Banshee o bean-sídhe

di John O’Hanlon

Una banshee o bean-sídhe è uno spirito femminile nella mitologia irlandese che preannuncia la morte di un membro della famiglia, di solito piangendo, strillando o lamentandosi. Il suo nome è collegato ai “tumuli” mitologicamente importanti che punteggiano la campagna irlandese, che sono conosciuti come síde nell’antico irlandese. (da wiki).

Se leggeremo questo racconto di John O’Hanlon che ci narra dal lontano 1870, capiremo la funzione della banshee e come si presentava, in questo caso per il clan O’Carrol’s. Sì dice che la banshee “lamentano” solo i discendenti del puro casato Milesian d’Irlanda, a volte meglio precisato per i cognomi prefissati con O ‘e Mac.

O’CARROLL’S BANSHEE E IL CASTELLO TERRYGLASS.

“Ascolta, ascolta! Sulle ali del vento notturno
Spazza via, nei suoi toni mortali, lo stridulo lamento della Banshee!
Hark! Ascolta! agli echi che purtroppo si prolungano
Quelle note terrificanti del dolore, la sua canzone malinconica!
Dalle profondità della tomba, dalle tenebre dell’inferno,
Il fantasma esce con il suo incantesimo di morte;
Per il bagliore del suo occhio scuro, il sibilo del suo respiro,
Ma annuncia l’arrivo del dolore e della morte!”.

Una leggenda bella e affascinante, chiamata “La Banshee”, compare nelle Leggende di Connaught.
Lì una creatura vivente e un maniaco erano stati sconsideratamente presi di mira e uccisi da un soldato, si ebbe l’impressione che fosse stato sotto l’effetto di un essere soprannaturale della specie Banshee. In questo caso particolare, tuttavia, non sembra che la figura e la voce caratteristica della Banshee siano state scoperte.
La Banshee, o “donna bianca”, a volte è chiamata Shee-Frogh, o “house-fairy”.
È rappresentata come una donna piccola e raggrinzita e vecchia, a volte comunque giovane e bella, con lunghi capelli biondi. Questa è spesso vista mentre si pettina, mentre riversa le tensioni più sfrenate e sorprendenti di melodia penetranti dell’anima.
Si suppone che una Banshee annunci la scomparsa immediata dei membri appartenenti a certe vecchie famiglie irlandesi. E’ sempre osservata da sola, e in uno stato d’animo malinconico, quando si trova vicino alla casa della persona condannata.

In vari casi, si ritiene che la Banshee sia stata il fantasma di una persona che in precedenza aveva subito violenza da un progenitore di famiglia. Ripete il suo lamento vendicativo, da un punto particolare, mentre annuncia l’avvicinarsi della morte ai suoi discendenti. Che sia un’amica o un nemico della famiglia a cui è stato trasmesso il suo avvertimento, sembra indefinito e incerto. Il suo grido spesso proviene da una sorgente, un fiume o un lago, con cui il suo nome è collegato.
Tra le tradizioni delle Highlands scozzesi si fa menzione spesso dei Glas Bodach, o del Vendicatore del Gray Spectre. Sembra di specie affini con la Banshee, e doveva apparire alla vigilia di una grande calamità imminente al discendente di quel capo, che era stato colpevole di aver tolto la vita a un altro essere.
Sappiamo tutti che buon uso drammatico di Sir Walter Scott fa di questo fantasma, nel suo romanzo di Waverley, quando il nobile capo di Glennaquoich, Fergus Mac-Ivor Vich Ian Vohr, vede questo spirito malvagio alla vigilia della sua prigionia, e di nuovo nella notte precedente alla sua esecuzione.
Le acque superiori di Lough Derg, sullo Shannon, sono sovrastate dal castello in rovina di Terryglass e dai suoi quattro bastioni circolari, ai quattro angoli delle massicce mura.
Questi sono di spessore immenso; ma, è abbastanza evidente, non raggiungono un terzo della loro precedente altezza.
In una bella giornata ventilata in autunno, le acque agitate di Lough Derg rotolano insieme, a ogni direzione dei venti, e le onde battono le rive, a poca distanza dalle fondamenta di questo imponente fortilizio.
Si chiama “Old Court”, dalle genti di campagna. La porta si aprì verso lo Shannon, e vicino a esso è entrato uno dei bastioni d’angolo. Una scala di pietra circolare, rotta e tortuosa, ma relativamente larga conduce il visitatore al livello superiore delle mura del castello di Terryglass; ed è abbastanza possibile camminare sopra la loro parte superiore coperta d’erba, specialmente se non prevale la brezza rigida, e se l’avventuriero è attivo e forte di nervi. Potrebbe quindi guardare in basso sul piano terra dell’edificio, che è quasi quadrangolare. Uno spesso muro divisorio separa l’interno in due divisioni quasi uguali.

Mentre il visitatore raggiunge ogni angolo della fortezza, sulla sua strada, può vedere bastioni interni circolari sotto di lui, in uno stato perfettamente perfetto, con vecchi arbusti di sambuco o spinosi che crescono nel terreno inferiore, mentre le finestre strette ad anello sull’esterno sono divaricate verso l’interno, riescono a illuminare fiocamente i vari compartimenti.
L’intera fortezza poggia su una fondazione di roccia calcarea; mentre i ricchi prati, pascoli, campi di grano e recinti di spine aggrovigliati, si estendono, o s’inclinano dolcemente verso il basso per le acque di Lough Derg.
Oltre l’ampio lago esteso, si possono vedere i boschi confinanti del demanio di Lord Clanricard, con i vecchi e nuovi castelli e le case di Portumna. Ancora più lontano, le cime blu delle montagne Claro si estendono a sud e a ovest, in ogni varietà e profondità di ombra, al di sotto i cieli più chiari. Intorno al castello di Terryglass le pareti inferiori si allargano vicino alle fondamenta e s’inclinano verso l’interno fino a una certa altezza, così da rafforzare notevolmente la loro sovrastruttura, nello stile di costruzione militare moderno approvato. Canescenti e scalcinati sono i resti, soffocati intorno con rovi e arbusti. Tuttavia presentano tracce di grandezza e vastità; né possiamo dubitare, che in passato questa fortezza signorile sollevasse i suoi parapetti in aria, e guardasse con orgoglio accigliato l’ampia vista di Lough Derg e il suo paesaggio circostante.

