LA BANDIERA NAZIONALE ITALIANA

Quando sotto il piccone demolitore nelle giornate di luglio del 1789 ruinava già la Bastiglia, e cadevano le prime vittime del furor popolare, Luigi XVI, che buono, ma oscillante e pauroso, tante ansie avea già cagionate all’Assemblea Nazionale fino quasi a disconoscerla, ora affidavasi ad essa chiedendole protezione e conforto.
E dalla deputazione che l’assemblea mandava a Parigi a portar la lieta novella della sua riconciliazione col Re, la città sceglieva acclamante a suo maire, dopo la morte dello sfortunato Flesselles, il Bailly, e a comandante supremo della guardia Nazionale, dopo il rifiuto del duca d’Aumont, il marchese di Lafayette.
Questo era il nome d’un valoroso campione della libertà americana; e quella tempra d’antico cavaliere, che avea combattuto per così santa idea al fianco di Washington consacrò intera la rettitudine e l’energia della sua mente a formare dei disparati elementi ond’era composta quella milizia un tutto omogeneo a tutela della pubblica tranquillità e della esecuzione delle leggi, che i rappresentanti di tutta una nazione venivano mano mano emanando per la patria redenzione sociale. E a stringere in unità di pensiero e di scopo tutto quel popolo in armi, chiese alla città di Parigi il rosso e turchino della sua bandiera, v’aggiunse il bianco colore del Re e ne ebbe la bandiera tricolore, alla quale, come a simbolo di libertà rivendicate, prediceva con accento fatidico che avrebbe compiuto il giro del mondo. Tanto è vero che la fede negli ideali gloriosi della patria, come la fede negli ideali della religione sanno contare del pari ciascuna come i proprii martiri, così i proprii profeti.

Da Wiki Bandiera di Parigi con stemma

In questa guisa la bandiera, che infino a qui non era stata che un segno di riconoscimento dinastico o militare, adottata in Francia dalla nuova Guardia Nazionale, che prestava man ferma all’attuazione delle conchiusioni e dei diritti che venivano stabiliti dall’Assemblea, non era più il distintivo che un principe od un sovrano dava al suo esercito, ma diveniva il distintivo dell’esercito del popolo, tutore delle proprie libertà e quindi simbolo delle libertà guadagnate e della nazione medesima.

Ma gli Italiani non comprendevano ancora il nuovo significato che si poteva dare alla bandiera; epperò quando la Francia, sotto colore di venire in aiuto agli oppressi fratelli, non porta all’Italia, facilmente gonfiandola con paroloni che per la loro inutilità sono un insulto, che uno scambio di catene, gli Italiani si dividono in due schiere, che possiamo chiamare dei conservatori ligii ai ceppi antichi; e dei novatori, che credono scemare dolore di schiavitù con mutamento di ceppi, e per ciò inneggiano ai Francesi.

Onde, non essendo un ideale di autorità propria e d’autonomia quello che muta la bandiera in Italia, ma uno inchinarsi alle idee di Francia accettate insieme al nuovo giogo, la bandiera dei novatori in Italia nei primi anni che succedono alla rivoluzione francese non è che la bandiera dei tre colori di Francia; e però la parola tricolore in Italia in questo tempo non è precisamente che un sinonimo di bandiera francese.

Certo alcuni moti prima repressi che svolti, avvengono in questi anni in Italia. Degno di nota è quello di Luigi Zamboni di Bologna e di Gio. Batta De Rolandis di Castel d’Alfeo d’Asti, preparato pel 13 novembre 1794 a sottrarre Bologna al dominio papale; il quale si chiuse collo strangolamento del Zamboni prima del processo, colla morte in prigione del padre di lui a 77 anni, e con condanne alla forca, ai ferri perpetui o temporanei e all’esilio per sentenza del 19 aprile 1796.

E degno di nota, dicevo io, è questo moto del Zamboni perchè questi avendo intenzione di non far la scimmia ai colori di Francia, sceglie bandiera speciale col bianco e col rosso colori di Bologna. Ma vi aggiunse egli il verde? Dal processo non risulta; in esso non v’è accenno a questo colore che nell’ interrogatorio di Geltrude Nazzari vedova Pirotti, la quale confessava d’aver avuto dalla Brigida Borghi Zamboni madre di Luigi del cavadino verde e della roba bianca e rossa per farne rosettine della grandezza di circa due volte un baioccone di rame.

