La lepre e il riccio


Era una bella mattina di fine estate. Il sole splendeva, il grano ondeggiava nella brezza, l’allodola cantava nel cielo azzurro e le api ronzavano sui fiori.

Tutte le cose sembravano felici, anche il riccio, in piedi sulla sua porta, che cantava una canzone da riccio.

All’interno sua moglie stava lavando e vestendo i bambini.

“Andrò a vedere come stanno le nostre rape”, disse il riccio tra sé e sé. Le rape crescevano in un campo vicino. Lui e la sua famiglia le mangiavano e le consideravano come proprie.

Chiuse la porta di casa e partì. Non era andato lontano quando incontrò una lepre. La lepre era venuta a vedere come crescevano i cavoli.

“Buon giorno”, disse il riccio.

Ora la lepre era sgarbata e anche di cattivo umore. Non disse nemmeno buongiorno.

“Cosa fai nel campo così presto?” Chiese sgarbatamente.

“Faccio una passeggiata di piacere”, disse il riccio.

“Una passeggiata di piacere!” Rise la lepre. “Dovrei pensare che sarebbe tutto quello che le tue gambe storte potrebbero fare per portarti dove devi andare”.

Queste parole fecero arrabbiare molto il riccio. Odiava più di ogni altra cosa che qualcuno parlasse delle sue gambe storte.

“Pensi che le tue gambe siano migliori delle mie?” Chiese.

“Certo che sono migliori”, disse la lepre.

“Mettiamolo alla prova”, disse il riccio. “Sono sicuro che se facciamo una gara, io vincerò”. “Che barzelletta!” rise la lepre.

“Pensi davvero di potermi battere in una gara? Se ci riesci, ti darò un nuovo pezzo d’oro brillante”.

“D’accordo”, disse il riccio.

“Cominciamo subito”, disse la lepre, “e corriamo attraverso questo campo”.

“Oh, no”, rispose il riccio. “Non c’è bisogno di tanta fretta. Andrò prima a casa e farò colazione. Tra mezz’ora sarò di ritorno”.

La lepre accettò di aspettare e il riccio se ne andò. Quando arrivò a casa chiamò sua moglie.

“Moglie, moglie”, disse, “Vieni subito al campo con me. Devo fare una gara con la lepre e il premio è un nuovo pezzo d’oro”.

“Hai perso il senno?” Chiese la signora Riccio. “Perché, la lepre può batterti senza provarci”.

“Non dire una parola”, disse il marito. “Vieni con me, e ti mostrerò come intendo vincere”.

Mentre camminavano, disse: “Vedi quel grande campo. La corsa sarà attraverso di esso. La lepre correrà in un solco e io in un altro. Tu devi nasconderti in un solco a questa estremità del campo. Io partirò nello stesso solco all’altra estremità. Quando la lepre si avvicina, alza la testa e dì: Eccomi!”.
Il riccio ora lasciò la moglie e andò al posto dove la lepre stava aspettando.

“Vuoi davvero gareggiare con me?” Chiese la lepre, con una risata sgarbata.

“Sì, in effetti”, disse il riccio. “Ora sono pronto a cominciare”.

Ognuno si mise in un solco. La lepre contò: “Uno, due, tre, – via!” E partì come il vento. Il riccio corse solo pochi passi. Poi si sdraiò nel solco e rimase immobile.

Presto la lepre, a tutta velocità, si avvicinò alla fine del campo. Allora la moglie del riccio alzò la testa e gridò: “Eccomi qui”.

La lepre rimase immobile per lo stupore. La moglie era così simile al marito che non dubitò che fosse il signor Riccio. Eppure pensò: “C’è qualcosa di strano in questo”. Così gridò: “Torniamo di corsa all’altra estremità del campo”.

Corse via così velocemente che le sue orecchie volarono dietro la coda.

Presto raggiunse l’altra estremità del campo. Lì c’era il riccio. Quando vide arrivare la lepre, gridò: “Eccomi qui”.

La lepre era più perplessa e arrabbiata che mai.

“Proviamo di nuovo”, ansimò.

“Molto bene”, disse il riccio, “continuerò per tutto il tempo che vuoi”.

La lepre corse ancora e ancora. Andò su e giù, giù e su per il campo. A un’estremità il riccio disse: “Eccomi qui”. All’altra estremità sua moglie disse lo stesso.

Alla fine la lepre era troppo stanca per continuare a correre. Cadde a terra e capì che aveva perso la corsa.

Il riccio prese il pezzo d’oro brillante. Poi chiamò sua moglie fuori dal solco e tornarono a casa. E se non sono morti, sono ancora in vita.

Tratto da: Grimm’s Fairy Tales
di Jacob Grimm, Wilhelm Grimm