VAJONT

Tragedia del Vajont 9 ottobre 1963 – 9 ottobre 2023

“Li vedi quegli alberi?” le dice indicando il monte Toc, che sembra
starsene accucciato dietro la diga.
“Non noti niente di strano?”
“No.”
“Guarda bene. Le cime puntano verso il cielo?”
“Be’, no. Puntano verso Erto e Casso.
Sembrano piegate.”
“Se non stanno in piedi gli alberi, non
sta in piedi nemmeno la montagna”

“La storia di Marinella – Una bambina del Vajont”
di Emanuela Da Ros

Non dimentichiamo.

VAJONT
1963:10:09:22:39

    A che ora vi svegliate di solito? No, non sto cercando di farmi i fatti vostri. Personalmente la mia radiosveglia è puntata sulle 6:30. A quell’ora su Radio Due viene trasmesso il notiziario e, a seguire, Onda Verde. Ormai potrei, come, credo, molti di voi, già dirvi quali nodi stradali siano in crisi: rallentamenti tra Bergamo e Viale Certosa, vento forte e conseguente divieto di transito ai mezzi telonati tra San Vittore e Caianiello, l’area di servizio Bisenzio Est non eroga GPL e via così. Ho tenuto per ultimo la chicca che da anni ha portato questa città alla ribalta: la tangenziale. Si, perché il mondo conosce Mestre solo grazie alla sua tangenziale, per il resto… non è dato sapere. Questa mattina i rallentamenti sono attorno allo svincolo dell’A27 Mestre – Belluno. Chissà per quale motivo mi metto a pensare a questa particolare autostrada.

L’avete mai percorsa? Sono 84 km a tre corsie che vi conducono diritti verso le montagne, passando vicino a Treviso, Conegliano, Vittorio Veneto, poi su, oltre il Fadalto, verso Belluno e poi Cortina… sarà che per me che rifletto, ancora sotto le coperte di questi primi giorni di Ottobre, il 7… adesso capisco dove sto finendo, mancano due giorni al 39 anniversario.

     Anniversario di che? Beh, 6,5 km oltre il casello dell’A27, sulla vostra destra (la sinistra Piave) potete ammirare i 260 metri della diga a doppio arco più alta del mondo, quella del Vajont.

     Il 9 ottobre del 1963 ero… nemmeno nei pensieri dei miei genitori. Nei cassetti di mia nonna ricordo qualche ritaglio di giornale, ma non riuscivo ad afferrare l’accaduto, figuriamoci comprenderne l’entità. Sono stati i miei genitori, molte primavere orsono, ad accompagnarmi lassù, sulla frana. Ed è ancora più difficile per me, bambino, immaginare che la montagna su cui cammino, gli alberi, i cespugli, ciò che mi circonda sia poco più giovane di me. Che le case laggiù non abbiano che 9 anni di più. Non si comprende una cosa così grande da bambini. Si rimane affascinati da questa parete di cemento altissima.

     Qualche anno fa ho acquistato un libro scritto da Marco Paolini e Gabriele Vacis, Il racconto del Vajont (Garzanti), la trascrizione dell’omonimo spettacolo teatrale. E’ un libro di 140 pagine che si legge in tre sere se ti lasci prendere dalla storia.

     E per chi è nato e vissuto da queste parti è facile farsi prendere perché non si parla di isole tropicali, tigri o pirati, ma di luoghi che si conoscono in prima persona, dove si è stati, di cui si ha immagine fotografica nella memoria.

    Se percorrete la statale d’Alemagna, appena passato il cartello di Longarone, svoltate a destra e scendete verso il Piave, lo passate e poi svoltate ancora a destra. Non è la strada che vi porterà alla diga ma bastano poche decine di metri. Vi fermate sull’unico ponte e guardate su.

     E pensate.

C’è silenzio quassù.
Quasi sempre in montagna c’è silenzio ma qui è diverso.
E’ come quando entri in Chiesa.
Ci sei solo tu ed ogni scricchiolio, anche il più flebile, sembra una cannonata.
Fai attenzione, ma non c’è davvero motivo, ci sei solo tu.
E’ una questione di rispetto.
Anche quassù.
Il rispetto.
Rispetto per la vita e le aspirazioni di qualcuno?

    Qui non siamo di fronte ad una idea politica od ad una oppressione da parte di un tiranno che possa, in qualche modo, spingere ad un gesto estremo, l’attentato. Questa è, e rimane, una scelta, consapevole o meno, di profitto. Voglio immaginare che inizialmente non ci fossero le conoscenze tecniche necessarie per affrontare il problema però, sicuramente, c’è stata la scelta consapevole di ignorarlo poi.

    Se decidete di andare sulla diga o, meglio, sulla frana, portate con voi questo libro.

    L’effetto è garantito.

Fabio Spinozzi

Ti dice niente Vajont?
9 ottobre 1963. Dal monte Toc,
dietro la diga del Vajont, si staccano
tutti insieme 260 milioni di metri cubi di roccia.
Duecentosessanta milioni di metri cubi di roccia
cascano nel lago dietro alla diga e sollevano
un’onda di cinquanta milioni di metri cubi.
Di questi cinquanta milioni, solo metà scavalca
la diga: solo venticinque milioni
di metri cubi d’acqua…
Ma è più che sufficiente a spazzare via
dalla faccia della terra cinque paesi
Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova, Faè.
Duemila i morti.
La storia della diga del Vajont,
iniziata sette anni prima,
si conclude in quattro minuti di apocalisse
con l’olocausto di duemila vittime.
Come si fa a capire un fatto come questo?

IL RACCONTO DEL VAJONT
Marco Paolini e Gabriele Vacis
– Garzanti Editore –

[email protected]


Articolo precedentemente uscito su L’Avocetta e qui pubblicato di nuovo per gentile concessione.