Il Tatuato di Birmah

Un uomo, che per la prima volta ha visitato Milano e si è presentato pubblicamente sulle scene del teatro Dal Verme, ha richiamato giustamente sopra di sè l’attenzione di ogni classe di persone, ma specialmente dei medici, per il gran numero e per la finitezza artistica dei tatuaggi eseguiti sulla sua pelle.

Il tatuato, a quanto egli dice, si chiama Giorgio Costantinous, ha 48 anni, è celibe e nacque in Albania. Oltre alla madrelingua (greca), egli parla, benchè scorrettamente, il francese, l’italiano, l’inglese e qualche parola di tedesco: il persiano e l’arabo gli sono famigliarissimi.

La notizia relativa a questi due ultimi idiomi venne confermata in una conversazione, ch’egli ebbe in tali lingue col dot. Pollak medico ordinario dello Schah di Persia, e col dotto orientalista Prof. Muller.

Giorgio Costantinous racconta in varie maniere la storia del suo tatuaggio.

Cinque anni or sono, egli, in compagnia commerciale con undici altri soci, sarebbe stato imprenditore di lavori nelle miniere d’oro della Tartaria Chinese. In una insurrezione di quelle popolazioni, essi, come negozianti, avrebbero fornito armi agli insorti.

Repressa la ribellione, essi sarebbero caduti nelle mani dei vincitori. Nove della società, racconta il Costantino, vennero massacrati; egli e due altri furono condannati al tatuaggio, affinchè fossero in eterno «segnati».

L’uno dei tre soggiacque ai martiri dell’operazione o ad una malattia; il secondo vive acciecato in Honh kong; egli il terzo, fuggì attraverso la China sino ad un porto del mare indiano, donde un bastimento inglese lo trasportò a Manilla; di là nuovamente sino ad Hong Kong e di qui finalmente in Grecia attraverso l’istmo di Suez.

Altre volte egli racconta che, combattendo coi francesi contro i chinesi, venne da questi fatto prigioniero e quindi tatuato.

Quello ch’è certo, e che chiaro risulta da tutte le conversazioni fatte con lui, si è ch’egli conosce esattamente e per pratica propria il Sud-Est dell’Asia.

Il tatuaggio fu eseguito sopra di lui da un solo è medesimo uomo. Mentre quattro uomini robusti lo tenevano fermo e ad ogni tentativo di dibattersi era minacciato di morte, l’artista lavorava ogni mattina per tre ore sul corpo di Costantinous. In capo a tre mesi l’opera era compiuta.

Quest’ultimo dettaglio suona quasi ancor più incredibile di tutti gli altri di questa nuova odissea, se si pone mente alla mole ed alla finitezza artistica del lavoro.

Il tatuato è uomo di alta statura, robusto, di belle forme e ben nutrito. Porta una barba intera di color nero. La sua lunga capigliatura, dello stesso colore, è raccolta sul vertice del capo in due treccie. Se lo si fa montare sopra una sedia dinanzi a sè, egli sembra completamente avvolto in una stoffa turca, tutta tempestata di fantastiche figure. Dalla radice dei capelli sino alle dita dei piedi, la pelle del suo corpo, è totalmente stipata di figure tatuate in azzurro carico, a cui sono frammisti pochi e meno estesi disegni di color rosso-cinabro. Soltanto poche parti del corpo e fra queste la pianta del piede sfuggirono al tatuaggio. Inoltre, gli scarsi e ristretti intervalli, rimasti tra le figure, sono colmati di caratteri tatuati in rosso ed azzurro. Ambedue le superficie della mano portano soltanto dei caratteri, i quali, compresi da una tabella quadrata divisa in aree, occupano anche il palmo della mano, e di qui in forma di linee percorrono longitudinalmente la faccia volare delle cinque dita. Le figure azzurre terminano sul dorso del piede a livello delle articolazioni metatarso-falangee, e di qui decorrono linee di caratteri tatuati in rosso sopra il dorso delle dita fino alle unghie.

Anche alla cute del capillizio e delle regioni barbute della faccia traspariscono attraverso il pelo disegni azzurri.

La fronte porta da ciascun lato della linea mediana figure di belve (pantere), simmetriche e guardantisi. L’interstizio è ricamato di caratteri: le parti delle guancie sprovviste di barba, portano figure stellate azzurre.

