Vissero un dì fra l’incessante ardore
D’opre serene e forti,
Ferrei di braccio e semplici cuore,
Schietti come fanciulli. – Ora son morti.
Umili e coraggiose orde sudanti
Ne le fabbriche nere,
Fra le macchine in moto e le rombanti
Frane de le miniere,
Figli dell’ombra, eroi de la materia,
Curvati a giogo acerbo,
Cui non impoverì stento o miseria
Del sangue il caldo rifluir superbo,
Caddero tutti: – sotto una ruina,
Da un ponte, in una fossa,
Nel bagliore infernal d’una fucina,
Frante e disperse l’ossa:
E a schiantarli qual tronco fulminato
Senza pietà né scampo,
Bastò il cieco crollar d’un impalcato,
Un moto audace, un colpo, un urto, un lampo:
L’abbraccio d’una cinghia roteante,
L’opera devastatrice
D’un dentato ingranaggio, e il pazzo, urlante
Scoppio d’una motrice.
. . . Chi ricorda l’innumere falange
Nel grave oblio perduta?
Sopra le frantumate ossa chi piange,
Chi s’inginocchia su la tomba muta? . . .
Ai soldati del maglio e del piccone
Chi erige monumenti,
E verdi palme e memori corone
Offre ai martiri spenti? . . .
Chi pensa a le famiglie abbandonate
Ove il sostegno manca,
Ove langue per notti aspre, vegliate
Su l’ago e il filo, una vedova stanca? . . .
. . . O membra umane sfracellate e sparse,
O care ossa sepolte,
Fronti che il sol di fiamma un dì riarse,
Chiome ribelli e folte,
Onesti cuori, muscolosi petti,
Rivivete sotterra.
Puro sangue di vinti e di reietti,
Fremi, ribolli, feconda la terra:
Trapassa in biade turgide e fiorenti
Che dian pane per tutti;
Trapassa in aurei grappoli ridenti
Che dian vino per tutti;
Per chi lavora, s’affatica e langue,
Pei bimbi e peri vegliardi! . . .
Beva il mondo i tuoi succhi, o vivo sangue,
Sangue rosso di vinti e di gagliardi;
E per l’immensa e libera e gioconda
Turba rinvigorita
Scorra e s’allarghi come vivvida onda
Un rifluir di vita
Ada Negri
Di Motta Visconti
Tratto da: Vita moderna giornale d’arte e letteratura
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