E ben vero che la Zamboni richiesta a sua volta disse che col bianco era stato nelle rosette mischiato il rosso ed il verde per uniformarsi al dipinto della camera di casa Savioli per la quale erano fatte. Ma fu questa la verità, o una risposta data ad arte per eludere l’interrogante?

Su questa notizia ben dubbia Augusto Aglebert bolognese, amantissimo della sua patria, ma altrettanto scrittore fantasioso ricamò tutto un opuscolo di circa 200 pagine, e lo seguirono nell’epica rappresentazione del nascimento della nostra bandiera molti altri, ciecamente credendo all’Aglebert, che dichiarava d’aver desunte le notizie dal processo medesimo istruito a carico di Zamboni, De Rolandis e de’ loro compagni.

Veramente sarebbe facile tema ad una rettorica che avesse per fine l’applauso, il descrivere vivamente il quadro dei conati e dei patimenti di questi campioni e le torture, le condanne, le morti inflitte nel nome SS. di Dio da Gio. Andrea Archetti prete e Cardinale del titolo di S. Eusebio e da Antonio Innocenzo Innocenzi…. in ambe le leggi dottore ed avvocato, prete e Cardinale del Titolo dei Santi Nereo ed Achilleo, per il Santissimo N. S……. e per la S. Sede Apostolica Legati a Latere successivamente della città e contado di Bologna ecc. per mostrare bella del sangue dei martiri fin dalla nascita la nostra bandiera.

Ma la esattezza storica ha le sue esigenze. Il Prof. Vittorio Fiorini, che a ciò accennava in una sua monografia dell’anno scorso e che attende ora alla prossima pubblicazione di un largo estratto di quel processo 1, m’assicurava ripetutamente e con minuta discussione, e gliene rendo qui pubbliche grazie, che dal processo non risulta affatto che il Zamboni e il De Rolandis abbiano ideato la bandiera tricolore e poichè così è, meglio un applauso di meno, ma una verità di più sgombrata di tenebre 2.
Se però non è certo che la nostra bandiera bianca, rossa e verde sia nata nel 1794 in Bologna, la vedremo due anni di poi scelta a distintivo militare in Milano.

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Ma l’Amministrazione generale della Lombardia fin dal 9 dello stesso mese (NdR. Ottobre 1796) stabiliva alle sette coorti della legione lombarda la bandiera tricolore bianca, rossa e verde 3; e sul finir di gennaio del 1797 la nuova bandiera era assunta in Milano anche dalla Guardia Nazionale 4.

Intanto la Giunta di difesa della Cispadana pubblicando le Norme di formazione della prima legione italiana stabilisce che ogni coorte abbia la sua bandiera a tre colori nazionali italiani adorna degli emblemi della libertà.

I rappresentanti delle città cispadane adunatisi in Reggio il 26 dicembre 1896 nell’Archivio Vecchio, danno per la prima volta al tricolore italiano un alto significato politico; e il 7 gennaio 1797 decretano che lo Stemma della repubblica Cispadana sia innalzato in tutti quei luoghi nei quali è solito che si tenga lo stemma della sovranità; che sia universale lo Stendardo e la bandiera Cispadana di tre colori: verde, bianco e rosso col turcasso; che li predetti tre colori si usino nella coccarda Cispadana da portarsi da tutti.

Da Wiki Bandiera Repubblica Cispadana

Cosi i tre colori, sì nella repubblica Cispadana che nella Lombardia 5, si spiegavano a rappresentare le speranze di libertà disposti bizzarramente in modi diversi. Ma già le terre italiane libere al di qua e al di là del Po anelanti alla stretta fraterna si fondevano il 27 luglio 1797 in una unica repubblica Cisalpina, che il trattato del prossimo 17 ottobre dovea riconoscer 6. Finalmente l’11 maggio 1798 il Gran Consiglio della repubblica Cisalpina emanava il seguente decreto:

“Il gran Consiglio, considerando doversi determinare la bandiera Cisalpina si per l’uso della navigazione, che per ogni altro pubblico segnale, dichiarato il caso d’urgenza, sul motivo di non ritardare la dovuta protezione al Commercio marittimo della Nazione

risolve:

“La Bandiera della Nazione Cisalpina è formata di tre bande parallele all’asta, la prossima all’asta verde, la successiva bianca, la terza rossa.

