IL VIAGGIO DEL ROMITO

Quando il male trionfa, e l’empio mena vanto di sue tristizie alcuni di poca fede sono tentati a dubitare della giustizia infallibile di Dio e della sua Provvidenza: e tuttavia, anche allora che l’innocente è oppresso, colla bontà e la misericordia trionfa sempre la giustizia di Dio.

Una leggenda, che ci viene dalle sponde del Reno, racconta di un vecchio romito, che tutto intento all’orazione e alla penitenza, ebbe una visita dal maligno, che non potendo vincerne la carne, tentò turbarne lo spirito, mettendogli in capo mille dubbi sulla giustizia di Dio.
Se Dio fosse giusto, gli suggeriva il maligno, come avverebbe questa e quell’altra cosa? E Satana gli apriva maliziosamente i Libri Santi ne’ luoghi dove Davide, Giobbe, Salomone ed i profeti si lamentano col Signore di veder i malvagi vestiti di porpora e i buoni nel fango. E gli diceva: Medita!
Il romito meditò; un orribile dubbio venne a turbare la sua anima. Si risolvette ad abbandonare la solitudine per fuggire la tentazione, e per cercare nel mondo delle prove della divina giustizia da opporre a Satana.
Dio ebbe pietà della sua buona intenzione; e quand’egli partì, Satana non ebbe il permesso di tenergli dietro.
Subito ch’ei si pose in cammino, un giovane gentil pellegrino gli si accostò, e udito lo scopo del suo viaggio, gli chiese d’essergli compagno. Quel giovane aveva una grazia che incantava, e il vecchio romito accettò con gioia l’inaspettato soccorso.
Verso sera arrivarono ad un antico castello, e, a chiesta della guida ebbero ospitalità generosa: la castellana e i suoi figli vollero essi stessi servire i pii viaggiatori. Mentre cosi esercitavano un’opera di carità, ecco giunge loro un messaggero con un dono che un nemico di quel signore offriva in pegno di riconciliazione: era una coppa d’oro riccamente cesellata; e pregava bevessero in essa alla pace ristabilita. Se ne fece allegrezza; ciascuno ammirò il dono, che fu collocato sulla tavola per l’indomani al posto del castellano. Quand’essi partirono, furono ricolmi di gentilezze: diceva il castellano donando loro una borsa: Io ho ricevuto un dono, è giusto ch’io doni ad altri.
Ora mentre in cammino benedicevano gli ospiti sì caritatevoli coi poveri pellegrini, qual non fu la sorpresa dell’anacoreta nel vedere il suo compagno trarsi dal seno la magnifica coppa Offerta al castellano, ch’egli prima di partire aveva preso, abusandosi della confidenza che in loro avevano avuto gli ospiti! E gliene faceva ammirare le meraviglie d’arte…
Il romito sdegnato non si contenne: Figlio mio che hai tu fatto? Il giovane sorrise con un sorriso indefinibile che acquietò l’ira del vegliardo, e nascose di nuovo la coppa tra le pieghe del suo mantello.
La seconda notte del loro viaggio furono accolti da un vecchio avaro, borbottone e cattivo, mal vestito, benchè ricco: stavasi seduto sulla sua cassa forte, rifiutò loro un po’ di paglia per dormire, e non fece loro buona cera che al momento della partenza; allora il giovane pellegrino lo ringrazio di sua ospitalità meglio che non avesse fatto al castello, e a titolo di riconoscenza, gli pose nelle mani la coppa tolta al buon castellano.
S’accresceva lo stupore del romito, e pregava il Signore a mettere il pentimento nel cuor del compagno, reo di tali ingiustizie.
Continuando il loro cammino giunsero in un villaggio, e il giovane picchiando alla porta di una casa poverissima chiese da bere.
– Siate benedetti, buoni pellegrini, che venite nel nome del Signore; è una fortuna ricevere que’che Dio ci manda.
Furono serviti.
Ora, erano appena usciti dal villaggio che, rivolgendosi indietro, videro quella casa in fiamme crollare.
Il romito pensava come mai quella disgrazia improvvisa fosse accaduta; non si poteva sospettare di un nuovo misfatto da parte del compagno? e in ogni caso tutto pieno l’animo di amarezza diceva tra sè: Avrebbe forse ragione il diavolo, e non vi sarebbe punto la giustizia di dio quaggiù?