Dalla regione iloidea lungo il tronco e gli arti fino alle dita del piede,
il professore Hebra contò 386 figure maggiori,
e quali unite alle figure della fronte danno la cifra complessiva di 388,
così distribuite per le varie regioni del corpo.

Sulla regione del tronco fino alla cintola 50
Sul braccio sinistro . . . . . . . . . . . . . . . . 51
Sul braccio destro . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
Sul dorso fino alla cintola . . . . . . . . . . . 37
Sul collo e sulla nuca . . . . . . . . . . . . . . 8
Sul basso ventre e sulla re. Del bacino 53
Sugli arti inferiori . . . . . . . . . . . . . . . . 137
Più le figure della fronte . . . . . . . . . . 2

I disegni sono tutti eseguiti in azzurro e disposti simmetricamente ad ambo i lati della linea mediana: per esempio: nella regione anteriore del torace d’ambo i lati due sfingi coronate, due serpenti, due elefanti, due cigni; nello spazio mediano un uccello simile al gufo reale.

Le figure in genere rappresentano: sfingi con corone sul capo, scimmie, leopardi, gatti, tigri, aquile, cicogne, cigni, gufi, rane, pavoni, moleagridi, serpenti, uomini, donne, pantere, leoni, elefanti, coccodrilli, salamandre, draghi, pesci, gazzelle, conchiglie, chiocciole, oggetti d’ogni specie, archi, turcassi, freccie, frutta, foglie, fiorI.

I caratteri del palmo della mano furono riconosciuti per birmani dal professore Müller.

I pochi e piccoli tratti di cute, che come interstizii di caratteri rimasero esenti da tatuaggio, appariscono di colorito normale. Del resto qui, come pure sopra le stesse figure, la cute è completamente liscia, fine e sollevabile in pieghe. Le ghiandole non si presentano in verun luogo tumefatte. La traspirazione cutanea è buona.

Le singole figure sono di una notevole finitezza artistica di disegno, la quale traspare sia dalle linee elementari, che dall’armonico tutto. Le figure risultano di singole superficie, grandi ciascuna come la testa d’uno spillo, colorate in azzurro per le figure e la maggior parte dei caratteri od in rosso per i caratteri nei luoghi indicati: il centro di queste piccole chiazze appare come un infondiboletto, grande quanto la punta d’un ago, biancastro, e simile ad una cicatrice, il quale carattere è importante perchè corrisponde al meccanismo del tatuaggio. Da certuni, non medici, infatti si è voluto che le figure fossero dovute n on a tatuaggio, ma ad un processo di corrosione: errore, il quale non è compatibile che con una completa ignoranza della struttura anatomica della cute. Le superficie rosse, del pari che le azzurre, mostrano una tinta equabilmente diffusa e si ritiene per questo che provengano entrambe da succhi vegetali.
Presso di noi, invece, i tatuaggi vengono operati con sostanze minerali: in azzurro mediante polvere da fuoco o di carbone, in rosso mediante il cinabro.

È interessante quanto il Costantinos riferisce circa allo strumento che servì al tatuaggio. Secondo lui, esso consiste in una matita d’ottone lunga circa 5′′. grossa superiormente 8′′. e terminata inferiormente a punta: questa resta divisa in due per una fessura, la quale si allarga verso l’insù, precisamente come nelle nostre penne d’acciaio. Sopra questa punta già per sè stessa pesante, egli descrive due astucci di ferro, lunghi ciascuno 5′′. e sovrapposti l’uno all’altro, cosicchè lo strumento ha la lunghezza di quasi 15′′. ed un discreto peso.

Ora colui, che eseguisce il tatuaggio, afferrata la matita coll’indice e col pollice della mano sinistra ravvicinati e posti di fronte, e come se fosse una lancetta a grano d’orzo, la immerge nella cute, dandole colle dita accennate, fermezza e direzione. Il peso dello strumento permette da parte sua che esso venga introdotto facilmente, e rapidamente e provvede d’altronde a che esso penetri sempre nella cute alla stessa profondità.

La sostanza colorante liquida viene trattenuta dalla fessura della punta della matita e defluisce tosto che se ne porti la punta entro alla cute. Considerando lo strumento e il tecnicismo impiegato, riesce più facilmente comprensibile che una persona molto esercitata abbia potuto condurre a termine in tre mesi così numerosi ed eleganti tatuaggi.

Articolo tratto da: L’emporio pittoresco giornale settimanale
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