TITANIC

“QUESTA SERA DIO È AFFONDATO COL TITANIC”

Un disastro entrato nel mito

Quando ho pensato di scrivere un pezzo per il centenario della tragedia del Titanic non avrei mai immaginato di farlo a meno di tre mesi dal naufragio della Costa Concordia che, per il tonnellaggio della nave coinvolta, rappresenta il più grande disastro nella storia della navigazione passeggeri, mentre fortunatamente il numero dei morti (benché basti solo una vittima, specie in un contesto che dovrebbe essere di spensieratezza, a causare lo strazio indicibile di una famiglia) è rimasto al di sotto delle quaranta persone. Resta tuttavia l’amarezza per il comportamento del comandante, cui erano affidate le vite dei passeggeri, che se non fosse stato inqualificabile, per non dire criminale, avrebbe forse evitato la perdita di anche una sola vita umana.

“Dio abbia pietà delle loro anime” “No, questa sera Dio è affondato col Titanic”.

Il naufragio del Titanic, all’epoca umanamente inconcepibile, rimane un evento che segnò la fine di un’era (assieme allo scoppio della I guerra mondiale – 1914 – e alla morte di Francesco Giuseppe – 1916), un’époque che non era poi così belle, caratterizzata da miseria e scioperi, ma che a confronto del carnaio della Grande Guerra, apparirà ai posteri come il paradiso.

La storia comincia nel 1907 quando Lord Pirrie dei cantieri Harland & Wolff propose a Bruce Ismay della White Star la costruzione dei tre più grandi e lussuosi transatlantici mai varati prima, per battere la concorrenza della Cunard, che aveva puntato sulla velocità (il Mauretania detenne il Nastro Azzurro dal 1909 al 1929). Pirrie è quello che meglio di ogni altro è riuscito a sottrarsi all’attenzione della Storia, ma fu lui in ultima analisi ad avere l’idea e la responsabilità della costruzione dei tre piroscafi.

Le navi gemelle si sarebbero chiamate Olympic, Titanic e Gigantic. Il suffisso –ic distingueva le navi della compagnia, consuetudine avviata fin dalla prima, Oceanic, varata nel 1871 col nome della società, la Oceanic Steam Navigation Company, chiamata informalmente White Star per via dell’insegna, una stella bianca su fondo rosso. Proprietario del Titanic in ultima istanza era l’IMM, trust americano di John Pierpont Morgan, che ha dato nome al potentissimo gruppo bancario JP Morgan tuttora esistente.

Dopo la tragedia Gigantic fu sostituito dal più patriottico Britannic, anche perché fu requisita dalla marina inglese e completata come nave ospedale nel novembre 1915. Urtò una mina nell’Egeo e affondò il 21 novembre 1916.

L’Olympic, adibito a trasporto truppe, nell’aprile 1918 speronò e affondò un U-Boot, nel 1920 fu convertito in petroliera e smantellato nel 1937.

La White Star ebbe un’esistenza “avventurosa”, al punto che prima del Titanic era sempre una sua nave a detenere il primato del peggior naufragio in tempo di pace. Il 1° aprile 1873 l’Atlantic si arenò sugli scogli al largo di Halifax. La nave fu spezzata in due dai marosi e almeno 546 persone, compresi tutti i 200 bambini di terza classe tranne uno, annegarono nel disastro.

Tra i numerosi incidenti vi è anche la scomparsa nel 1893 della Naronic, all’epoca la più grande nave da carico del mondo, nel Triangolo delle Bermuda durante il suo tredicesimo viaggio.

Il Titanic era considerato inaffondabile grazie alle sue paratie stagne, ma fu fatale la mancanza di un ponte a tenuta stagna che le chiudesse da sopra, come nelle navi della Cunard. Erano pensate per resistere a una collisione accidentale, ipotesi tutt’altro che remota nei porti sempre più trafficati dell’Atlantico. Le scialuppe del Titanic avevano spazio sufficiente per circa un terzo della capienza massima della nave: 14 scialuppe da 65 posti, due lance da 40 e quattro canotti da 47, 1178 posti su 3300 tra equipaggio e passeggeri.

