Feste Veneziane

Di Cesare Cantù

Venezia conservava il gusto antico de’ divertimenti, tanto che Pietro Orseolo 1, nel 978, abbandonando il corno ducale e il mondo pel chiostro, dispose delle sue facoltà veneziane mille libbre d’oro a favor dei parenti, mille pei poveri, mille pei divertimenti pubblici.
I suoi carnevali già erano segnalati nel 1094, e fin alle ultime sventure trassero da ogni parte chi amasse il libero sollazzarsi. La maschera, che sottraeva l’uomo alle indagini dei tribunali inquisitorj, e ravvicinava il plebeo al nobil uomo, il barnabotto al frate, la merciaja alla dogaressa, v’era dalle leggi protetta, punendo più severamente l’ingiuria fatta ad un mascherato, che potea fin penetrare nel Gran Consiglio.

Vinto Ulrico patriarca d’Aquileja e fattolo prigione con molti nobili, i Veneziani il gravarono di mandare al doge, ogni mercoledi grasso, dodici majali e altrettanti grossi pani: poi al berlingaccio, in commemorazione faceasi la festa di tagliar il capo ad un bue e ad alcuni porci, che il popolo si godeva. Intanto eransi eretti nella sala del Piovego piccoli castelli di legno, che il doge e i senatori demolivano. Poi dall’antenna di una nave tiravasi una gomena fino alla sommità del campanile di San Marco, per la quale un marinaro ascendeva, ajutato da certi ordigni, indi calava alla loggetta per presentare al doge un mazzo di fiori.

Anche fuor del carnevale, Venezia era particolarmente celebrata per le sue feste; balocchi che la nobiltà offeriva alla plebe onde sviarne il pensiero dai rapitile diritti. Il ratto delle fanciulle diè origine ad un’annua festa dell’ultimo di gennajo, ove dodici Marie erano sposate con dote pubblica portata entro arselle: ma poichè l’allegria era degenerata in turpitudini, vi si surrogarono dodici fantocci. Il giorno delle palme liberavansi alcuni uccelli e piccioni della loggia di San Marco, ed era una festa il rincorrerli e il narrar le venture. Alquanti, scampati all’attacco, si annidarono sul campanile e moltiplicarono, fin ad oggi rispettati dalle rivoluzioni e dal despotismo.

All’Ascensione, quando traeva un mondo di gente alla fiera, esponevasi un fantoccio di donna, che diventava modello al vestir femminile di quell’anno, non variato, come ora si fa, ad ogni arrivo di corriere. Ivi pure esibivansi all’ammirazione i capi d’arte; ed in una delle ultime, Canova preluse il risorgimento della scoltura, presentando il suo Dedalo ed Icaro. Quel giorno stesso il doge sul bucintoro a censessanta remi recavasi fin al mare, fra campane, stromenti e artiglierie, e gettava un anello nelle onde, dicendo:

— Mare, ti sposiamo in segno di perpetuo dominio. Le mense che per Santa Marta disponevansi lungo il canale della Giudecca, servite quasi di solo pesce, porgevano occasione a stringere o rinodare amicizie. Ai patrizj la repubblica stessa imbandiva solennemente in certi giorni, con isfoggio di cristalli e quantità di zuccherini e canditi, che i convitati portavano a casa.

Volgendosi poi i divertimenti a formare buoni marinaj, si frequentavano regate, delle quali la prima è ricordata nel 1315; quindi il senato decretò si facessero nel giorno di san Paolo. Una volta per settimana, nobili e popolani doveano esercitarsi al bersaglio, a Lido. Il pugilato faceasi da settembre a Natale su ponti senza sponda. Famose erano le forze d’Ercole, in cui gareggiavano i Castellani vestiti a rosso e i Nicolotti a nero, vincendo quelli che s’elevassero a maggior numero di palchi (aggeres); poi finito, traevano certe spade smussate, e paravano e ferivano come in moresca, o ballavano la furlana.
Nei boschi della badia di Sant’Ilario fra Gambarara e la laguna, i caccianti doveano ai monaci la testa e un quarto d’ogni cinghiale che pigliassero; a vicenda i monaci doveano al doge prestar cani e cavalli quando vi venisse a cacciare, e nutrirne i falchi e i bracchi. La vigilia di natale faceasi una gran caccia, e il doge dava a ciascun magistrato e padre di famiglia cinque capi di selvaggina: al che, sotto Antonio Grimani, si surrogarono le oselle, monete d’argento, a questo sol uso coniate. Il giovedi santo, egli riceveva il tributo del pesce, che parimente distribuiva…

Da: Storia universale: 3: Epoca 10., 11., 12
Di Cantù (Cesare)
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Vedi anche Festa del giovedì Grasso