“L’asta è similmente tricolorata a spirale colla punta bianca. “La presente risoluzione sarà stampata.”

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1 VITTORIO FIORINI, Chi inventò il tricolore italiano, Monografia pubblicata nel Resto del Carlino Giornale di Bologna, Anno VIII, n. 147, 156, 159, 162 (27 maggio, 5-8-11, giugno 1891).

2 Segue l’Aglebert nel dare il vanto d’aver per primo messo fuori nel 1794 bandiera tricolore al Zamboni anche FRANCESCO CUSANI (Storia di Milano dall’origine ai nostri giorni e cenni storico-statistici sulle città e province lombarde, Milano, Pirotta e C., 1861-84, Vol. V). Ma nega che i tre colori della bandiera sieno stati scelti per concezione propria dal Zamboni e suppone, che il bianco, il rosso e il verde vengano dalla Massoneria, ed in special modo dai simboli usati nelle iniziazioni al Rito egiziano introdotto in Italia dal Cagliostro. Conforta la sua ipotesi citando un opuscolo Il Cagliostrismo svelato anonimo stampato nel 1791 in Venezia sulla scorta del quale dice che una riforma di Franchi Muratori ideata dal Cagliostro e da lui detta degli Illuminati dell’Alta Osservanza ossia Rito egiziano prescriveva fra le cerimonie della iniziazione di bendare gli occhi al neofito con una benda di seta nera terminante in tre ale: una bianca, una rossa e una verde. Accolse questa opinione il CANTÙ (loc. cit.) e la combatterono destituendola di fondamento, FELICE VENOSTA (op. cit., Prolegomeni), AGLEBERT nell’ediz. 1880 del suo opuscolo e FRANCHETTI nell’articolo citato della Rassegna settimanale riassumendo largamente le argomentazioni dell’Aglebert, come questi s’era giovato del lavoro del Venosta.

3 Per le notizie riguardanti la bandiera tricolore nazionale nelle repubbliche Cispadana e Transpadana, e nella Cisalpina venuta dalla fusione di esse rimando una volta per sempre alla bella monografia citata. del prof. Vittorio Fiorini.

L’Amministrazione Genovese della Lombardia l’8 ottobre 1796 pubblicava un proclama che annunziava esserle pervenuta una petizione formata da alcune migliaia di patrioti, i quali la pregavano di ottenere da Bonaparte l’istituzione di una legione lombarda. Il dì appresso, d’accordo col Generale, pubblicava un piano di organizzazione della legione suddetta, nel quale, fra l’altro, si leggeva: Ogni coorte avrà il suo stendardo TRICOLORATO NAZIONALE LOMBARDO distinto per numero e ornato degli emblemi della libertà.

Quale fosse questo stendardo tricolorato nazionale lombardo, lo dice Napoleone stesso in una lettera dell’11 ottobre 1796 al Direttorio (Corresp. d. Nap. I, n. 1089, Tomo II, pag. 85) in cui dice: Vous y trouverez l’organization de la légion lombarde; les couleurs nationales qu’ils ont adoptées sont le vert, le blanc et le rouge.

4 II THIERS (op. cit., lib. XXXIII) dice che la città di Milano preparandosi ad accogliere il generale francese (quindi prima del 15 maggio 1790) istituì una guardia nazionale con le insegne a tre colori, verde, rosso e bianco; e il duca Serbelloni ebbe l’incarico di comandarla.

A correggere l’inesattezza del Thiers giova ricordare che una milizia cittadina sotto i nomi di milizia urbana e forese esisteva in Milano fino dal sec. XVIJ. La Municipalità di Milano la trasformò dopo l’entrata dei francesi nel 1796 in Guardia Nazionale e con decreto del 19 agosto la distribuiva in 8 battaglioni. I tre colori verde, rosso e bianco furono assunti dalla Guardia Nazionale Milanese solo dopo il 27 gennaio 1797; poi che il generale Kilmaine scriveva sotto questa data ad Alessandro Triulzio comandante della Guardia Nazionale: Vi prevengo, cittadino, essere desiderio del generale in capo, che la Guardia Nazionale milanese D’ORA INNANZI porti i colori verde, bianco e rosso.

