La bottega dell’orologiaio

Di Evelyn

Un certo gobbetto per nome pendolino, e di mestiere orologiaio, aveva la sua botteguccia sulla piazzetta del villaggio; e nella sua modesta vetrina erano appesi diversi orologi d’argento, d’antica forma, come piacciono alle gente di campagna. Quegli orologi, che stavano in compagnia ormai da tanti anni, non andavano però d’accordo tra loro; chei batteva tic-tac più presto, e chi più lento e in quella confusione di tempi non v’era che uno, vecchio orologio a pendolo posto nel canto più buio della bottega, che suonasse regolarmente le ore colo suo monotono cù cù.

Una mattina mentre Pendolino lavorava al suo banco, vide entrare bruscamente un servitore, portando un astuccio di peluche che conteneva un elegante orologino da signora tutto tempestato di brillanti; lo porse all’orologiaio dicendo:
– La signora contessa le manda questo per farlo accomodare; però si tratta, come vede, di un oggetto di riguardo…
Pendolino si accomodò gli occhiali per meglio esaminare, e rispose:
– Va bene, va bene; dite alla signora Contessa che non dubiti; farò di tutto per rimetterlo in ordine.
Il servitore se n’andò sbattacchiando l’uscio dietro a sè tanto forte, che tutti gli oriuoli delle vetrine ballarono sui ganci, dopo poco, si aprì nuovamente la porticina della bottega, ed ecco che entra un vecchio maestro comunale con un libro sotto il braccio e tenendo in mano un antico orologio da tasca, di quelli detti cipolloni, a doppia cassa, colla mostra tutta sbiadita dal tempo.
– Guardi, signor Pendolino! Le porto qua il mio amico affinchè lo guarisca… E’ da un mese che non va più bene…
– La ragione sarà che è molto usato, caro maestro – osservò l’orologiaio.
– Eh… lo so! Ma che vuole, non saprei adattarmi ad averne uno nuovo; è più di quarant’anni che questo mi tiene fedele compagnia, e quantunque brutto e fuor di moda, mi fa sempre un grande servizio: meriterebbe, come il suo padrone, di essere collocato a riposo e pensionato dal Comune.
– Ih, ih, ih! Lei, sor maestro, ha sempre le sue barzellette – disse ridendo l’orologiaio. – Ma mi lasci il suo oriolo e vedrà che glielo rimetterò a nuovo.
Suonavano le campane di mezzogiorno, e Pendolino chiuse la sua bottega e se ne andò a desinare. Gli orologi, rimasti soli nella stanzetta oscura, cominciarono a fare due chiacchiere tra loro….. Non lo credete voi?… eppure il grande Shahespeare ha detto che: anche le cose inanimate hanno una voce se abbiamo parecchie per intenderla; orbene, state a sentire ciò che dicevano gli orologi.

I vecchi oriuoli d’argento erano tutti curiosi di osservare i due nuovi arrivati che stavano sul banco; e perfino il cu cù si sporse dodici volte fuori dal suo casottino per vederli meglio.
– Di dove mai venite, bello ed elegante forestiere? – domandarono gli orologi della bottega a quello dell’astuccio della signora.
– Poveri zoticoni! rispose questi con superbia – sono un grande personaggio, non lo vedete?… Appartengo alla contessa e le segno allegramente le ore dorate dell’ozio e del divertimento, quand’è in città; ma quando sono qua con lei in campagna per dire il vero, la padroncina non fa che strappazzarmi dicendo che segno troppo adagio il tempo.
“Dio mio! come mi annoio… ” ripete sempre tra sè; e l’altra sera mi caricò con tanta impetuosità bizzosa, che mi sentii un tal giramento di ruote drr… che d’allora in poi sono stato sempre sofferente.Ma tu, vecchio cipollone! – seguitò l’orologino elegante, indirizzandosi a quello del maestro che gli stava accanto, – dimmi per curiosità, di dove mai vieni? Eri forse con Noè nell’Arca?
– Ih, ih, ih! risero tutti gli orioli.
– No, signorino – rispose in tuono severo ed offeso il vecchio cipollone – se voi non foste ignorante quanto insolente, sapreste bene che all’epoca del diluvio noi altri non esistevamo; sono attempato certo, perhè sono nato al principio del secolo, e sono forestiere perchè nativo di Ginevra.
– Faceva forse molto freddo nel tuo paese, che stai così impastranato? chiese l’orologino, alludendo con ironia alla doppia cassa del vecchio ginevrino.
– Ai tempi miei, signorino, si usava coprirsi di più, ed è perciò che, ho goduto finora buona salute, e l’avrei sempre se non avessi avuto la disgrazia un mese fa di cadere nella neve…

Come nella neve?… esclamarono in coro gli orologi.
– Si, nella neve, ed ecco come: il mio padrone, andava a visitare un suo scolaretto ammalato che stava lontano, di là dei monti; e quando vi giunse, trovò che il cuore di quel ragazzo non faceva più tic-tac, tic-tac, come pare che facciano anche i cuori umani; la sua ruota maestra si era fermata per sempre!… Il mio padrone piangeva, perchè vuol tanto bene ai suoi scolari; e fu allora, nel tornare a casa, che mi lasciò scivolare dalle sue mani tremanti d’emozione, e caddi nella neve; nė d’allora in poi sono stato più bene.
– Sarai forse influenzato! osservò ironicamente l’orologino elegante.
– Non conosco questo vocabolo rispose sentenziosamente il cipollone – so soltanto che mi preme di guarire al più presto per poter essere sempre utile al buon Maestro. Come mi sento onorato di segnare colle mie lancette arrugginite quel tempo che egli spende laboriosamente per il bene della gioventù! Tempo prezioso, che avrà più merito di quello che segnate voi agli oziosi, mio giovane amico, colle vostre belle lancettine brillantate.
– Cu cù, cu cù! ripetè l’ orologio a pendolo, dando con enfasi la sua approvazione a quelle parole.

Evelyn

Tratto da Google Libri
Frugolino giornale dei fanciulli – 1893