Ciò all’epoca era più di quanto previsto dalle autorità, dato che per navi oltre le 10mila tonnellate di stazza lorda (t.s.l.) i posti previsti, calcolati astrusamente in base al volume e non ai passeggeri, erano 960. Va ricordato che la t.s.l. è una misura di capacità pari a quasi 3 m3, e non di peso. Secondo la normativa tedesca una nave tale avrebbe avuto posti per 3198 persone, mentre una bozza del Ministero del febbraio 1911, che avrebbe dovuto aggiornare le norme ferme al 1894, ne avrebbe previsti 2500, più che sufficienti per le 2208 persone a bordo. Solo dopo la sciagura passò il principio che i posti sulle scialuppe dovevano essere sufficienti per tutti.

Ma l’essenziale è che l’impreparazione dell’equipaggio del Titanic portò a calare le scialuppe mezze vuote, cosicché i superstiti furono 705, comunque molto al di sotto di quelli che si sarebbero potuti salvare.

Sul naufragio è stato scritto di tutto. Data per scontata la vicenda nei suoi tratti essenziali, cercherò di dare ragguagli sui molti aspetti meno noti della vicenda. In questo senso la più grande delusione è stato il Titanic di Cameron: ricostruire l’intera nave in scala 1:1 solo per propinarci la solita banale storia d’amore tra due passeggeri è stata un’occasione mancata irripetibile.

Ho suddiviso le varie questioni insolute che hanno alimentato la leggenda, emerse durante le due inchieste (americana e britannica) e in seguito nel corso degli anni, in comodi capitoletti.

Il presagio di Robertson

La più citata premonizione della sciagura resta il racconto Futility pubblicato nel 1898, ma divenuto celebre solo dopo la sciagura, dall’americano Morgan Robertson. Ex ufficiale di marina e mistico dilettante, si preoccupava per la minaccia degli iceberg, sprezzantemente ignorata dai capitani dell’epoca.

Queste le coincidenze tra il suo Titan (!) letterario ed il Titanic: entrambi battono bandiera britannica; raggiungono i 24 nodi grazie alle loro tre eliche; possono portare circa 3000 persone il Titan, 3300 il Titanic; il Titan ne ha circa 2000 durante il viaggio fatale, 2200 il Titanic, vengono colpiti da un iceberg sul lato di dritta (destra) in aprile.

Il Titan aveva 70mila t.s.l. per 243 metri anziché le 46mila del Titanic per 269 m (le Olympic erano tra le più slanciate ed eleganti navi dell’epoca); 19 paratie stagne anziché 15 e 500 posti sulle 24 scialuppe anziché 1178 su 20.

I cultori del paranormale pensano che Robertson, di cui non sono note altre “previsioni”, abbia avuto una premonizione scambiata per ispirazione letteraria.

Le premonizioni dell’equipaggio

Anche chi doveva imbarcarsi ebbe strani timori, rivelati a parenti e amici. Al capo ufficiale Wilde, nominato all’ultimo momento, la nave non piaceva e prima della partenza scrisse alla sorella: “questa nave ancora non mi piace […] ho una strana sensazione.”

Lo steward Beedem, trasferito (come molti altri) dall’Olympic al Titanic scrisse molte lettere alla moglie: “È quasi impossibile distinguere le due navi. Sono stato vicino alla nave oggi per assicurarmi che non mi sfugga” e ancora “…senza ramazza o qualcosa con cui lavorare vorrei che questa nave maledetta si trovasse in fondo al mare”.

Il fochista Coffey, approfittando della sosta a Queenstown, lasciò la nave nascosto tra i sacchi della posta. Non sappiamo cosa abbia visto o sentito che l’abbia convinto a lasciare la nave, si sa solo che qualche giorno dopo s’imbarcò sul Mauretania, per poi scomparire fra le pieghe della Storia.

Molti viaggiatori all’ultimo rinunciarono (tra cui J.P. Morgan adducendo falsi motivi di salute); la White Star per il viaggio inaugurale dovette dirottare i passeggeri dalle altri navi della compagnia sul Titanic, riuscendo (per fortuna) a riempirlo solo a metà.

L’incendio a bordo

In un carbonile del Titanic nel trasferimento da Belfast a Southampton c’era un incendio, provocato dall’autocombustione del carbone. Non era raro all’epoca, ma l’ispettore che rilasciò il certificato di navigazione non ne fu informato. Né si tentò di spegnerlo negli otto giorni in cui la nave rimase a Southampton, ma si decise di farlo in mare, assumendo altri fuochisti appositamente per questo.

