Kiev. La Russia libera

Di William Hepworth Dixon – 1875

Le città più antiche della Russia, le sue antiche capitali, molto anteriori alla costruzione del Palazzo d’Inverno,
Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo, in Russia, fu dal 1732 al 1917 la residenza ufficiale degli Zar di Russia.

a quella del Kremlin che si rizza sulle sponde della Moscova, Kiev e Novgorod in una parola, sono ancora le città poetiche e riverite dell’Impero; la prima è la colonna della sua fede, la seconda quella della potenza imperiale.
Kiev non fa parte della Russia propriamente detta, e più di uno storico la considera come una città polacca. La popolazione è rutena.

Ruteni (ucraino: русини; traslitterazione: rusyny)1 è un termine che inizialmente era usato per riferirsi ai Rus, gli abitanti della Rus’ di Kiev. Successivamente questo termine finì per diversificarsi, per riferirsi ai ruteni moderni (ucraini), ruteni bianchi (bielorussi) e ruteni rossi (russi).

Durante secoli, Kiev fu una delle gemme della corona dei Jagelloni.

I Jagelloni (anche Jagelloni) erano una linea collaterale del Casato di Gediminas originaria in linea maschile della Lituania e una dinastia europea che ha fornito i re polacchi e i Gran Principi di Lituania dal 1386 al 1572. Furono anche re ungheresi, croati e boemi dal XV secolo.

Le pianure che si stendono sulla frontiera orientale del governo di Kiev sono le steppe dell’Ucraina, paese dei cosacchi Zaporoghi,

I cosacchi zaporiani erano una comunità distinta di cosacchi che vivevano nel basso corso del fiume Dnieper dalla fine del XV secolo. Si stabilirono sul corso inferiore del fiume Dnieper, dietro le cosiddette rapide del Dnieper. In questa zona stepposa, poco controllata dagli Stati circostanti, potevano vivere liberamente e costruire piccole città e insediamenti in legno, i cosiddetti Sitsch.

dell’etmanno Mazeppa,

Ivan Stepanovich Mazepa, affrancato come Jean Mazeppa nelle prime fonti, nato il 30 marzo 1639 e morto il 2 ottobre 1709, fu un hetman (comandante) dei cosacchi ucraini, militare, mecenate delle arti ed eroe della nazione ucraina.

terra delle leggende commoventi e dei canti insurrezionali. La razza è polacca; i costumi sono polacchi. Lì pertanto si trova la culla di quella Chiesa che modello a sua immagine tutta la vita politica, sociale e domestica della Russia.

La città si compone di tre quartieri, o meglio di tre città distinte: Podol, il Vecchio-Kiev, e Petsciersk. Tutte rigurgitano di uffici, di magazzini, di chiostri. Nullameno, la prima è specialmente la sede del commercio; la seconda, quella del governo; la terza, il convegno dei pellegrini. Costruite sopra roccie scoscese, esse stanno a picco sul Dnieper; la loro popolazione può essere computata a circa settanta mila anime; esse racchiudono, divisa in due reliquie diverse, tutta la spoglia mortale del duca pagano che è diventato il santo più eminente del paese.

Vladimir I. c. 960 vicino a Pskov; † 15. luglio 1015 a Berestovo presso Kiev, detto Vladimir il Grande o Vladimir il Santo, fu Gran Principe di Kiev dal 978 -980 al 1015. È considerato il principe più importante della Rus’ di Kiev, che, tra l’altro, avviò la cristianizzazione della Rus’.

Kiev è la città delle leggende, dei fatti memorabili; essa ha veduto la predicazione di sant’ Andrea, la pietà di santa Olga, la conversione di san Vladimiro, l’assalto dei Mongoli, la conquista polacca, la vittoria definitiva di Pietro il Grande. Le provincie che circondano Kiev ebbero sorti comuni, e risvegliano altresì una folla di ricordi storici.
L’Ucraina, patria di Mazeppa, ha annali fecondi di scorrerie, di fughe, di attacchi notturni, di saccheggi. Ogni villaggio ha la sua leggenda, ogni città il suo poema epico di guerra o d’amore. Questa cappella s’innalza nel luogo dove un granduca fu ucciso; questa eminenza è la sepoltura di un’orda tartara; su questo piano si diede una battaglia contro i Polacchi. Gli uomini vi sono meglio fatti, più energici, le case meglio fabbricate, e le campagne meglio coltivate che nel nord e nell’est.
La musica è più viva, l’acquavite più forte, l’amore più appassionato, l’odio più profondo che nelle altre provincie dell’Impero. È il paese di Gogol; egli tolse di l
ì le scene delle sue novelle più popolari.