In tempi ormai remoti, un capo di nome O’Carroll, con i suoi servitori militari, teneva le sale della “Old Court”. Come al solito dentro quelle mura, un intrattenimento serale si era appena concluso con le danze e le canzoni praticate a quei tempi; e l’anziano arpista, che aveva estratto gli ultimi toni dal filo del suo clairseach, (Celtic harp) si ritirò per riposare, e i guardiani della notte presero posto sulla torre più alta, per vigilare e sorvegliare.
O’Carroll aveva ordinato che la sua barca con il guardaboschi, il cacciatore e due membri del clan di Stalworth, di essere pronti la mattina dopo, un’ora prima dopo la colazione, sulle rive del Lough Dearg.
Propose di fare una remata fino alla riva inferiore di Thomond, in visita a uno degli O’Brien.
Il sole si levò luminoso, e il giorno fu perfettamente sereno, mentre sfrecciavano sulla superficie luccicante dell’ampio lago. Ben presto la barca sembrò un puntino in mezzo alle acque e, con una vogata ben delineata, i viaggiatori approdarono su una lontana penisola.
Il ritorno del capo era previsto per la sera successiva. Ma mentre il guardiano si preparava per la sua ronda notturna, e prima che la gente nella vecchia corte avesse cercato di riposare, si udì un lamento forte, penetrante, ultraterreno, pare provenire, per così dire, dalle acque più vicine di Lough Dearg. Esso congelò il cuore con terrore; mentre i custodi del castello correvano verso ogni finestra ad anello sul piano superiore, e perfino sul tetto, per accertarsi da dove provenisse questo lamento.

La luna era appena apparsa e diffondeva una luce dolce sul paesaggio circostante, portando ogni oggetto in sufficiente risalto. Ben presto gli spettatori osservarono una bella figura femminile, vestita di bianco, con lunghe ciocche fluttuanti che le scorrevano sulle spalle, che scivolava lentamente sulla chiara superficie del lago sottostante, mentre la lagna funebre diventava ogni momento più debole, finché, alla fine, morì in lontananza.
Anche la figura si dissolse, come una delle ombre notturne che passano. La gente, che aveva sentito e osservato questa sconosciuta visitatrice per un po’ di tempo, si guardò in un muto stupore, o sfogò esclamazioni di meraviglia e presagi. “Senza dubbio è la Banshee di O’Carroll, ” gridò uno di loro; “e temo che qualche triste incidente causerà presto la morte del nostro capo!”
Con ansia intensa, la mattina dopo, tutti gli occhi erano diretti verso le lontane rive di Thomond. Una barca era stata anche spedita là, ad un’ora presto, a causa delle informazioni ricevute dallo strano portento. Ma era troppo tardi per trasmettere avvertimenti al capo, nel cui destino i suoi membri del clan erano dolorosamente interessati.
Verso la mezzanotte del giorno prima, tra O’Carroll e un signore del clan O’Brien sorse uno sfortunato equivoco, si supponeva che un insulto fosse stato trasmesso e nulla avrebbe soddisfatto la parte offesa, se non l’arbitraggio di un passaggio alle armi.
Ogni sforzo fu fatto da amici comuni per prevenire un simile risultato, ma senza alcun effetto. Entrambi i combattenti insistettero per porre fine al dissapore – sul prato davanti al castello di O’Brien – prima dell’alba.
Gli abili e coraggiosi spadaccini brandirono per qualche tempo le loro fidate armi in attacco e difesa; ma il sospettoso O’Brien s’impadronì di un momento incustodito e l’istante successivo fece scorrere la sua spada nel cuore di quell’avversario coraggioso con cui si contendeva. Il Castellano di Terryglass cadde senza vita a terra.
I suoi membri del clan, in preda al lamento e al dolore, portarono il corpo mortale del loro capo verso la barca; e, con tristezza di cuore, si distesero ai remi, finché non remarono sul lago.
Non appena furono scorti sull’acqua, molte persone si allinearono sulla riva di Terryglass, aspettando con impazienza il loro ritorno.
Il dolore e il lamento erano espressi ad alta voce e per l’ira nel vedere il pallido cadavere di O’Carroll e nell’udire l’inaspettata causa del suo inopportuno destino.
Il corpo fu portato a Old Court. Dopo che i lamenti furono cantati, e le cerimonie funebri debitamente organizzate, i resti furono portati nel vicino cimitero di St. Columba Mac Crimthannan. Qui furono consegnati alla terra, un’immensa affluenza di parenti e servitori piangenti che circondavano la sua tomba, al momento e al luogo di sepoltura.

Tratto dal libro: Irish folk lore: traditions and superstitions of the country: with humorous tales by “lageniensis” the pseudonym of John O’Hanlon.

Questo racconto di Di Thomas Crofton Croker, ci fa avvicinare meglio alle origini delle informazioni che poi troviamo succintamente scritte nei vari siti. Così ognuno può farsi un’idea senza la mediazione fatalmente interpretata di qualcun’altro.

Il Reverendo Charles Bunworth e la Banshee

Il reverendo Charles Bunworth era rettore di Buttevant, nella contea di Cork, verso la metà del secolo scorso. Era un uomo dalla pietà spontanea e di solida cultura; puro di cuore e benevolo nelle intenzioni.
Dai ricchi era rispettato, e dai poveri amato; né una differenza di credo impediva di guardare al “ministro” (così fu chiamato da loro Mr. Bunworth) in questioni di difficoltà e in periodi angusti, sicuro di ricevere da lui i consigli e l’assistenza che un padre si permetterebbe ai suoi figli.
Era amico e benefattore del paese circostante a lui, dalla vicina città di Newmarket, venivano sia Curran che Yelverton per ricevere consigli e istruzioni, prima del loro ingresso al Dublin College.
Giovani, indigenti e inesperti, questi uomini, in seguito eminenti, ricevettero da lui, oltre al consiglio che cercavano, un aiuto pecuniario; e la brillante carriera che fecero, giustificò il discernimento del donatore.
Ma ciò che estendeva la fama di Mr. Bunworth ben oltre i limiti delle parrocchie adiacenti alla sua, era la sua esibizione sull’arpa irlandese, e la sua ospitale accoglienza e intrattenimento dei poveri arpisti che viaggiavano di casa in casa per il paese.
Grati al loro protettore, questi menestrelli itineranti cantarono le sue lodi con il pizzicante accompagnamento delle loro arpe, invocando in cambio abbondanti benedizioni sulla sua testa bianca, e celebrando nei loro versi grezzi il fascino in fiore delle sue figlie, Elisabetta e Maria.
Era tutto quello che potevano fare, questi poveri compagni; ma chi poteva dubitare che la loro gratitudine fosse sincera, quando, al momento della morte del signor Bunworth, non meno di quindici arpe furono depositate sul solaio del suo granaio, lasciate in eredità dagli ultimi membri di una razza che ora ha cessato di esistere.
Insignificanti, senza dubbio, un valore intrinseco erano queste reliquie, eppure c’è qualcosa nei doni del cuore che merita la conservazione; e si deplorò che, quando morì, queste arpe si spezzassero una dopo l’altra, e che fossero usate come legna da ardere da un ignorante seguace della famiglia, che, al loro trasferimento a Cork per un temporaneo cambiamento di luogo, fu lasciato a capo della casa.
Le circostanze relative alla morte di Mr. Bunworth possono essere messe in dubbio da alcuni; ma ci sono ancora testimoni credibili viventi che dichiarano la loro autenticità e che possono essere prodotte per attestare la maggior parte, se non tutti i seguenti dettagli.