5 Quanto allo stendersi dell’uso dei tre colori nazionali nella Cispadana e nella Lombardia continuo a spigolare dagli articoli del prof. Fiorini:
Il Cronista Rovatti nota sotto il di 16 gennaio 1797 come cosa nuova e non mai vista in Modena che essendosi i componenti la Giunta di difesa generale recati in quella città per fissarvi la loro dimora, stabiliscono la loro residenza nel Palazzo Rangone nella Strada Maestra marcata F/522 e che viene guerrito dalle Guardie Civiche e nella cui bandiera sventola la bandiera Cispadana verde, bianca e rossa.

Il 23 gennaio il Comitato di Governo di Modena e Reggio esprime al Congresso Cispadano il dubbio di non poter esso, legato alla generosa Repubblica Francese da cui riconosce la propria autorità, ordinare il cambiamento dello stemma e della coccarda.

Il 30 gennaio, dice il Rovatti, fanno per la prima volta vaga comparsa insieme colle altre guardie civiche vestite in bleu alla francese, alcuni pelottoni di guardie civiche vestite del nuovo uniforme verde, il petto rosso, i calzoni bianchi e la coccarda bianca, rossa e verde. In breve tutta la guardia ha la nuova uniforme.

L’11 febbraio sostituiscono all’albero della libertà eretto il 7 ottobre 1796 un nuovo albero con bandiere tricolori francesi e nazionali.

Il 12 la guardia Civica di Modena spiega per la prima volta la bandiera tricolore Cispadana di tre striscie parallele fra loro perpendicolarmente all’asta, la superiore è rossa, ed ha il motto Libertà-Eguaglianza: nella bianca che sta nel mezzo, è dipinto il turcasso contornato con corona civica e fiancheggiato dalle lettere R. C. nella verde si legge: Guardia Civica Modenese.

Il 27 maggio il Senato di Bologna prescrive con un proclama agli ecclesiastici di mettere in mostra e non tenere nascosta nel cappello la coccarda nazionale.

Nel marzo 1797 il Governo provvisorio di Brescia ordina che gli stendardi sieno dei tre colori nazionali.

Il 14 aprile la Commissione Centrale di polizia decreta: tutti gli abitanti della Lombardia dovranno portare la coccarda nazionale o francese. Il 15 maggio un proclama di Napoleone dice: Il generale in capo proibisce a qualsiasi individuo eccetto i militari e gli impiegati dell’esercito di portare i tre colori francesi; proibisce egualmente a chicchessia eccetto i cittadini della Cispadana e della Lombardia di portare i tre colori nazionali.

6 Nel mese di Frimale dell’anno VI (novembre-dicembre 1797) fu scritta da GIOVANNI PINDEMONTE, e recitata in Milano una ode che per quel ch’io so, è la prima poesia che accenni a bandiera tricolore italiana. Nè, se questo non fosse, meriterebbe di essere ricordata. Eccone un saggio, che comincia traducendo i soliti epiteti delle città che Senofonte narra aver toccato Ciro nella sua anabasi.

Oh! fortunata, popolosa e vasta
Città fondata da vetusti Insubri!
In cui rifulse un di la Sforzesca asta
E sibilâro i Viscontei colubri!
In cui per tante età con ferreo freno
Domino Boreal barbaro regno,
Che l’adipe succhiò del tuo terreno
E de’ tuoi figli intorpidi l’ingegno.
Oggi in te la Repubblica nascente
Fonda suo centro e di sua possa il nido;
E finor troppo ignoto Italia sente
Uscir da te di libertade il grido.
Al Mincio istesso nel cui forte aiuto
Il Teutone oppressor vivea tranquillo
Sulle torri ondeggiar vede il temuto
Tricolorato libero vessillo….

cfr. DOMENICO MAJOCCHI – L’Italia, Raccolta di poesie politiche, Milano, Pagnoni, 1861

Articolo tratto da: La bandiera nazionale italiana: discorso con note e documenti
Di Rocco Murari
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