ALISON PEARSON E IL POPOLO DELLE FATE

Scozia, Il 28 maggio 1588, Alesoun Peirsoun, a Byrehill, fu chiamata a comparire davanti a un giudice giusto e a una giuria saggia con l’accusa di stregoneria e di aver frequentato per sette anni il popolo delle fate. Questa Alesoun Peirsoun, o, come scriveremmo ora, Alison Pearson, aveva un certo cugino, un certo William Simpson, un medico esperto, che era stato educato in Egitto; dove era stato portato lì da un uomo d’Egitto, “ane gyant”, che, si suppone, gli insegnò molti dei segreti della natura allora nascosti al volgo.
Durante la sua assenza, suo padre, che era fabbro di Sua Maestà, morì per aver aperto “ane preistbuik and luking vpoune it”, (ndr – probabilmente ha aperto un libro di stregoneria e guardato dentro) il che dimostra la tendenza della famiglia.
Quando il signor William tornò, trovò Alison afflitta da molte malattie, priva di forza nelle mani e nei piedi e in altre condizioni malvagie.
Egli la curò, essendo un uomo abile e gentile, e da allora ottenne un’influenza illimitata sul cervello e sull’immaginazione della cugina impazzita.
Abusò di questa influenza portandola con sé nel Paese delle Fate e facendole conoscere i “gude wychtis” (le fate, in Scozia), la cui compagnia gli era piaciuta per molti anni.
In particolare, era molto legata alla Regina di Elfame, che avrebbe potuto aiutarla, se avesse avuto la volontà di farlo.

Un giorno, essendo ella sofferente a Grange Muir, si sdraiò lì da sola, quando all’improvviso le apparve un uomo vestito di verde che le disse che se fosse stata fedele avrebbe fatto il suo bene.
Ella gridò aiuto e lo accusò, in nome di Dio e della legge in cui viveva, che se fosse venuto in nome di Dio e per il benessere della sua anima, glielo avrebbe detto.
Lui se ne andò, e poco dopo vennero da lei un uomo sano e robusto e poi molti altri uomini e donne, ed ella se ne andò con loro più in là di quanto potesse dire; ma non prima di essersi “sanificata”, ovvero benedetta e pregata.
Dove andò non lo seppe dire; solo che c’erano suoni, allegria e buonumore; e barili di vino con “tassis”, o coppe, per loro.
Ma il popolo delle fate non fu gentile con Alison. La tormentarono dolorosamente e la trattarono con grande durezza, facendola sbattere e picchiandola in modo tale da prenderle tutta la “poustie” (potere) dal fianco con uno dei loro pesanti “straiks” (colpi) e lasciandola coperta di lividi, blu e disgraziata.
Non era mai libera dai suoi discutibili compagni, che erano soliti incontrarla in ogni momento e la iniziavano ai loro segreti, che lei lo volesse o meno.
Le mostravano come raccoglievano le erbe prima del sorgere del sole; lei li osservava con le loro pentole e i loro fuochi mentre preparavano le “saws” o unguenti che potevano uccidere o curare chiunque le usasse, secondo la volontà delle streghe; e venivano a sedersi accanto a lei senza che nessuno glielo chiedesse; una volta le sottrassero tutta la “poustie” per venti settimane.
Il signor William era con loro. Era un giovane di non più vecchio di lei di sei anni, e lei (aveva paura) “feir” quando lo vedeva.

Grazie agli insegnamenti delle fate e alle lezioni cliniche del signor William, la mezza pazza Alison si fece presto una reputazione per i suoi poteri curativi, tanto che il vescovo di St. Andrews, un miserabile ipocondriaco con tante malattie da riempire metà dei reparti di un ospedale, si rivolse a lei per alcuni dei suoi incantesimi e rimedi, che lei ebbe il buon senso di rendere appetibili e adatti ai gusti episcopali: in particolare, il chiaretto speziato (un quarto da bere in due sorsate) e il cappone bollito come rimedi interni, con una pomata fatata per l’applicazione esterna.

Non c’era bisogno di un lungo apprendistato in stregoneria per prescrivere il chiaretto e il cappone a un lussuoso prelato che si era portato in uno stato di dispepsia cronica a causa della pigrizia e della vita sfrenata; eppure la giuria ritenne la ricetta di una saggezza così profonda che Alison ne uscì male per colpa sua.

Il signor William era molto attento ad Alison. Era solito preceder il popolo delle fate quando si mettevano in viaggio nei turbini per tormentarla – “perché sono sempre nel vento di mare che soffia”, diceva Allie – e l’avvertirla del loro arrivo; ed era molto insistente affinché non se ne andasse del tutto con loro, dato che ogni anno una decina di loro veniva portata all’inferno e i convertiti avevano sempre la prima possibilità.

Ma molte persone che lei conosceva sulla terra erano a Elfame. Disse di aver riconosciuto il signor Segretario Lethington e il vecchio Cavaliere di Buccleugh come appartenenti alla compagnia; il che equivaleva a metterli fuori dal paradiso, ed era una grave calunnia, per come andavano i tempi.
Né le cure del signor William né il potere delle fate riuscirono a salvare la povera Alison. Dopo essere stata “wirreit (strangolata) at ane staik”, fu “conuicta et combusta”, per non essere mai più tormentata dall’epilessia o dai sogni febbrili della follia.

Tratto da Google Libri – Witch Stories
Di Elizabeth Lynn Linton