Circa una settimana prima della sua scomparsa, e all’inizio della sera, si udì un rumore alla porta d’ingresso che assomigliava alla tosatura delle pecore; ma all’epoca non si prestò particolare attenzione. Erano quasi le undici di quella stessa sera, quando Kavanagh, il mandriano, tornò da Mallow, dove era stato mandato nel pomeriggio per qualche medicina, e fu osservato da Miss Bun a cui era stato consegnato il pacco, che era molto agitato. In quel momento, si deve osservare che suo padre non era affatto considerato in pericolo.
“Qual è il problema, Kavanagh?” chiese la signorina Bunworth: ma il povero ragazzo, con uno sguardo confuso, esclamò solo: “Il padrone, signorina – il maestro – sta andando via da noi”; e, sopraffatto dal vero dolore, scoppiò in un diluvio di lacrime.
La signorina Bunworth, che era una donna dai forti nervi, indagò se qualche cosa avesse imparato a Mallow che lo inducesse a supporre che suo padre stesse peggiorando.
“No, signorina”, disse Kavanagh; ” non era a Mallow”.
“Kavanagh, ” disse Miss Bunworth, con quella maestosità di modi per cui si dice che fosse notevole, “temo che tu abbia bevuto, il che, devo dire, non me lo aspettavo in un momento come questo, quando era tuo dovere essere sobrio, – pensavo di fidarmi: – cosa avremmo dovuto fare se avessi rotto la bottiglia della medicina, o l’avessi persa? Perché il dottore ha detto che era della massima importanza che il tuo padrone doveva prendere la medicina stasera, ma ti parlerò la mattina, quando sarai in uno stato più adatto a capire quello che dico”.
Kavanagh alzò lo sguardo con una stupidità di aspetto che non serviva a togliere l’impressione di essere ubriaco, poiché i suoi occhi sembravano pesanti e opachi dopo il diluvio di lacrime, ma la sua voce non era quella di una persona ubriaca.
“Signorina, ” disse lui, “come spero di ricevere misericordia qui in seguito, né un boccone né un sorso hanno passato le mie labbra da quando ho lasciato questa casa: ma il maestro”.
“Parla piano”, disse Miss Bunworth; “dorme, e sta andando avanti così bene come potremmo aspettarci.”
“Lode a Dio per questo, in ogni modo, ” rispose Kavanagh; “ma oh, signorina, sta sicuramente venendo da noi – lo perderà – il padrone – lo perderemo, lo perderemo!” e si strinse le mani.
“Cosa vuoi dire Kavanagh?” chiese la signorina Bunworth.
“Cosa significa?” disse Kavanagh: “La Banshee è venuta per lui, signorina, ed io non sono il solo che l’ha sentita”.
“È una vana superstizione”, disse Miss Bunworth.
“Può essere così, ” rispose Kavanagh, come se le parole “vana superstizione” suonassero solo sul suo orecchio senza raggiungere la sua mente. “Può essere così”, ha continuato; “ma mentre attraversavo la valle di Ballybeg, lei era insieme a me che si lamentava, strillava e batteva le mani, al mio fianco, ogni passo della strada, con i suoi lunghi capelli bianchi che cadevano sulle sue spalle, e potevo sentirla ripetere il nome del padrone di tanto in tanto, più chiaro che mai l’ho sentito. Quando arrivai alla vecchia abbazia, si staccò da me e si diresse verso il campo di piccionaia vicino al terreno di raccolta, e avvolgendosi il mantello attorno a sé, si sedette sotto l’albero colpito dal lampo, e cominciò a strillare così amaramente, che ha attraversato il cuore per sentirlo”.
“Kavanagh, ” disse Miss Bunworth, che aveva, comunque, ascoltato attentamente questa relazione straordinaria, “mio padre è, credo, stia migliorando, e spero che presto sarà in grado di convincerti che tutto questo è solo frutto della tua fantasia, tuttavia, ti chiedo di non menzionare ciò che mi hai detto, perché non è questa l’occasione per spaventare i tuoi compagni di servizio con la storia”.

Mr. Bunworth deperì gradualmente; ma nulla di particolare accadde fino alla notte precedente alla sua morte: quella notte entrambe le sue figlie, sfinite dalla continua presenza e dalla sorveglianza, furono indotte nel cercare un po’ di riposo; e una signora anziana, una parente vicina e amica della famiglia, rimase accanto al capezzale del padre.
Il vecchio signore si stendeva nel salotto, dove era stato rimosso la mattina, su sua richiesta, e il cambiamento gli avrebbe procurato sollievo; e la testa del suo letto era posizionata vicino alla finestra. In una stanza adiacente sedevano alcuni amici maschi e, come al solito in simili occasioni di malattia, in cucina si erano radunati molti dei seguaci della famiglia.
La notte era serena e al chiaro di luna, l’uomo malato dormiva, e nulla ruppe l’immobilità del loro malinconico orologio, quando il piccolo gruppo nella stanza adiacente al salotto, la cui porta era aperta, fu improvvisamente svegliata da un suono proveniente dalla finestra vicino il letto: un roseto si allargò fuori dalla finestra, così vicino da toccare il vetro; questo fu spostato in disparte con un po’ di rumore, e si udì un basso gemito, accompagnato da un battito di mani, come da una donna in profonda afflizione. Sembrava come se il suono provenisse da una persona che teneva la bocca vicino alla finestra.
La signora che sedeva accanto al letto del sig. Bunworth entrò nella stanza adiacente, e con un tono di allarme, domandò ai signori lì, se avessero sentito la Banshee?
Scettici di apparizioni soprannaturali, due di loro si alzarono in fretta e uscirono alla scoperta della causa di questi suoni, che avevano anche sentito distintamente. Camminarono intorno alla casa, esaminando ogni punto del terreno, in particolare vicino alla finestra da cui era provenuta la voce; il letto di terra sottostante, in cui era stato piantato il roseto, era stato scavato di recente, e lo stampo di un passo – se l’albero era stato forzato da parte con la mano mortale – sarebbe inevitabilmente rimasto; ma non potevano percepire tale impressione; e una quiete ininterrotta regnava.
Sperando di dissipare il mistero, continuarono la loro ricerca ansiosamente lungo la strada, dalla retta via e dalla luce della notte, fu loro permesso di vedere un po’ di distanza intorno a loro; ma tutto era silenzioso e deserto, e tornarono sorpresi e delusi. Quanto più si stupivano nell’apprendere che per tutto il tempo della loro assenza, coloro che rimanevano all’interno della casa avevano sentito il lamento e il battito delle mani ancora più forte e più distinto di prima che fossero usciti; e non appena la porta della stanza si chiuse su di loro, allora sentirono di nuovo gli stessi lugubri suoni! A ogni ora successiva il malato peggiorò e, quando apparve il primo squarcio del mattino, il signor Bunworth spirò.

