Arrival

Di Denis Villeneuve

Presentato, e ben accolto, all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, Arrival rappresenta un tipo di Fantascienza dalle parti di Incontri Ravvicinati di Spielberg e Contact di Zemeckis.

Gli alieni arrivano sulla Terra, non si capisce se sono E.T. o quelli di Indipendence Day. Un esperta in linguistica deve decifrare la loro incomprensibile lingua per capire le loro reali intenzioni.

All’inizio forse può sembrare non originalissimo con il rischio di cadere in una sorte di remake del film con Jodie Foster, con la figlia del protagonista a ricoprire il ruolo che lì era del padre.

Ciò nonostante la trama ad un certo punto ci sorprende rovesciando la prospettiva della storia che ci si era dati ingannati dal montaggio, ed introducendo nuovi elementi fantascientifici (e quindi nuovi elementi filosofici).

Nuovi non per non essere mai stati visti altrove, ma per come si inseriscono nella trama e nel messaggio.

Del resto, più che un film sull’ipotesi dell’arrivo degli alieni, è un film che vuole ragionare sul senso del linguaggio, dei segni, della comunicazione da una parte e sul senso del tempo dall’altra.

E come ogni buon film di fantascienza alla fine diventa una metafora del mondo che viviamo, in piena overdose di tecnologia che ci permette di comunicare, e ciò nonostante incapaci di comprendersi interculturalmente, con tutte le tensioni internazionali che ne derivano.

Amy Adams è una protagonista perfetta. Il regista Villeneuve dirigerà anche il sequel di Blade Runner: progetto discutibile, ma almeno sappiamo che un eventuale insuccesso non sarà per incapacità del regista.

Titolo originale: Arrival
Regia: Denis Villeneuve
Con: Amy Adams, Jeremy Renner, Forest Whitaker, Michael Stuhlbarg, Nathaly Thibault, Mark O’Brien (IX), Tzi Ma, Abigail Pniowsky, Leisa Reid, Frank Fiola. Genere: Fantascienza – Durata 116′ – Usa – 2016

Nicola Da Lio

ARRIVAL
di Denis Villeneuve

Presented, and well received, at the latest Venice Film Festival, Arrival represents a type of science fiction similar to Spielberg’s Close Encounters and Zemeckis’s Contact.

Aliens arrive on Earth, it’s not clear if they are E.T. or those of Independence Day. A linguistics expert must decipher their incomprehensible language to understand their real intentions.

At the beginning it may perhaps seem not very original with the risk of falling into a sort of remake of the film with Jodie Foster, with the protagonist’s daughter filling the role that her father had in the film.

Nonetheless, at a certain point the plot surprises us by reversing the perspective of the story that we were deceived by the editing, and by introducing new science fiction elements (and therefore new philosophical elements).

New not because they have never been seen elsewhere, but because of how they fit into the plot and the message.

After all, more than a film on the hypothesis of the arrival of aliens, it is a film that wants to think about the meaning of language, signs, communication on the one hand and the sense of time on the other.

And like any good science fiction film, in the end it becomes a metaphor for the world we live in, in full overdose of technology that allows us to communicate, and yet incapable of understanding each other inter-culturally, with all the international tensions that derive from it.

Amy Adams is a perfect protagonist. Director Villeneuve will also direct the sequel to Blade Runner: a questionable project, but at least we know that any failure will not be due to the director’s inability.

Nicola Da Lio


Articolo precedentemente uscito su L’Avocetta e qui pubblicato di nuovo per gentile concessione.