Un silenzio glaciale regnò tra i due compagni di viaggio: attraversarono una fitta boscaglia, e il loro silenzio fu alla fine rotto da alcuni gemiti: de’ gridi di dolore uscivano da una capanna del tutto nascosta fra gli alberi.
S’accostarono, e presso ad un lettuccio, la madre smaniava e piangeva perchè suo figlio era ammalato assai. Il padre immobile, sgomento, guardava senza pianto, ma non pregava.
– Coraggio, povera madre, disse il giovane pellegrino, e prendendo dal tavolo un vaso, lo riempi d’una bevanda dorata, e l’avvicinò alle labbra del piccino.
Subito che quegli n’ ebbe avidamente gustato, ricadde sul suo letto, irrigidite le membra; la morte era stata istantanea.
Il romito tremava: il miserabile suo compagno scherzava co’delitti; che ne avrebbero pensato quella povera gente?
Non s’irritarono; anzi, cosa meravigliosa, il padre disse loro: Bravi pellegrini, il cammino di questa foresta è difficile: potreste capitar male, io vi sarò di guida sino alla città.
Mentre quell’uomo si metteva su di un fragile ponte sopra un abisso, e diceva loro di tenergli dietro senza timore, orrore! il giovane ladro della coppa, quegli che aveva regalato l’avaro, che aveva incendiato la povera casa e avvelenato il bambino innocente afferrava con violenza la mano soccorrevole e spingeva nell’abisso quell’uomo che s’era fatto loro guida!
A tale spettacolo il vecchio romito gettò un gran grido, e gli parve che un fulmine avrebbe dovuto cader dal cielo e incenerire il colpevole.
Ma il cielo era sereno, e il colpevole sorrideva come uomo che abbia fatto una buona azione…
D’un tratto la scena di cambio: nell’istante istesso, in cui si compiva il misfatto, quel giovane si leva circondato da una nuvola risplendente, ed invece sua il romito vede fulgoreggiare l’Arcangelo S. Michele, il cui grido di guerra è: Quis ut Deus!
Egli cade in ginocchio, e si fa velo alla faccia colle mani.
– Qual giustizia è uguale alla giustizia di Dio? gli disse l’Arcangelo. Tu l’hai voluto cercare; ebbene io ti dico che in parte l’hai veduta.
La coppa, ch’io mi tolsi nel castello de’ pii signori, che ci avevano accolti era stata avvelenata dal loro nemico, e l’avaro al quale io la donai qual castigo di sua durezza ha già a quest’ora provato le conseguenze del suo peccato; egli è morto, e nulla del suo tesoro ha portato seco.
La povera gente che per via ci hanno dissetati per amor di Dio, ed a cui io ho bruciato la casupola, ricostruendola troverà sotto le rovine un certo tesoro che sarebbe stato sepolto per sempre: fabbricheranno una casa più grande: è la ricompensa del bicchier d’acqua.
Il bambino che ancora innocente io tolsi dal mondo sarebbe diventato uno scellerato; perchè suo padre, ch’io ho gettato nell’abisso, era un ladrone che nel bosco assassinava i viandanti, e non si era offerto a farci da guida che per urtarci nel precipizio, in cui è ora perito accanto alle numerose vittime di sua scelleratezza.
Avviene cosi assai spesso che ciò che è giusto avanti a Dio, non lo è avanti agli uomini: nessuno sa precisamente se sia un male quello che stima un gran bene: il Padrone della vita nella sua bontà ce ne ha fatto dono, può ben anche ritorcelo o per misericordia o per giustizia, senza che i poveri mortali sappian leggere i motivi de’ suoi inscrutabili decreti.
L’Arcangelo scomparve in mezzo alla nuvola di porpora e di fuoco. Il romito tornò alla solitudine guarito de’ suoi dubbi. Satana non osò più ritornare, e il santo romito morì molti anni dopo, benedicendo Iddio che gli aveva fatto conoscere i tesori di sua giustizia, che non vanno mai disgiunti dai tesori di sua misericordia.


Da: L’ordine della domenica periodico religioso e politico per il popolo
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