Tratto dal libro: Fairy Legends and Traditions of the South of Ireland Di Thomas Crofton Croker del 1834.


Mac Carthy e la Banshee

Di Thomas Crofton-Croker

La famiglia di Mac Carthy ha posseduto per alcune generazioni una piccola proprietà nella contea di Tipperary. Sono i discendenti di una stirpe, una volta numerosi e potenti nel sud dell’Irlanda; e sebbene sia probabile che la proprietà che attualmente detengono non faccia parte delle grandi proprietà dei loro antenati, tuttavia il distretto in cui vivono è così collegato al nome di Mac Carthy da quei sodalizi che non sono mai dimenticati in Irlanda, cosicché hanno conservato con tutti i ranghi una specie d’influenza molto più grande di quella che la loro fortuna o relazioni potrebbe altrimenti dare loro.
Sono, come la maggior parte di questa classe, della fede cattolica romana, a cui aderiscono con un po’ dell’orgoglio della stirpe, mescolati con qualcosa, chiamiamolo ciò che vuoi, se bigottismo o senso dell’ingiustizia, che deriva da ripetute diminuzioni dei loro beni di famiglia, durante i periodi più rigorosi delle leggi penali.
Essendo una vecchia famiglia, e soprattutto essendo una vecchia famiglia cattolica, hanno ovviamente la loro Banshee; e le circostanze in cui ha avuto luogo l’apparizione, di cui mi riferirò, di questo misterioso precursore della morte, mi furono raccontate da un’anziana signora, una loro vicina, che conosceva molte delle parti interessate e che, sebbene non sia carente nella comprensione o nell’istruzione, non può essere intesa oggi per dare un’opinione decisiva sulla verità o l’autenticità della storia.
La semplice deduzione da trarre di questo fatto è che lei ci crede, anche se non ha prove; e poiché lei era una coetanea delle persone interessate – così ha sentito il racconto di molte persone nello stesso periodo, tutte concordanti nei particolari importanti – come alcune delle sue presenze erano esse stesse attrici nella scena – e poiché nessuna delle parti era interessato a parlare di ciò che era falso; Penso che abbiamo una buona prova del fatto che il tutto è innegabilmente vero come abbiamo di molte narrazioni della storia moderna, che potrei nominare, e che molte persone austere e sobrie considererebbero un grande pyrrhonism da mettere in discussione.

Questo, tuttavia, è un punto che non è la mia competenza a determinare.
Le persone che trattano storie di questo tipo devono accontentarsi di comportarsi come certi giovani politici, che raccontano molto liberamente ai loro amici quello che sentono al tavolo di un grande uomo; non colpevoli dell’impulsività di soppesare le dottrine, e lasciandole ai loro ascoltatori per poterle capire in qualsiasi senso, o in nessun senso, proprio come a loro potrebbero piacere.

Charles Mac Carthy era, nell’anno 1749, l’unico figlio sopravvissuto di una famiglia numerosa. Suo padre morì quando aveva poco più di venti anni, lasciandogli la tenuta Mac Carthy, non molto gravata, considerando che era irlandese. Charles era allegro, bello, libero dalla povertà, o da un padre o da guardiani, e quindi non aveva, all’età di venti e trenta anni, uno schema di regolarità e virtù.

In parole povere, era un tipo estremamente dissipatore – e temo di poter dire un giovane debosciato. I suoi compagni erano, come si può supporre, delle classi superiori della gioventù nel suo quartiere e, in generale, di quelli le cui fortune erano più grandi delle sue, le cui disposizioni al piacere erano quindi ancora meno restrittive, e nel cui esempio ha trovato subito un incentivo e delle giustificazioni per le sue irregolarità.

Inoltre, l’Irlanda, un luogo fino a oggi non molto degno di nota per la flemma e saldezza della sua gioventù, era allora uno dei paesi più economici del mondo nella maggior parte di quelle condizioni che forniscono denaro per l’indulgenza delle passioni.

L’odioso gabelliere, con il suo libro portentoso in una mano, la penna inesorabile tenuta nell’altra, o infilato sotto la sua fascia da cappello, e la bottiglia d’inchiostro (“emblema nero dell’informatore”) che penzolava dal bottone del suo gilet, andò non poi da birra a birra (da taverna in taverna), denunciando tutti quei patriottici di alcool, che preferivano vendere whisky, che non aveva nulla a che fare con le leggi inglesi (ma per eluderle), al commercio di quel liquore velenoso, che derivava il suo nome dal “Parlamento” britannico, che ha costretto la sua circolazione tra un popolo riluttante.

O se il daziere – che registrava – angelo della legge – che scrisse il peccatuccio di un oste, fece cadere una lacrima sulla parola e la cancellò per sempre! Perché, benvenuti alle tavole dei loro vicini ospitali, i guardiani delle accise, dove esistevano, scrupolosi per sopprimere quei lussi che condividevano liberamente; e quindi la concorrenza nel mercato tra il contrabbandiere, che ha avuto pochi rischi, e il commerciante equo e semplice, che godeva di poca protezione, rendeva l’Irlanda, una terra in cui scorreva non solo latte e miele, ma whisky e vino. Nei divertimenti forniti da questi, e nei molti piaceri affini ai quali la giovinezza fragile è troppo incline, Charles Mac Carthy si abbandonò a tal punto, che proprio nel momento in cui aveva completato il suo venticinquesimo anno, dopo una settimana di grandi eccessi, fu colto da una febbre violenta, quanto maligna, e per la debolezza della sua struttura, non lasciò quasi sperare nella sua guarigione.

