Il Cristo di Cavarzere

Articolo del 1873 dal giornale La Frusta.

Titolo originario
La carità Cristiana

Non ignoriamo che certi malvoni hanno sovente fatto segno il nostro periodico alle loro diatribe, accusandolo di troppa asprezza, e di eccitamento al disprezzo contro i venuti per la breccia di Porta di Porta Pia. Quelli medesimi non guardano di buon occhio la Frusta, perchè spesso ricorda che «il Sonzogno una volta fu servo umilissimo della Imperiale e Reale polizia Austriaca per L. 2, 50 al giorno» ed il di lui giornale «bugiardo, perfido e calunniatore, per sola ed unica avidità di guadagno». Oltrechè siffatto giudizio non è nostro, ma dei liberalissimi giornali il Fanfulla, la Libertà ed il Diavolo Rosa, tutto giorno abbiamo in mano sì palpabili fatti, che, non solo confermano quel giudizio, ma che propriamente ci spingono a dichiarare la Capitale non essere altrimenti, che un informe ammasso d’inurbanità, di bugie e di calunnie. Basta leggere quanto l’anzidetto periodico ebbe l’impudenza di publicare sul Cristo di Cavarzere.
Difatti in un lurido articolo (N.1035) beffeggiando con insultante cinismo l’improvvisa e sensibile inclinazione del Capo di quel Cristo, maliziosamente stampò; «non bastava commuovere gli usurieri ed i briganti che sentono bisogno di compensare le colpe con qualche atto di religione, non bastava fanatizzare le Samaritane e le Maddalene, stanche, ma, non sazie, siccome il poeta disse di Messalina; che si volle tentare uno dei soliti colpi con un tozzone di legno foggiato malamente in Cristo da un povero legnaiuolo».

Ma quasi ciò fosse ancor poco, il, Sonzogno con raffinata malignità accusa il parroco locale di essere il principale organizzatore di quel fatto. Menzogna solo degna di essere scritta da un Giano Quadrifronte, solo degna di essere stampata nella Capitale.

Il Crocifisso di Cavarzere, copia di quello colossale che sin dal secolo decimo secondo si venera in Chioggia, nel 1830 fu intagliato con una sola ronchetta ed un rozzo scalpello dal quarantenne Domenico Paneghetti di Bosco Chiaro, analfabeto, povero campagnolo e profano del tutto a qualunque principio d’ intaglio.
Nel 1836 il Paneghetti spontaneamente donò il suo Crocifisso all’Arciprete di Cavarzere, in allora D. Domenico Bassani, che lo collocò in un locale detto la Sacristia nuova. Là quello rimase quasi dimentico sino all’11 del p. p. Giugno. In quel giorno mentre una fanciulla recitava la Dottrina Cristiana, che appunto insegnavasi nella Sacristia nuova, attonita posesi a gridare che il Crocifisso inclinava il capo. La mattina del 12 altra fanciulla di 8 anni, trovandosi a pregare dinanzi a quel Crocifisso, postasi le mani al viso, tra un profluvio di lagrime esclamò: «il Crocifisso chiude gli occhi ed abbassa la testa.» Gli accorsi alle grida, ed al pianto della fanciulla concordi riconobbero e confessarono quello straordinario avvenimento. Questo è il compendio di una genuina relazione trasmessa da un Parrocchiano di Cavarzere all’ ottimo periodico il Veneto Cattolico, e da questo pubblicata nel suo N. 156. Di chi si deve ritenere più veridica la narrazione del fatto, di uno presente all’avvenimento o del Sonzogno tante miglia lontano? Così essendo non deve qualificarsi un mentitore di prima forza chi su tal proposito bestemmiò nella Capitale «che si volle tentare uno dei soliti colpi con un tozzone di legno foggiato malamente a Cristo?»

A smascherare sempre più quel giornale, vero tipo di maliziosa menzogna, riportiamo un brano della relazione, inviata su questo proposito da Cavarzere all’accennato periodico il Veneto Cattolico:
«Questo Rev.mo Arciprete fece da una Commissione di periti visitare allora il Crocifisso, ed osservare se l’abbassamento del capo fosse causato da tarlo al collo o da qualche altro rilascio; ed essi alla presenza anche de’divoti dichiararono, non riscontrare alcuna lesione od altro inconveniente che possa essere cagione del fatto. Visto dove poteva arrivare la cosa, radunò Egli tosto i sacerdoti e raccomandò loro di non immischiarsi in tale faccenda e di non pronunciarsi ad alcuno sull’ attendibilità o meno del prodigio. Raccoglie i Nonzoli ed intima loro lo sfratto dalla Chiesa, ove favorissero o contrariassero minimamente l’opinione dei fedeli, ordinò di non ricevere offerte di cere, olio, od altro da porre dinanzi alla divota Immagine. Contemporaneamente fece levare la Cassetta per le offerte, ch’era appiedi del Crocifisso. Ma i divoti stessi a gara innalzano candele, accendono lumi, adornano l’altare d’odoriferi fiori, profondono offerte sulla mensa dell’altare. Il seguente giorno cresce il concorso; e per essere venerdì giorno di mercato, ai terrieri s’uniscono i forestieri. Al cadere del sabato, questo Arciprete nella sua prudenza trova che tre giorni possano bastare ad appagare la divozione o la curiosità in alcuni dei visitatori, e fa chiudere le porte della Sacristia nuova, ordinando ai Nonzoli di dire a chi venisse: che non era più permesso l’ingresso.
All’alba della domenica dai paesi anche distanti di più di cento chilometri da Cavarzere, si vide giungere tale folla di ogni età e condizione che veramente ti commoveva.
Tanta affluenza di persone obbligò il maggior Nonzolo a portarsi dall’Arciprete la stessa mattina della domenica al levar del sole, onde ottenere il permesso d’aprire le porte. Verrò io, diss’egli l’Arciprete; e frattanto voi partecipate i miei ordini.
Fermatosi in casa, il Rev.mo Arciprete più che non doveva, per vedere se frattanto la gente si allontanasse, fu commovente spettacolo per Lui il vedere un’onda di popolo, al suo giungere nella piazza, fargli lungo codazzo e seguirlo alla Chiesa».

Ora la Capitale coll’avere stampato nel numero sopraccennato: «che i devoti del Crocifisso di Cavarzere hanno dimostrato la più profonda ignoranza, la più stupida superstizione» ha lanciato certamente un insulto plateale ed atroce non solo contro la verità dell’accaduto, ma ancora contro il sentimento religioso di tutti quei Cattolici che accorsero a prostrarsi, ed a venerare il Crocifisso prodigioso di Cavarzere. Ed un giornale di tal tempra meriterà di essere trattato in guanti bianchi?

Eh! giù una volta la politica delle mezze misure, abbasso una male intesa prudenza, la quale non è altro che, o una vigliacca paura, o una vergognosa connivenza con i ladroni del 20 Settembre 1870. Siamo in tempi in cui è necessario chiamare le cose con i veri loro nomi, oggi è uopo ripetere quanto già disse Cristo medesimo: est est, non non.
È per questo che noi, mentre dichiariamo non nutrire affatto odii personali per qualsiasi ragione, sosteniamo del pari che mai smetteremo dalla solita nostra franchezza e sincera energia, ancorchè la caparbietà, o la malevoglienza di certi Cattolici-liberali vadano sussurrando «che la Frusta manca di carità cristiana».

Articolo tratto da: La Frusta
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La frusta: giornale politico morale, – papalino, antiunitario.
La Capitale: giornale repubblicano, ateo
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