TERIACA DI VENEZIA

Chi non conosce la teriaca, almeno per fama? Chi non sa che è buona per tutti i mali? la si dà all’uomo appena nato, quando cresce, quando è adulto: la si dà alle fanciulle a cui tarda un marito, alle maritate che hanno le convulsioni; ai vecchi e fino ai moribondi: uccide i vermi, conforta lo stomaco, é antidoto a tutti i veleni, forse anche a quello dei giornalisti. Insomma è universale, come il Leroy, le pillole di Franck e Bucellati; colla differenza che la teriaca non ha ancora mandate ostie votive all’altro mondo. Eppure è molto tempo che fu inventata: anzi si dice che il genio immortale che la trovò fu Andromaco di Creta medico di Nerone. Badate un poco, si è detto tanto male del regno di quell’uomo fiero, e nessuno ha ancor pensato che almeno ha la lode d’aver inventata la teriaca.

Quasi tutti i servitori o i cuochi di Galeno, cioè gli speziali, fabbricano la teriaca; poiché non è un mistero come le acque di Pollini: tutte le antiche farmacopee ne danno la ricetta, ed è composta nient’altro che di sessantasei sostanze: però, la teriaca che si fabbrica a Venezia salì già da qualche secolo a riputazione europea, anzi senza esitare si può dire, che prima di Lafajette, era l’eroina dei due mondi.

Quindi questo medicinale divenne a Venezia un importante ramo di commercio; sia perché ne riescisse perfetta la fabbricazione, sia per gittare un po’di polvere negli occhi, la repubblica veneta aveva data molla importanza alla fabbricazione della teriaca. Innanzitutto concedevasi speciale permesso per fabbricarla, e chi avea questo privilegio poneva sopra la propria officina, dopo gli altri titoli, fabbricatore di teriaca, e valeva certo quanto l’esser membro di qualche Ateneo, meglio d’esser pastor Arcade: anche al presente si usa a Venezia porre questo titolo nelle insegne, sebbene non essendo più di ristretto privilegio, sia diventato di minore importanza.

La teriaca poi non si fabbrica già quando piace allo speziale, nè sovente, ma soltanto da pochi una o due volte all’anno e anche ad epoche più lontane. Quando un farmacista intende di fare la teriaca, deve prevenire il Magistrato di Sanità ed ottenere una speciale licenza per disporre innanzi alla sua bottega in grande apparato tutte le sostanze che compongono questo farmaco, o almeno quanto valga a rappresentarle: molte sono in vasi capaci di cristallo, o di porcellana, con sopravi scritto in oro il nome: siccome però tutto finirebbe con un arsenale di alberi e di rasi, che non darebbero, direbbe un trecentista, nessuna parvenza, gli speziali pensarono a cose maggiori.
Si provvedono di vasi con entro tutte le erbe verdi indigene ed esotiche, che entrato a fare la teriaca, e li espongono a modo di piramide innanzi la bottega, sicchè si tramuta in una serra. Però il più mirabile è quanto usasi dei vegetabili che non si possono avere verdi: si dispongono sui lavori in quadri, e come a Parigi si espongono tutti i rappresentanti d’ogni opinione, cosi a Venezia si espone a colori, e fino ad olio, l’effigie di tutti i rappresentanti della teriaca: tutti questi quadri e vasi, si pongono a pubblica veduta per apparato; e nell’interno dell’officina poi si dispongono in appositi recipienti tutte le vere sostanze, ed ogni cittadino può entrare a visitarle.

Questa esposizione dura precisamente tre giorni consecutivi, e nella notte l’apparato è illuminato con lampadarj e candele di cera. I Veneziani che vi sono abituati vi passano indifferenti; e si curano piuttosto di guardare l’apparato se é con lusso e con galanteria, giacchè nasce anche in questo lato la gara negli speziali, come nei pittori quella delle cornici, e vi è in tutto il suo buon gusto e il suo barocco.
Il forastiere che non è curioso non ne capisce nulla, e vi fu ultimamente un viaggiatore il quale pubblicò a Parigi che a Venezia gli speziali vendono i fiori, nessuna maraviglia. Viaggiano sempre colle traveggole: i forastieri che dimandassero ragione degli usi, ne avrebbero da chiunque notizia.

Finalmente viene il giorno di fabbricare la teriaca: a’ tempi della repubblica interveniva il Magistrato di Sanità col Protomedico: ora assistono i magistrati, ed i medici a ciò deputati: si dà loro a visitare tulle le sostanze che debbono formare la teriaca, e quindi si pongono in vari bronzi ordinati nei quali alcuni facchini disposti in buon ordine nella strada ove trovasi la spezieria le pestano quasi a numerale cadenze: fatta la prima visita il Magistrato è presentato d’alcuni fiori e d’altri doni di uso, e parte; ma resta sempre un commissario di sanità a vegliare la fabbricazione della panacea universale che dura all’incirca otto giorni: nell’ultimo dei quali si mesce tutto l’insieme in un gran caldajo che contiene una quantità di miele corrispondente alla materia solida, poi la si pone per alcun tempo in capaci recipienti, e finalmente la si spartisce in vasetti di latta, e si involge in una carta che conta tutte le per virtù della teriaca; e la si spaccia per l’universo mondo: cosi la vidi fabbricare da un chimico di molto spirito, la cui teriaca é desiderata da tutte le signore; e sovente medicò i vermi anche al poeta Buratti.

In questo modo la teriaca di Venezia potė per tanto tempo tenersi in credito della migliore ed esserlo di fatti; forse alcuni rideranno di questa cerimonia per la fabbricazione d’un medicamento, ma ne pare invece che fosse molta sapienza del veneto governo giacchè con questo rigore Venezia faceva e fa il commercio quasi esclusivo della teriaca: e nel 1804, o poco più, dalle tavole statistiche, si raccolse che essa rendeva allo Stato circa cento venti mila ducati d’argento, corrispondenti a circa mezzo milione di franchi. Sia d’esempio a tutti i fabbricatori che la concorrenza è procurata dalla bontà della sostanza che si mette in vendita; ed una fabbrica bene avviata dura lungamente. È caduta la repubblica veneta, ma resta ancora la sua teriaca.

D. Sacchi.

Articolo tratto da: Cosmorama pittorico
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