Al piede delle due alte colline, ad una lega dal Vecchio Kiev, sul quale Vladimir costrusse il suo harem ed elevò la statua del suo dio pagano, alcuni pii eremiti, Antonio, Teodosia, scavarono nella roccia friabile delle gallerie e delle abitazioni sotterranee; lì, modello di tutte le virtù, essi vissero e morirono da santi. La parola russa che significa grotta è petscierà, dalla quale si diede al luogo il nome di Petsciersk.
Al disopra delle celle che abitarono quegli eremiti, due conventi furono successivamente innalzati; essi ricevettero i nomi di Antonio e di Teodosia, divenuti più tardi i santi protettori di Kiev e considerati siccome i padri di tutt’i Russi che abbracciano la vita monastica.
Delle scarpe
(Particolare conformazione della superficie esterna di un terreno) erbose e piantate d’alberi mettono il primo convento, quello di Antonio, in comunicazione, da una parte, con la vecchia città, dall’altra, col monastero di Teodosia. Questi due edifizii, di uno stile nobile e puro, di una costruzione notevole per la sua solidità, si noverano tra i più belli dell’Europa orientale. Delle cupole e dei campanili li sormontano; tutti muri sono fregiati di quadri rappresentanti scene della vita dei santi.
Il suolo stesso è sacro. Un centinaio di eremiti abita le catacombe, ed una moltitudine di uomini, vittime volontarie della penitenza, cadono in polvere nelle nicchie che fiancheggiano il corridoio. Ho detto: cadono in polvere. Quale eresia! Mai i corpi dei santi si decompongono, mai subiscono la corruzione.
La purezza della carne nella morte non è forse un segno evidente della sua purezza durante la vita, e la spoglia dei perfetti non è forse tanto incorruttibile quanto la loro anima?
Nel convento di Sant’Antonio, si mostra al visitatore la testa di san Vladimiro, o meglio il pezzo di velluto che le serve, dicesi, d’involucro. Si assicura che la pelle ha conservata la sua morbidezza, i muscoli la loro integrità, e che non emana alcun cattivo odore.

È difficile ad un forastiero di pronunciarsi sulla completa conservazione di quei santi e di quei monaci di un’altra età l’occhio non vede che una bara, una coltre di velluto ed una iscrizione di fresco tracciata in lingua slava.
Cinquanta mila pellegrini, ruteni per la maggior parte, vengono durante l’estate dai governi di Podolia, di Kiev e di Volinia, a visitare questi sepolcri.
All’epoca in cui Kiev scosse il giogo dei Tartari, le vicissitudini della guerra ne fecero una città polacca, da moscovita che era; strappata al ramo orientale della razza slava, essa fu riunita al ramoscello occidentale. Essa non era mai stata russa come Mosca.

Di tutte le città russe dell’interno, essa è la più vantaggiosamente situata. Seduta sopra una catena di roccie, essa domina un’immensa estensione di steppe ed un potente fiume navigabile. È il porto e la capitale dell’ Ucrania; i Russi del Don, dell’Ural, del Dniester hanno gli occhi fissi su lei, ed in ogni occasione aspettano per agire la parola d’ordine caduta dalla sua bocca.
Con la mano destra essa s’appoggia sulla Polonia; con la sinistra, sulla Russia. Lambisce la Galizia e la Moldavia; guarda in faccia ai Bulgari, ai Montenegrini ed ai Serbi: essa forma un compendio di tutte le razze e di tutti culti slavi.
Un terzo della sua popolazione è moscovita; un altro terzo, russo; l’ultimo, polacco.
In religione, è ortodossa, cattolica romana, greca unita. Se qualche città d’Europa riunisce le condizioni richieste per essere la capitale che sogna l’immaginazione dei panslavisti, dessa è Kiev indubbiamente.

NdR: il nome della città Kiev, è una traslitterazione dal russo cirillico Киев, in ucraino è Kyiv (Київ), e si pronuncia kiiv.

 

Articolo tratto da: La Russia libera
Di William Hepworth Dixon
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