Sua madre, che all’inizio aveva fatto molti sforzi per controllare i suoi vizi, e alla fine era stata costretta a guardare i suoi rapidi progressi verso la rovina nella silenziosa disperazione, a guardare giorno e notte il suo cuscino.
L’angoscia del sentimento dei genitori si mescolava a quella miseria ancora più profonda che sanno solo chi ha cercato con forza di allevare in virtù e devozione un amato e prediletto bambino; l’hanno fatto crescere con tutto ciò che il loro cuore poteva desiderare, fino a raggiungere la virilità; e poi, quando il loro amor proprio era più alto, e le loro speranze quasi terminate nel soddisfacimento delle loro più affettuose aspettative, hanno visto questo idolo dei loro affetti precipitare a capofitto in un percorso d’imprudente incoscienza e, dopo una rapida carriera di vizio, aggrapparsi al limite dell’atemporalità, senza il piacere o il potere del pentimento.
Pregava con fervore che, se la sua vita non potesse essere risparmiata, almeno il delirio, che continuava con l’aumentare della violenza fin dalle prime ore del suo disordine, potesse svanire prima della morte, e lasciare abbastanza luce e calma per riappacificarsi con il Cielo offeso.
Dopo diversi giorni, tuttavia, l’animo sembrava abbastanza esausto, e lui affondò in uno stato troppo simile alla morte per essere scambiato per il riposo del sonno.
La sua faccia era così pallida, con aspetto lucido, marmorea, che è in generale un sintomo così sicuro che la vita abbia lasciato la sua dimora d’argilla.
I suoi occhi erano chiusi e affondati; le palpebre avevano quell’aspetto compresso e irrigidito che sembrava indicare che una mano amica avesse fatto il suo ultimo ufficio. Le labbra, semichiuse e perfettamente cineree, scoprivano solo così tanto dei denti da dare ai lineamenti della morte il loro aspetto più orribile, ma più impressionante.
Lei si sdraiò sulla schiena, con le mani distese accanto a lui, del tutto immobile; come una madre confusa, dopo ripetute prove, potrebbe scoprire non il minimo segno di animazione. Il medico che attendeva, dopo aver provato le solite modalità per accertare la presenza della vita, dichiarò infine la sua opinione che era “andato via, ” e si preparò a discostarsi dalla casa del lutto.
Il suo cavallo fu visto arrivare alla porta. Una folla di persone raccolte davanti alle finestre o disperse in gruppi sul prato davanti si radunò quando la porta si aprì. Questi erano inquilini, affidatari e parenti poveri della famiglia, con altri attratti dall’affetto, o da quell’interesse che partecipa alla curiosità, ma è qualcosa di più, e che raccoglie i ranghi più bassi intorno a una casa in cui un essere umano è nel suo passaggio in un altro mondo.
Videro l’uomo professionale uscire dalla porta della sala e avvicinarsi al suo cavallo; e mentre lentamente, con aria malinconica, si preparava a montare, si raggrupparono attorno a lui con sguardi curiosi e desiderosi.
Non una parola fu detta; ma il loro significato non poteva essere frainteso; e il medico, quando fu salito in sella, e mentre il servo stava ancora tenendo le briglie, come per ritardarlo, e stava guardando con ansia il suo viso, come se si aspettasse che avrebbe alleviato la suspense generale, scosse la testa e disse sottovoce: “È tutto finito, James; ” e si allontanò lentamente.
Nel momento in cui aveva parlato, le donne presenti, che erano molto numerose, emisero un grido acuto, che, essendo stato sostenuto per circa mezzo minuto, cadde improvvisamente in un lamento pieno, acuto, continuo e discordante ma lamentoso, sopra il quale a volte erano uditi i profondi suoni della voce di un uomo, a volte singhiozzando, a volte in esclamazioni più distinte di dolore.
Questo era il fratello adottivo di Charles, che si muoveva tra la folla, ora battendo le mani, ora strofinandole insieme in un’agonia di dolore. Il povero ragazzo era stato compagno di giochi e compagno di Carlo quando era un ragazzo, e in seguito il suo servo; era sempre stato distinto dal suo particolare riguardo, e amava il suo giovane maestro, almeno, quanto lui, che faceva la sua stessa vita.
Quando la signora Mac Carthy si convinse che il colpo era stato affettivamente inferto, e che il suo amato figlio fu mandato al suo capolinea, anche nel fiore del suo peccato, rimase per qualche tempo a fissare con fermezza i suoi lineamenti freddi; poi, come se qualcosa avesse improvvisamente toccato la corda dei suoi più teneri affetti, lacrima dopo lacrima le colò lungo le guance, pallida per l’ansia e per l’osservazione.
Continuò a guardare suo figlio, apparentemente incosciente, così stava piangendo, senza mai sollevare il fazzoletto dai suoi occhi, fino a ricordare i tristi doveri che l’usanza del paese le imponeva, della folla di femmine appartenenti alla classe migliore dei contadini, che ora, gridando in modo udibile, riempiva quasi l’appartamento.
Poi si è ritirata, per dare le istruzioni per la cerimonia di veglia e per rifornire i numerosi visitatori di tutti i ranghi con rinfreschi che in queste occasioni malinconiche di solito si usano.
Benché la sua voce non fosse udita che a malapena, e sebbene nessuno la vedesse tranne i servi e uno o due vecchi seguaci della famiglia, che la assistevano nelle necessarie disposizioni, tutto fu condotto con la massima regolarità; e anche se non si sforzò di controllare la sua pena, non sospese mai l’attenzione, ora più che mai necessaria per mantenere l’ordine nella sua famiglia, che, in questo momento di sventura, senza di lei sarebbe stato di smarrimento.
La notte era abbastanza avanzata; i lamenti chiassosi che avevano prevalso durante una parte della giornata dentro e intorno alla casa avevano dato luogo a una solenne e dolente immobilità; e la signora Mac Carthy, il cui cuore, nonostante la sua lunga fatica e la sua attenzione, era ancora troppo dolorante per il sonno, era inginocchiata in una fervente preghiera in una camera adiacente a quella di suo figlio: improvvisamente le sue devozioni furono disturbate da un rumore insolito, proveniente dalle persone che stavano intorno al corpo.
Prima ci fu un leggero mormorio – poi tutto tacque, come se i movimenti di quelli nella camera fossero stati controllati da un improvviso panico – e poi un forte grido di terrore esplose da tutti dentro: – la porta della camera fu spalancata, e tutti quelli che non erano caduti nella prèssa si precipitarono selvaggiamente nel passaggio che portava alle scale e in cui la stanza della signora Mac Carthy si apriva.
La signora Mac Carthy si fece largo tra la folla fin nella camera di suo figlio, dove lo trovò seduto nel letto, che stava guardandosi intorno in modo vacuo, come uno che si è alzato dalla tomba. L’alone proiettato dai suoi lineamenti affossati e la sua struttura sottile incorniciavano un orrore ultraterreno all’intero suo aspetto.
La signora Mac Carthy era una donna di una certa fermezza; ma era pur sempre una donna, e non del tutto libera dalle superstizioni del suo paese. Cadde in ginocchio e, stringendo le mani, cominciò a pregare ad alta voce.
La figura davanti a lei mosse solo le labbra e pronunciò appena “Madre”; ma sebbene le labbra pallide si muovessero, come se ci fosse un intento per terminare la frase, la lingua rifiutò il suo compito. La signora Mac Carthy balzò in avanti e afferrando il braccio di suo figlio, esclamò: “Parla! In nome di Dio e dei suoi santi, parla! Sei vivo?” Si rivolse a lei lentamente, e disse, parlando ancora con apparente difficoltà, “Sì, madre mia,
vivo, ma siediti e riprenditi” Quello che ho da dire, ti stupirà ancora di più di quello che hai visto. Si appoggiò allo schienale del suo cuscino, e mentre sua madre rimase in ginocchio accanto al letto, tenendo una delle sue mani strette nella sua, e fissandolo con l’espressione di una che diffidava di tutti i suoi sensi, procedette: Non interrompermi finché non avrò finito.
Desidero parlare mentre l’eccitazione di ritornare alla vita è su di me, come so che presto avrò bisogno di molto riposo.
Dell’inizio della mia malattia ho solo un ricordo confuso; ma nelle ultime dodici ore sono stato davanti al tribunale di Dio. Non fissarmi incredula – è vero quanto sono stati i miei crimini e, come credo, sarà il mio pentimento. Ho visto il terribile Giudice schierato in tutti i terrori che lo investono quando la misericordia dà luogo alla giustizia. Il terribile splendore dell’onnipotenza offesa, vidi, ricordo. È fissato qui; stampato sul mio cervello in caratteri indelebili; ma oltrepassa il linguaggio umano.
Quello che posso descrivere lo farò – potrei parlarne brevemente. E ‘sufficiente dire che sono stato soppesato e trovato mancante. La sentenza irrevocabile era sul punto di essere pronunciata; l’occhio del mio giudice onnipotente, che mi aveva già guardato, parlò del mio destino; quando osservai il santo tutore, a cui hai spesso diretto le mie preghiere quando ero un bambino, mi guardò con un’espressione di benevolenza e compassione.
Allungai le mie mani verso di lui e supplicai la sua intercessione; Ho implorato che un anno, un mese mi fosse dato sulla terra, per fare penitenza ed espiazione per le mie trasgressioni. Si gettò ai piedi del mio giudice e implorò pietà. Oh! Mai, se non dovessi passare attraverso diecimila stati successivi dell’essere – mai, per l’eternità, dimenticherò gli orrori di quel momento, quando il mio destino rimase sospeso – quando un istante doveva decidere se i tormenti indicibili sarebbero stati la mia parte per secoli senza fine! Ma la Giustizia sospese il suo decreto, e la Misericordia parlò con accento di fermezza, ma clemente, “Ritorna in quel mondo in cui hai vissuto, ma senza oltraggiare le leggi di Colui che ha creato quel mondo e te. Ti sono dati tre anni per il pentimento; quando questi saranno finiti, starai di nuovo qui, per essere salvato o perso per sempre”. – Non ho sentito di più; Non ho visto altro, fino a quando non mi sono risvegliato alla vita, l’attimo prima che tu entrassi.
Le forze di Charles continuarono giusto il tempo necessario per finire queste ultime parole, e al momento di pronunciarle chiuse gli occhi e si sdraiò completamente esausto. Sua madre, tuttavia, come era stato detto in precedenza, era piuttosto disposta a dare credito alle visite soprannaturali, e tuttavia esitava a credere o no che, quantunque risvegliato da un deliquio, che avrebbe potuto essere la crisi della sua malattia, fosse ancora sotto il controllo dell’influenza del delirio. Il riposo, comunque, era in ogni caso necessario, e lei prese immediatamente le misure necessarie perché potesse goderselo indisturbato.
Dopo alcune ore di sonno, si svegliò rinfrescato, e da allora in poi gradualmente, ma costantemente recuperò le forze. Eppure persisteva nel suo racconto della visione, come fin dall’inizio l’aveva raccontata; e la sua persuasione sulla sua realtà aveva un’influenza evidente e decisa sulle sue abitudini e sulla sua condotta.
Non abbandonò del tutto la società dei suoi ex soci, perché il suo temperamento non era inacidito dal suo ravvedimento; ma non si unì mai ai loro eccessi e spesso si sforzò di contrastarli. Come i suoi pii sforzi siano riusciti, non ho mai capito; ma di se stesso è testimoniato, che era religioso senza ostentazione e modesto senza austerità; fornendo una prova pratica che il vizio può essere scambiato per virtù, senza perdita di rispettabilità, popolarità o felicità. Il tempo scorreva, e molto prima che i tre anni fossero finiti, la storia della sua visione era dimenticata, o, quando se ne parlava, era solitamente menzionata come un esempio che dimostrava la follia di credere in queste cose. La salute di Charles, con la temperanza e dalla regolarità delle sue abitudini, divenne più forte che mai.
I suoi amici, infatti, avevano spesso l’occasione di manifestare la di lui serietà e astrattezza del comportamento, che crebbe su di lui mentre si avvicinava al compimento del suo settimo e ventesimo anno, ma per la maggior parte, i suoi modi esibivano la stessa animazione e allegria per cui era sempre stato notevole.
In compagnia, sfuggì a ogni tentativo di attingere da lui una distinta opinione sull’argomento della presunta previsione; ma tra la sua famiglia era noto che lo credeva ancora fermamente. Tuttavia, quando era quasi arrivato il giorno in cui la profezia era, se non del tutto, da adempiere, tutta la sua apparenza dava una promessa di una vita lunga e sana, tanto che fu persuaso dai suoi amici a dare una grande festa a Spring House, per celebrare la sua nascita.
Ma per l’occasione di questa festa, e le circostanze che vi hanno partecipato, saranno meglio apprese da una lettura delle seguenti lettere, che sono state accuratamente preservate da alcuni parenti della sua famiglia. Il primo è dalla signora Mac Carthy a una signora, una vicina e molto apprezzata sua amica, che viveva nella contea di Cork, a circa cinquanta miglia di distanza da Spring House.

