a San Francisco, si arrestava appiedi delle Montagne Rocciose, ma non era sicura che pei tre quarti della sua lunghezza. Ad Omaha incominciava la regione del bisonte e dell’Indiano; lungo la via erano fitti, a distanze ineguali, dei grandi pali, con una tavola sulla quale stava scritto il nome d’una futura città; ma già a destra, a sinistra, davanti, aveano messo le loro tende gli arditi precursori della civiltà, in cerca di terra, d’argento e d’oro. Ogni tratto un forte offriva un punto d’appoggio alle loro ricognizioni. Il fischio della locomotiva, e lo scopiettio della frusta del conduttore della diligenza, annunciavano l’avvicinarsi della conquista delle faccie pallide e la promulgazione della legge del lavoro, odiosa ai guerrieri indiani che vivono di guerra, di caccia e d’ ozio.
Gli scontri erano frequenti, la freccia del selvaggio s’incrociava col proiettile conico dei popoli civili, e le stragi si alternavano dalle due parti. Nell’ore di riposo, brevi e allarmanti, i viaggiatori si svegliavano toccandosi il capo che in sogno si erano sentito dolorosamente scorticare, e spesso il sogno in brev’ora diventava realtà.

Il quadro tracciato da questo libro è pieno di figure energiche, robustamente tracciate, esploratori auriferi, fondatori di città, soldati, amministratori, locandieri del deserto della grande prateria, selvaggi stupendi per forza di carattere; il tipo uomo, in una parola, sotto cento aspetti diversi, ma tutti energici e interessanti. Per darne un’idea citiamo un brano del discorso di Piede Nero, capo della nazione indiana dei Corvi, al congresso del forte I.aramie, fra americani e indiani.

Piede Nero avea parlato dei costumi, dell’indole, dei bisogni, della storia degli indiani, e dei trattati dei bianchi, mai osservati; tali doveano apparire ai re dell’Asia gli antichi profeti d’Israele, allorchè descrivevano gli affanni del popolo ebreo.
« Dopo alcuni istanti Piede Nero rigetta indietro i suoi lunghi capelli, e passandosi la mano sulla fronte, come per raccogliere i suoi pensieri…. benchè io sia povero, non morrò, disse, il mio braccio è robusto e posso ancora cacciare il bisonte come i miei padri, i vostri soldati sono pazzi, richiamateli presso di voi, essi sono come i fanciulli; non conoscono ciò che è buono per loro; uccidono il bisonte per puro divertimento, mentre noi soffriamo la fame, e diventiamo poveri….. I miei antenati raccomandarono alla nazione dei Corvi di essere buona. Ma come potremo noi esser buoni se voi ci prendete le nostre terre, promettendoci in cambio tante cose che non ci date mai? Noi non siamo schiavi, non siamo cani. Un giorno al forte Smith, io chiedevo delle provvisioni ai soldati, ed essi mi percossero sulla testa con un bastone. Quando me ne ricordo divento cattivo e feroce. Noi vogliamo vivere come siamo stati allevati, cacciando gli animali delle praterie. Lasciateci andare dove va il bisonte.»

Minatore delle montagne rocciose in abito di caccia.

Di fronte a questi uomini delle praterie si leva una nazione che ha la febbre del lavoro, dell’attività, della conquista dell’uomo sulla natura. La maschia schiera dei fondatori del Colorado è descritta dal Simonin quali «uomini straordinari che rappresentano l’avanguardia della civiltà, senza distinzione di nazionalità; tipi di virilità meravigliosi, Inglesi, Francesi, Spagnuoli, Olandesi, Tedeschi, Italiani. Canadesi, ciascuno coi caratteri distintivi della propria razza, e tutti con un carattere comune, quello della persistenza, dell’energia e del sangue freddo che fanno i buoni pionieri ed i veri coloni.» Questo ucciderà quello, conclude mestamente il lettore, convinto della sentenza del Simonin, che prima che passi una generazione, non vi saranno più indiani. Il bufalo scompare, e l’indiano scomparirà con lui: l’uomo primitivo, coll’animale primitivo.

A far contrasto a quei tipi seri e imponenti, lumeggiano nel quadro che si svolge come in un diorama, dei tipi d’ogni nazione che s’incontrano ad una tavola rotonda o sul ponte d’un piroscafo: tutte figure espressive, caratteristiche, interessantissime: ciascuna col proprio significato, e ogni tanto una di quelle bellezze americane dalla ricca capigliatura, dagli occhi vivaci, dalle gote rosee e un po’ pallide, dalla vita flessibile e sottile, dalle forme corrette; nate dalla fratellanza degli individui più energici, e delle nature più robuste e determinate di tutte le nazioni europee.

L. A.

Da: L’illustrazione italiana rivista settimanale degli avvenimenti e personaggi ..
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