Il fuoco indebolì e deformò una delle paratie, che poi cedette sotto la pressione dell’acqua.

Dopo il ritrovamento del relitto nel 1985 si è inoltre scoperto che l’acciaio dell’epoca era più simile alla ghisa, particolarmente fragile alle basse temperature.

Gli avvisi sulla presenza di ghiacci

Il Titanic ricevette almeno sei messaggi che delimitavano un vasto banco di ghiacci proprio sulla sua rotta.

Il comandante Smith e il secondo ufficiale Lightoller discussero sulla difficoltà a individuarli, con mare piatto, senza luna a illuminarli e senza vento a creare onde che vi si rifrangessero, specie se l’iceberg, appena capovolto, avesse rivolto alla nave il suo lato scuro, ma non presero contromisure adeguate. La prassi era ridurre la velocità al minimo accenno di ghiacci, ma non si fece in tempo a farlo: il primo iceberg incrociato sulla rotta fu quello fatale.

Ma non era la prima volta, come si disse all’epoca, che i ghiacci si erano spinti così a sud.

Il ruolo di Ismay

Bruce Ismay fu uno dei due capri espiatori individuati dalle inchieste. Inizialmente affermò di essere un semplice passeggero, ma poi ammise che lui, il comandante e il direttore di macchina volevano spingere la nave in una prova di velocità. Se nel viaggio inaugurale il Titanic avesse dimostrato di essere non solo più lussuoso e capiente dell’Olympic, ma anche più veloce, sarebbe stata un’ottima pubblicità.

Il comandante gli diede un messaggio del Baltic sulla presenza di ghiacci, che Ismay tenne in tasca per sei ore contro ogni regola, forse sperando che Smith se ne dimenticasse, fino a quando lo chiese indietro per appenderlo nella sala nautica, come da regolamento.

Ismay fu criticato per essersi salvato mentre centinaia di donne e bambini perirono. Ma essendo le scialuppe, compresa la sua, mezze vuote, in realtà Ismay non rubò il posto a nessuno. Fu accusato di essersi travestito da donna per salire, accusa avvalorata da una scena del film A Night to Remember (’57), alla cui sceneggiatura collaborò il quarto ufficiale Boxhall, ma fu scambiato con qualcun’altro, che si era solo messo uno scialle in testa per proteggersi dal freddo.

L’urto con l’iceberg (1)

Il grande mistero è perché le vedette non avvistarono prima l’iceberg, ma quando ormai era ad appena 400 metri. Il binocolo mancava, ma gli ostacoli lontani si avvistano prima a occhio nudo. Tuttavia le vedette, essendo investite da un vento gelido a 40 km l’ora, quasi sicuramente si chinarono diverse volte per dare sollievo agli occhi e il binocolo avrebbe potuto aiutare in questo senso.

Le vedette, confermate da un altro testimone, sostennero che dieci minuti prima della collisione era scesa la foschia, come avviene nelle vicinanze dei ghiacci, ma Lightoller negò sempre recisamente, insistendo sulle irripetibili condizioni meteo di quella notte.

Ricerche indipendenti affermano che la plancia ignorò almeno tre avvertimenti dalla coffa prima di quello fatale, certo è che tutti i testimoni su questo punto furono sempre molto reticenti e non dissero tutto quello che sapevano.

Il capitano Sargent, esperto di navigazione alle alte latitudini, scrisse alla commissione d’inchiesta che la coffa sull’albero non è un buon punto d’osservazione, in quanto il ghiaccio blu dell’Artico (specie se l’iceberg si è capovolto da poco) è indistinguibile dall’acqua che lo circonda se osservato dall’alto. Meglio sarebbe stato porre una vedetta a prua.

L’urto con l’iceberg (2)

Se l’urto fosse stato frontale, la nave si sarebbe salvata. Inoltre, l’ “indietro tutta” dato dal primo ufficiale Murdoch ridusse forse la velocità di virata in quanto l’elica centrale, dietro il timone, arrestò semplicemente la sua spinta, non potendo invertire il senso di rotazione.

Nel 2010 è uscita la “confessione” di una discendente di un ufficiale, l’ultima di una lunga serie, che svelerebbe la vera ragione dell’incidente. Il Titanic avrebbe urtato l’iceberg per un errore di manovra, indotto dal modo di dare ordini dell’epoca!