“Alla signora Barry, Castle Barry”.
Spring House, martedì mattina, 15 ottobre 1752.

MIA CARISSIMA MARIA,

Temo di mettere il tuo affetto per la tua vecchia amica e parente a una severa prova. Un viaggio di due giorni in questa stagione, su strade sconnesse e in un paese travagliato, richiederà davvero un’amicizia come la tua per convincere una donna equilibrata da incontrare, ma la verità è che ho, o immagino di avere, più del solito motivo di desiderarti vicino a me. Conosci la storia di mio figlio. Non posso dire com’è, ma come si avvicina la domenica prossima, quando la predizione del suo sogno o della sua visione sarà dimostrata falsa o vera, provo una terribile sensazione al cuore, che non posso sopprimere, ma che con la tua presenza, mia cara Mary, si addolcirà, come hai fatto con molte delle mie pene.
Mio nipote, James Ryan, si sposerà con Jane Osborne (che, sai, è la pupilla di mio figlio), e l’intrattenimento nuziale si svolgerà qui domenica prossima, anche se Charles ha chiesto fermamente di rimandarlo di un giorno o due. Volesse Dio, ma non di più fino a quando non ci incontriamo, prevalga su te stessa di lasciare il tuo buon uomo per una settimana, se le sue preoccupazioni agricole non permetteranno il suo accompagnamento; e vieni da noi, con le ragazze, non appena possibile prima di domenica.


Mia cara cugina e amica cara Mary,
“ANN MAC CARTHY.” 

