IL CREATORE

di Don Armando Trevisiol


L’uomo superbo ha sempre tentato di spodestare Dio dal suo trono per sedervisi lui. Finora non è mai riuscito e non pare che ci siano prospettive perché lo possa fare in futuro.

Ricordo ancora lo sforzo della mia vecchia catechista che tentava di chiarire la differenza tra fare e creare, ad una classe marmocchi irrequieti e smaniosi di uscire dal catechismo per andare a caccia di farfalle o di lucertole, nei prati adiacenti al placic Piave. “Fare”, diceva, è costruire un carro, un carriola, adoperare tavole, travi, chiodi e martello e tutti gli uomini possono costruire qualcosa, purché abbiano un po’ di testa sulle spalle.

“Creare” significa costruire qualcosa di nuovo, senza aver bisogno di nulla e senza adoperare niente.

Non c’è al mondo neppure un uomo, per quanto forte ed intelligente, che possa creare; soltanto Dio lo può fare. A riprova di ciò Ia mia catechista chiedeva se qualcuno conoscesse qualcosa che fosse stata fatta dal nulla. Tutti rimanevano perplessi, una mano s’alzava: era il solito Tonino, detto “patata”, sbadato e dalle trovate strampalate.

“La pannocchia” maestra. Allora la maestra era pronta a dire che le pannocchie nascono dal seme. E lui pronto: “II seme”. E Ia maestra a ribattere che il seme derivava da un’altra pannocchia, favorendo l’occasione per il tiro con l’elastico alle mosche di Paoletto, il figlio del portalettere.

La maestra tagliava corto e dava il discorso per dimostrato. Non aveva tutti i torti, povera creatura!

Per molti anni fu indiscusso per me e credo anche per quelli della mia classe che Dio è il Creatore, avendo egli fatto ogni cosa dal nulla, dalla coccinella al sole.

La questione fu riaperta solamente al liceo con lo studio delle scienze e della filosofia. Ci fu un gran dibattere sul fissismo e sul darwinismo. Il professore, quando noi propendevamo per l’evolu­zionismo, ci metteva alla prova portandoci testimonianze e moti­vazioni per dimostrarci che non si poteva scientificamente dimo­strare che l’uomo era l’ultimo derivato dai muschi; e in verità non era proprio allettante pensare che mia bisnonna fosse una scim­mia! Quando propendevamo dalla parte opposta, portando a docu­mentazione la pagina biblica della creazione, allora il professore ci metteva in crisi parlandoci della giraffa che avrebbe il collo lungo per cibarsi più comodamente dalle foglie alte. In verità m’è sempre rimasta aperta la domanda perché la capra o il maiale non avessero adottato una soluzione così vantaggiosa.

Terminato il liceo, è terminato anche il problema; è vero, si riapre ogni tanto quando qualche bel tipo con fare furbastro tira fuori la carta dell’evoluzione come fosse la bomba atomica che può distruggere la fede. Rimane però il fatto che se non si ammette qualcuno che fa, senza essere a sua volta essere stato fatto, non se ne va proprio fuori. Perché al massimo si sposta un po’ più in alto il problema, non se ne da una spiegazione logica.

E’ razionale che qualcuno sia la fonte dell’essere e questo noi lo chiamiamo Dio: il Creatore. Che poi Dio abbia perso tempo e si sia divertito a fare fiori, piante, animali tanto diversi, piuttosto che lanciare nell’universo una grande palla carica di una sconfinata potenzialità, è un’altra cosa. Dio volle l’universo, la vita; da questo atto sovrano ed ineffabile per un’energia e delle leggi che il Signore vi pose dentro, si sviluppò quella realtà immensamente complessa in cui noi viviamo.

Tutte le altre soluzioni sono zoppe e non reggono affatto.

La spiegazione della mia vecchia catechista forse non fu trop­po convincente, ma comunque m’insegnò la grande verità che ancor oggi mi fa fremere di riconoscenza e di ammirazione per quell’ope­ra sublime che Dio ha creato anche per me: l’universo.

Don Armando Trevisiol