Quando fu inventato, il timone consisteva in un’asse orizzontale ruotante attorno ad un perno. Perciò, spingendo la barra a babordo, il timone (e la nave con esso) girava a dritta e viceversa. Quindi “barra a babordo” voleva dire “virare a dritta”. Questa convenzione, ormai obsoleta, rimase in vigore sulle navi inglesi fino al 1928, quando fu finalmente abolita dati i frequenti errori che causava. Gli ordini di Murdoch sarebbero stati fraintesi dal timoniere.

Forse non sapremo mai come si svolsero realmente le cose, ma è sintomatico della “leggenda” come nuovi elementi si aggiungano a quasi un secolo dai fatti.

La nave del mistero (1)

Questo è IL mistero per eccellenza. Molti testimoni avvistarono diverse navi, verso le quali si diressero alcune scialuppe. Tutte le testimonianze divergono fra loro per orario, posizione, rotta e tipo di nave.

Fu in quest’occasione che fu trovato il secondo capro espiatorio nel capitano Lord, comandante del Californian. La sua nave, in panne per la notte, avvistò i razzi sparati dal Titanic, tentò di mettersi in contatto con la lampada

ma non ottenne risposta. Non pensarono di usare la radio, né di svegliare il comandante che in quel momento dormiva.

Fu solo la testimonianza a terra di un fochista a rivelare la storia, perché il giornale di bordo non riportava nessuna nota sui razzi, mentre il brogliaccio fu fatto sparire. Tutti conclusero che sul Californian videro il Titanic, non gli prestarono il soccorso che forse avrebbe mitigato il disastro e, saputo cos’era successo, fecero sparire le prove.

Lord ribadì che avevano avvistato un’altra nave tra loro e il Titanic, ma le indagini in tutti i porti europei americani e canadesi, compresa la Russia, non trovarono la nave scorta sulla scena del disastro, con un fumaiolo nero con banda bianca. La descrizione corrisponde al Saturnia, fermato dai ghiacci quella notte a sei miglia dal Titanic. Nei giorni successivi era forse in uno dei porti inglesi, gli unici in cui si evitò di cercare!

Quando fu trovato il relitto da Ballard, si scoprì che la famosa posizione calcolata da Boxhall era sbagliata di qualche miglio. Se anche dal Californian videro i razzi, non potevano aver visto il Titanic e non lo avrebbero raggiunto in tempo.

La nave del mistero (2)

C’era almeno un’altra nave assieme al Californian oltre al Saturnia, forse tre, che avrebbero potuto prestare soccorso al Titanic.

Un certo Hamilton di Calgary disse che sulla nave di linea Victorian videro due dei razzi lanciati dal Titanic, che forse a sua volta avvistò la nave. Nell’86 la storia fu pubblicata dal National Geographic, ma non ricevette riscontri.

Il medico canadese Quitzrau scrisse un memoriale per l’inchiesta americana in cui affermò che il Mount Temple, su cui era a bordo, appena avvistato il Titanic si fermò con tutte le luci accese per circa due ore, fino all’affondamento della nave. La mattina girò in tondo mentre il Carpathia raccoglieva i superstiti. Il capitano Moore, che aveva fretta di lasciare la zona, non fu messo sotto torchio in nessuna delle due inchieste, nonostante alcuni “ripensamenti” durante la deposizione. Dopo l’inchiesta Lord ricevette una lettera di un ex ufficiale del Mount Temple, Baker, che confermava sia la presenza della nave a quattordici miglia dal Titanic, anziché quaranta come sostenuto da Moore, sia il sospetto che il punto nave calcolato da Boxhall fosse errato, ma il Ministero insabbiò la vicenda.

Un’altra rivelazione sensazionale avvenne nel 1962, anno della morte di Lord. Il capitano Naess rivelò che nel 1912 era imbarcato sul Samson, un brigantino a pale norvegese senza radio. Dato che la nave si dedicava alla caccia illegale delle foche in acque canadesi, pensò che i razzi fossero stati lanciati da una nave di sorveglianza che la invitava a farsi ispezionare. Perciò si allontanarono in fretta, forse a luci spente. Probabilmente la nave, fra il Californian e il Titanic, fu avvistata da entrambe alimentando l’equivoco. Lord fu scagionato nel 1992, ma solo parzialmente.

