LA FESTA DELL’ IMMACOLATA

L’otto novembre la Chiesa propone ai cristiani da celebrare una delle più belle feste di Maria, quella che ricorda il singolarissimo privilegio che Ella sola fra tutti gli uomini ha ricevuto da dio, di non aver cioè avuta mai neanche per un istante l’anima macchiata di peccato; pel qual privilegio Ella fin dal primo momento di sua concezione fu sempre cara al Signore.
Voi dovete in tal giorno sentir somma compiacenza d’aver per madre una creatura sì santa; voi dovete rallegrarvi con Lei di un privilegio così bello e così raro, donatole da Dio; e voi dovete pregarla a farvi rassomigliare a Lei nella purezza e santità dell’anima.
Questa festa dell’Immacolata non è stata istituita in tempi a noi vicini; oh no, che sebbene non fosse ancora stata definita come dogma dalla Chiesa l’Immacolata Concezione di Maria; pur tuttavia essa veniva venerata con tale glorioso titolo. Nelle Chiese d’oriente l’istituzione di questa festa risale alla più rimota antichità. Non si stabilì però in Occidente che molto più tardi, e si racconta a questo riguardo una pia leggenda riferita dagli Annales Franciscaines di alcuni anni fa, e che anche noi vogliam qui riportare.
Guglielmo il Conquistatore era finalmente giunto ad impadronirsi del regno d’Inghilterra lasciatogli da Edoardo, e applicavasi con tutto l’ardore ad organizzare e ricostituire il suo nuovo Stato, allorchè venne a conoscere che i popoli di Danimarca s’accingevano a rapirgli la sua conquista, e spedì perciò a loro un ambasciatore saggio, prudente e di rara intelligenza. Questo messaggiero aveva la missione di dissuaderli dai loro progetti per mezzo di negoziazioni pacifiche, e Guglielmo intendeva pure che in questa circostanza il suo messaggiero cercasse di penetrare il secreto dei loro disegni, e conoscere le forze di cui potevano disporre.
L’ambasciatore di Guglielmo era un monaco dell’Abbazia di Saint Ouven, tutto devoto e fedele alla sorte del suo principe, e d’una grande santità di vita, e si chiamava Elsingo.
Or questi, dopo di avere con felice risultato compiuta la sua missione, pensava di ritornarsene in Inghilterra presso il suo Sovrano, allorchè il vascello che lo portava, sorpreso in mare da una violenta burrasca, battuto dalle onde, e già mezzo sconquassato dalla tempesta, giusta il sentimento dei marinai medesimi che lo muovevano, non poteva più scampare al naufragio, ed era anzi in procinto di affondarsi.
Persuaso che alcun umano sforzo non poteva liberarlo dal pericolo che sovrastava, l’equipaggio cessò dal lottare cogli elementi, e il vascello senza vele già e senza albero, senza governo e senza pilota, se ne andava a precipizio urtando in tutti gli scogli che erano nascosti sotto le onde, e correva così alla sua distruzione ed alla morte.
Nel mezzo di questa scena straziante, in cui le grida ed i pianti dei passeggieri s’ggiungevano ancora per rendere più spaventevole l’imminente naufragio, l’abate Elsingo se ne stava frattanto calmo, tranquillo e pieno di confidenza. Più preoccupato della salute eterna di quegli sventurati, che del pericolo da cui era minacciato, supplicava con ardore il sovrano arbitro degli umani destini, e la sua misericordiosissima Madre, onde volessero illuminare e fortificare quelle anime abbattute e scoraggiate.
Mentr’egli innalzava perciò al cielo ferventi preghiere, un uomo, all’ aspetto venerabile, e vestito degli abiti pontificali, gli apparve all’improvviso sui flutti del mare, che sembravano obbedirgli e calmarsi sotto i suoi passi. Pieno di timore e di rispetto, Elsingo non osò dapprima rivolgere egli subito la parola a quella maestosa apparizione, ma dopo alcuni minuti d’un solenne silenzio, una voce vibrata e piena d’autorità si fa sentire sopra il rumore della tempesta che mugge; e rivolta ad Elsingo gli dice:
«lo sono mandato a te dalla mia Signora e Sovrana, la Beata Maria Madre di Dio, della quale hai implorato il soccorso con una divozione e con un fervore ch’ Ella vuole subito ricompensare togliendo te e i tuoi compagni alla morte che vi minaccia. Ella vuol fare ancor più; poichè hai avuto tanta fiducia nelle sue sollecitudini, e nel suo soccorso, ella serba a te la gloria di stabilire in Occidente una festa che le è sommamente cara, la festa della sua Concezione.»
Sempre più stupito Elsingo, e giudicandosi indegno d’ essere chiamato all’onore di procurare così la gloria dell’ augusta Sovrana del cielo e della e terra, volendosi assicurare, che la visione non fosse l’effetto d’ una illusione diabolica, domandò:
«In qual giorno dovrassi celebrare questa festa?» Il santo vecchio rispose: «Il sesto giorno prima delle idi di dicembre.» E il santo abbate dimandò ancora: «Dove troverò io l’ufficio che si deve recitare?». «Tu farai recitare l’ uffizio della Natività della B. Vergine sostituendo semplicemente alla parola Natività quella di Concezione». E pronunziando queste ultime parole, la visione disparve.
Elsingo non era ancora ritornato pienamente in sè dallo stupore, misto di confidenza e di timore, allorchè risuonarono attorno a lui gridi di gioia e di allegrezza. Subito il mare si era calmato e divenuto fermo come la superficie d’un lago; in cielo il sole brillava in tutto il suo splendore; il vascello era miracolosamente salvato, e spinto da un vento favorevole, nonostante le molte avarie che aveva sofferto nella burrasca, con rapido corso s’avanzava verso la costa d’Inghilterra.
Quando poterono sbarcare, tutti i marinai e i passeggieri si affrettarono d’esaltare la protezione e la bontà di Maria Santissima, la quale sola aveva potuto scamparli tutti da una morte certa. Il pio Elsingo, dal suo canto, raccontò la visione di cui era stato favorito, e si applicò con ardore a predicare la divota pratica chiesta dalla Madre di Dio. Per una disposizione affatto singolare della divina Provvidenza, e anche forse per causa della predilezione distinta della potente Regina del cielo pel bel paese della Francia, non fu in Inghilterra, ma in Normandia, a Rouen, che fu da principio stabilita. Le Chiese di questa provincia francese l’adottarono tutte con religiosa premura. I vescovi, i sacerdoti, i religiosi gareggiarono fra di loro per propagarla. I cavalieri Normanni la presero per loro speciale protettrice, e con maraviglioso entusiasmo si sforzarono di celebrarla con tutto il fasto e splendore possibile.
Dalla Normandia si estese questa festa rapidamente per tutta la Francia. La diocesi di Lione fu la prima ad adottarla, e qualche tempo dopo, cioè nel 1483, fu poi approvata e solennemente riconosciuta a Roma dal Sommo Pontefice Sisto IV francescano.

Tratto da: La figlia dell’immacolata – 1887

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