Sebbene questa lettera raggiungesse il castello Barry nei primi giorni di mercoledì, il messaggero che aveva viaggiato a piedi, sopra la palude e la brughiera, per sentieri impraticabili a cavallo o in carrozza, la signora Barry, che subito decise di andare, aveva così tante disposizioni da prendere per regolare le sue faccende domestiche (che, in Irlanda, tra gli ordini medi della piccola nobiltà, cadono presto in confusione quando la padrona della famiglia è assente), che lei e le sue due figlie più piccole non sono potute uscire da casa fino a tarda mattinata di Venerdì. La figlia maggiore rimase, per mantenere l’azienda del padre, e sovrintendere alle preoccupazioni della famiglia. Dato che i viaggiatori dovevano viaggiare in un veicolo aperto trainato da un cavallo, chiamato “jaunting-car” un veicolo da viaggio (ancora usata in Irlanda), e poiché le strade, brutte in ogni momento, erano rese ancora peggiori dalle forti piogge, era nel loro progetto fare due tappe facili; fermarsi a metà strada la prima notte, e raggiungere Spring House presto sabato sera.
Questa organizzazione era ora alterata, poiché scoprirono che, a partire dalla loro partenza, potevano procedere, al massimo, non più di venti miglia il primo giorno; e quindi si proponevano di dormire nella casa di un certo signor Bourke, un loro amico, che abitava a una certa distanza da Castle Barry. Raggiunsero il signor Bourke in sicurezza, dopo una guida piuttosto sgradevole. Che cosa successe loro nel loro viaggio il giorno dopo a Spring House, e dopo il loro arrivo lì, è pienamente correlato in una lettera della seconda signorina Barry alla sorella maggiore.

Spring House, domenica sera, 20 ottobre 1752.
CARA ELLEN,

Come la lettera di mia madre, che racchiude in questa, ti annuncerà brevemente le tristi informazioni che racconterò qui in modo più completo, penso che sia meglio cominciare dall’inizio attraverso il resoconto degli eventi straordinari degli ultimi due giorni.
I Bourke ci hanno tenuti svegli fino a tardi venerdì sera, dato che ieri era già abbastanza tardi prima di poter iniziare il nostro viaggio, il giorno finì quando eravamo a circa quindici miglia da questo posto.
Le strade erano eccessivamente scavate dalle forti piogge della scorsa settimana, e procedemmo così lentamente, che alla fine mia madre decise di passare la notte a casa del fratello del signor Bourke (che vive a circa un quarto di miglio dalla strada), e venire qua a fare colazione al mattino. La giornata era stata ventosa e piovosa e il cielo appariva irregolare, cupo e incerto: la luna era piena, e in certi momenti splendeva chiara e luminosa, in altri era completamente nascosta dietro le masse spesse, nere e robuste di nuvole che rotolavano veloci e che ogni momento si allargavano e si raccoglievano, come raccogliendo le forze per una tempesta imminente. Il vento che soffiava sul nostro volto fischiava cupamente lungo le basse siepi della stretta strada, su cui abbiamo proceduto con difficoltà dal numero di profondi pantani e che non offriva il minimo riparo nessuna piantagione essendo a pochi chilometri da noi.
Mia madre, quindi, chiese a Leary, che guidava la jaunting-car, quanto eravamo lontani da Mr. Bourke. ”Sono circa dieci picche da questo all’incrocio, e dobbiamo solo girare a sinistra nel viale, signora.” “Molto bene, Leary: torna da Mr. Bourke non appena raggiungi il bivio”. Mia madre aveva appena pronunciato queste parole, quando un grido, che ci fece rabbrividire come se il nostro stesso cuore fosse trafitto da esso, esplose dalla siepe alla nostra destra.
Se somigliava a qualcosa di terrestre, sembrava il grido di una femmina, colpita da un improvviso e mortale colpo, e che dava la vita in una lunga e profonda spasimo di agonia. “Il cielo ci difenda!” esclamò mia madre. “Vai sulla siepe, Leary, e salva quella donna, se non è ancora morta, mentre corriamo verso la capanna che abbiamo appena superato, e mettiamo in allarme il villaggio vicino”. “Donna!” disse Leary, battendo violentemente il cavallo, mentre la sua voce tremava … “Non è una donna: prima ce ne andiamo, signora, meglio è”; e ha continuato i suoi sforzi per accelerare il ritmo del cavallo.
Non abbiamo visto niente. La luna era nascosta. Era piuttosto buio, e da tempo ci aspettavamo una forte caduta di pioggia. Ma proprio come Leary aveva parlato, ed era riuscito a far avanzare rapidamente il cavallo, udimmo distintamente un forte battito di mani, seguito da un susseguirsi di urla, che sembrava denotare l’ultimo eccesso di disperazione e angoscia, e il rumore emesso da una persona che corre dentro la siepe, per tenere il passo con i nostri avanzamenti.
Ancora non abbiamo visto nulla; fino a quando, a circa dieci metri dal luogo in cui un viale si diramava verso il signor Bourke a sinistra, e la strada che svoltava a Spring House sulla destra, la luna uscì improvvisamente da dietro una nuvola e ci permise di vedere, chiaramente come ora vedo questo foglio, la figura di una donna alta e magra, con la testa scoperta e capelli lunghi che le fluttuavano intorno alle spalle, abbigliata in qualcosa che sembrava un bianco mantello o un lenzuolo lanciato frettolosamente su di lei.
Si fermò sulla siepe d’angolo, lungo la strada su cui c’eravamo incontrati, quello che porta a Spring House, con la sua faccia verso di noi, la mano sinistra che indicava questo posto, e il suo braccio destro che ondeggiava rapidamente e violentemente, come per trascinarci in quella direzione. Il cavallo si era fermato, apparentemente spaventato dall’improvvisa presenza della figura, che si ergeva nel modo che ho descritto, pronunciando ancora le stesse grida penetranti, per circa mezzo minuto.
Poi saltò sulla strada, scomparve dalla nostra vista per un istante, e il successivo fu vista in piedi su un alto muro un po’ su per il viale, sul quale ci proponemmo di andare, ancora indicando la strada per Spring House, ma in un atteggiamento di sfida e comando, come se fosse disposta a opporsi al nostro passaggio lungo la via. La figura ora era piuttosto silenziosa, e le sue vesti, che prima erano volate senza vento, erano strettamente avvolte intorno ad essa. «Vai, Leary, a Spring House, in nome di Dio», disse mia madre; “qualunque sia il mondo a cui appartiene, non la provocheremo più”. “E’ la Banshee, signora, ” disse Leary; ed io non vorrei, per quello che vale la mia vita, andare in nessun dove in questa notte benedetta, eccetto che a Spring House.
Ma ho paura che ci sia qualcosa di brutto davanti, o lei non ci manderebbe lì. ” Così dicendo, andò avanti; e mentre giravamo sulla strada a destra, la luna improvvisamente ritirò la sua luce, e non abbiamo più visto l’apparizione; ma udimmo chiaramente un battito di mani prolungato, che gradualmente si estinse, come se provenisse da una persona che si ritirava rapidamente. Procedemmo con la stessa rapidità con cui la cattiva strada e la stanchezza del povero animale che ci tirava ci permettevano, e arrivammo qua verso le undici di sera. La scena che ci aspettava l’hai appresa dalla lettera di mia madre. Per spiegarla completamente, devo raccontarvi alcune degli affari avvenuti qui durante l’ultima settimana. “Eri informata che Jane Osborne si sarebbe sposata oggi a James Ryan, e che loro e i loro amici sarebbero stati qui l’ultima settimana.” Martedì scorso, lo stesso giorno della mattina in cui la cugina Mac Carthy ha spedito la lettera invitandoci qui, tutti gli ospiti stavano passeggiando per i giardini poco prima di cena: sembra che una sfortunata donna, che era stata sedotta da James Ryan, fosse stata vista nei dintorni in uno stato malinconico lunatico alcuni giorni prima. Si era separato da lei per diversi mesi e, dicono, aveva provveduto a lei piuttosto profumatamente, ma era stata sedotta dalla promessa di essere sposata, e la vergogna della sua condizione infelice, unita a delusione e gelosia, aveva disordinato il suo intelletto.
Durante tutta la mattinata di questo martedì, aveva camminato nelle piantagioni vicino a Spring House, con il mantello stretto intorno a lei, il cappuccio quasi coprendole il viso, e aveva evitato di conversare con o incontrare qualcuno della famiglia. “Charles Mac Carthy, al momento in cui menzionai, stava camminando tra James Ryan e un altro, a poca distanza dagli altri, su un sentiero di ghiaia, costeggiando un boschetto.”
Il gruppo intero fu gettato nella massima costernazione dalla detonazione di una pistola, sparata da una parte fittamente fitta del boschetto che Charles e i suoi compagni erano appena passati, cadde all’istante e si scoprì che era stato ferito a una gamba, uno del gruppo era un medico, il suo aiuto fu immediatamente dato, e, esaminando, dichiarò che la ferita era molto leggera, che nessun osso era rotto, che era solo una ferita sulla carne, e che sarebbe certamente andata bene tra pochi giorni.
Ne sapremo di più entro domenica, – disse Charles, mentre era trasportato nella sua camera: la sua ferita era immediatamente fasciata e così lieve era l’inconveniente che dava che molti dei suoi amici trascorsero una parte della serata nel suo appartamento. Su indagine, è stato accertato che lo sfortunato colpo è stato sparato dalla povera ragazza che ho appena menzionato, ed è stato anche evidente che lei aveva mirato, non a Charles, ma al distruttore della sua innocenza e felicità, che stava camminando accanto a lui. Dopo un’infruttuosa ricerca di lei nei vicini terreni, lei entrò nella casa di sua iniziativa, ridendo, ballando e cantando selvaggiamente, e ogni momento esclamava che alla fine aveva ucciso Mr. Ryan. Quando sentì che era Charles, e non Mr. Ryan, che è stato colpito, cadde in un accesso violento, da cui, dopo essersi mossa convulsamente per un po’, balzò alla porta, fuggendo dalla folla che la inseguiva, e non poté esser presa fino a ieri sera, quando è stata portata qui, del tutto fuori di sé, un po’ prima del nostro arrivo. 