Sir Cosmo Duff Gordon

Una sottotrama inquietante riguarda la lancia n°1 da 40 posti. Fu calata con appena dodici persone, fra cui ben sette membri dell’equipaggio.

Tra i passeggeri vi era il baronetto Sir Cosmo Duff Gordon con moglie e segretaria. Pare che una signora abbia chiesto di tornare indietro a raccogliere altri superstiti, ma che Duff Gordon si sia opposto per paura che i naufraghi prendessero d’assalto la barca, rovesciandola, e che per questo abbia corrotto l’equipaggio con sette assegni da cinque sterline ciascuno.

Duff Gordon affermò che l’assegno era stato offerto per carità a persone rimaste senza lavoro che avevano perso tutto, ma i colloqui privati tra i suoi avvocati e i membri dell’equipaggio prima delle udienze alimentarono i sospetti sul vero motivo di quegli assegni, che però non furono confermati.

I superstiti

Il capitano del Carpathia Rostron affermò di aver recuperato 705 naufraghi. L’elenco trasmesso dalla sua nave contiene 803 nomi. Il Ministero per il Commercio parlò dapprima di 703 superstiti, saliti a 711 dopo l’inchiesta, la White Star il 20 aprile 1912 pubblicò un elenco di 757 scampati al disastro. Confrontando l’elenco compilato a bordo del Carpathia con la lista dei passeggeri e dell’equipaggio, ci sono 98 superstiti di troppo. È possibile che l’elenco comprenda anche clandestini e lavoratori in nero assunti sul Titanic.

Di quanti rimasero a bordo della nave, circa 300 cadaveri furono recuperati nei giorni successivi. Il più celebre fu sicuramente J.J. Astor, il milionario a cui Lightoller vietò crudelmente di salire su una delle ultime scialuppe, semivuota, e che morendo lasciò la giovane moglie Madeleine incinta.

Molte scialuppe si rifiutarono di tornare nei pressi della nave a recuperare sopravvissuti, alcuni dei pochi ripescati morirono poco dopo, in genere la temperatura non permetteva di sopravvivere più di cinque minuti in mare, anche se alcuni affermarono di essere rimasti in acqua per trenta o quaranta minuti.

Il numero comunicato da Rostron, 705, è oggi quello comunemente accettato.

Il tesoro a bordo della nave

Molto si è favoleggiato sui “tesori” che la nave avrebbe trasportato. C’era una copia delle Rubā’ iyyāt di Omar Khayyām rilegata in oro tempestato di pietre preziose; la tela La circassa al bagno era stata assicurata per 100mila dollari; Molly Brown perse tre casse piene di statuaria antica che voleva donare al museo di Denver, tra cui forse molte “patacche”; Hersh Siebald perse una copia della Torah su sette rotoli di pergamena; Emilio Portaluppi chiese 3000 dollari per un ritratto di Garibaldi firmato dallo stesso.

La White Star liquidò indennizzi per sole 136.701 sterline, ridimensionando il valore del tesoro che continuò ad alimentare leggende e speculazioni. L’unica cassaforte aperta da Ballard davanti alle telecamere si è rivelata vuota!

Conseguenze

La memoria del capitano Smith, abituato a condurre le nuove super-navi come motoscafi da corsa, non fu intaccata dalle inchieste, che diedero invece risalto alla grande invenzione di Marconi, la radio, che aveva permesso di salvare così tante vite. La presenza di un marconista attivo 24 ore su 24 fu resa obbligatoria, e le azioni della società schizzarono alle stelle.

Da quel momento le scialuppe dovettero essere sufficienti per tutti, le esercitazioni e le norme di sicurezza più severe, i razzi lanciati solo in caso di pericolo, la navigazione in presenza di ghiacci più prudente.

Il Titanic rimase la più grave sciagura marittima in tempo di pace fino al 1987, quando un traghetto nelle Filippine affondò con 4375 persone a bordo dopo una collisione con una nave cisterna. Per la White Star fu l’inizio della fine.

Ceduta dall’IMM nel 1916, nel 1934 fu addirittura acquisita dalla storica rivale, la Cunard, che mutò il suo nome in Cunard-White Star fino al 1945, anno in cui ritornò al vecchio nome, cancellando anche l’ultimo ricordo della concorrente.

Adriano Ardit
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Articolo precedentemente uscito su L’Avocetta e qui pubblicato di nuovo per gentile concessione.

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