La ferita di Charles era stata considerata di piccola importanza, e i preparativi sono andati avanti, come il solito, per il ricevimento delle nozze di domenica. Ma venerdì notte è diventato irrequieto e febbrile, e sabato mattina (ieri) si è sentito così male che è stato ritenuto necessario ottenere ulteriori consigli medici. Due medici e un chirurgo s’incontrarono in consultazione verso le dodici del giorno e fu annunciato il tremendo esito, che se non fosse avvenuto un cambiamento, a malapena sperato, prima della notte, la morte sarebbe avvenuta entro ventiquattro’ore dopo.

La ferita, a quanto pare, era stata fasciata troppo strettamente e malamente curata. I medici avevano ragione nelle loro previsioni. Non apparvero sintomi favorevoli e, molto prima di raggiungere Spring House, ogni barlume di speranza era svanito.
La scena alla quale abbiamo assistito al nostro arrivo avrebbe straziato il cuore di un demone. Abbiamo sentito brevemente al cancello che il signor Charles era sul suo letto di morte.
Quando abbiamo raggiunto la casa, l’informazione è stata confermata dal servo che ha aperto la porta. Ma proprio mentre entravamo, eravamo terrorizzati dalle urla più terrificanti che uscivano dalle scale. Mia madre pensò di aver sentito la voce della povera signora Mac Carthy e si è fatta avanti. Seguimmo e, salendo alcuni gradini delle scale, trovammo una giovane donna, in uno stato di esaltazione, che lottava furiosamente con due servitori, la cui forza unita era appena sufficiente a impedirle di correre su per le scale sopra il corpo della signora Mac Carthy, che giaceva in forte crisi isterica sui gradini.
Questa, scoprii in seguito, fu la ragazza infelice che ho descritto prima, che stava tentando di accedere alla stanza di Charles, per “ottenere il suo perdono”, come lei disse, “prima che andasse via per la colpa di averlo ucciso”. Questa idea selvaggia era mescolata con un’altra, che sembrava contestare il precedente possesso della sua mente.
In una frase, invitò Charles a perdonarla, nell’altra denuncerebbe James Ryan come l’assassino di Charles e di lei. Alla fine fu strappata via; e le ultime parole che udii gridare furono: “James Ryan, ” sei stato tu a ucciderlo, e non io … lo hai ucciso, e non io”. 
La signora Mac Carthy, una volta ristabilita, cadde tra le braccia di mia madre, la cui presenza sembrava un grande sollievo per lei, pianse – le prime lacrime, mi fu detto, che aveva versato dopo la disgrazia fatale.
Ci ha condusse nella stanza di Charles, che disse, aveva desiderato di vederci al momento del nostro arrivo, quando sentì la sua fine avvicinarsi desiderò dedicare le ultime ore della sua esistenza a preghiere e meditazione ininterrotte. Lo trovammo perfettamente calmo, rassegnato, e anche allegro: parlava dell’orrido evento che era a imminente con coraggio e sicurezza, e lo trattava come un destino per il quale si stava preparando sin dalla sua precedente malattia, e che non aveva mai dubitato che era stata realmente predetto a lui. Ci salutò con l’aria di chi stava per intraprendere un breve e facile viaggio, e lo lasciamo con l’impressione che, nonostante tutte le sue angustie credo, mai ci abbandoneranno completamente. “Povera signora Mac Carthy, ma mi hanno appena chiamato via, sembra che ci sia un po’ di trambusto nella famiglia, probabilmente”.

La lettera di cui sopra non è mai stata completata. L’allegato a cui allude più volte, ha raccontato brevemente il seguito, ed è tutto ciò che ho appreso più a fondo di questo ramo della famiglia Mac Carthy. Prima che il sole tramontasse sul ventisettesimo compleanno di Charles, la sua anima era andata a rendere il suo ultimo racconto al suo Creatore.

Dal libro Fairy Legends and Traditions of the South of Ireland – 1825

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