I RE MAGI

Un solo giorno non basta alla letizia cui gli animi si abbandonano nella ricorrenza del Natale: la gioia, che in quel giorno rende buoni gli uomini, perdura nei dì che chiudono l’anno morente, e in quelli in cui il nuovo ha principio.

Il ciclo delle feste natalizie si chiude coll’Epifania, talchè un proverbio genovese ci dice:

«L’Epifania
Tutte le feste se le porta via.
»

L’arrivo a Betlemme dei Re Magi venuti dall’ Oriente, è, degli episodii della vita di Gesù, quello di cui ricorre l’anniversario nel giorno dell’Epifania. È in questo giorno che nei presepii vengono accolte le figure dei Magi, tutte splendide d’oro e d’argento; è in questo giorno, in molte città più solenne del Natale, che i babbi e le mamme regalano i loro bimbi in memoria dei doni che in quel giorno i re dell’ Oriente offrirono al divino infante.

Chi erano i Re Magi?

La prima fonte storica, che ci parla dei Magi che adorarono Gesù, è il Vangelo di San Matteo. L’evangelista racconta, che «essendo Gesù nato in Betleem di Giudea ai tempi del re Erode, dei Magi arrivarono dall’ Oriente in Gerusalemme, dicendo: Dov’è il re dei Giudei che è nato? giacchè abbiamo veduto la sua stella in Oriente, e siamo venuti ad adorarlo.»
Segue il Vangelo narrando che Erode, di ciò turbato, domandò ai sacerdoti dove il Cristo doveva nascere. Risposero che, secondo le profezie, doveva nascere in Betleem. Allora Erode, fatti chiamare i Magi, li mandò a Betleem, incaricandoli poi di dargli notizia del fanciullino, affinchè egli pure potesse andare ad adorarlo.
I Magi sì partirono, «ed ecco la stella, che avevano veduta in Oriente, andava dinanzi a loro, finchè, giunta disopra al luogo dove era il fanciullino, vi si fermò». Allora, entrati dove il Bambino stava nell’umil presepe accolto, lo adorarono e gli offrirono oro, incenso e mirra.

La tradizione popolare riproduce il racconto dell’evangelista, ma vi introduce una variante importantissima, attribuendo a quei Magi la qualità di re. Ne nacque tra gli scrittori ecclesiastici una viva controversia, che diede luogo a ricerche storiche importantissime.

Si domandò: A quali persone si dava il nome di Magi nel tempo in cui Gesù Cristo nacque? Vi erano re che portassero tal nome? Che cosa era la magia professata da coloro che adorarono Gesù?

Sant’Eusebio da Cesarea scrive che presso gli antichi esistevano tre sorta di magi. Quelli della prima specie erano filosofi sapienti astinentissimi; altri erano sacerdoti persiani; alla terza categoria infine appartenevano coloro che attendevano alle invocazioni dei demoni cattivi, o alle predizioni, o allo studio delle cose occulte. Filone Ebreo nel libro sulle leggi, dice che quest’ultima specie di magia è un’arte malvagia, mentre la vera magia ha dignità di scienza.

Secondo Sant’Eusebio di Cesarea, la magia della prima specie era scienza, della seconda religione, della terza arte diabolica. E come arte diabolica la magia fu a lungo ed aspramente combattuta dalla chiesa.

Nella storia della magia bisogna distinguere due periodi diversi. Nel primo periodo la magia è una trattazione empirica di scienze diverse, compenetrate nella religione; perchè nei tempi antichi la scienza era patrimonio quasi esclusivo dei sacerdoti.

La magia è, per altro, sempre uno strano miscuglio di errori e di verità.
Ora quale era la magia professata ai tempi in cui Cristo nacque, dai popoli situati all’ Oriente della Giudea?

Della magia vogliono che fosse creatore Zoroastro, fondatore della religione persiana, una religione dommatica, quasi monoteista e saviamente organizzata; fu Zoroastro che, secondo l’Elmacino, riunì in una religione sola i Persiani, prima divisi in molte sette.

Alcuni, ad esempio il Salmasio, fanno derivare la parola magia da Mog, che fu il vero nome di Zoroastro; altri invece da Miie-gusch, «di corte orecchie» chè tale, dicono, fosse Zoroastro. Altri vogliono che magia derivi dall’ ebraico Moug o Mag, che significa andare in dissoluzione, e, figuratamente, scoraggiarsi, esser vinto, perchè si credeva che i maghi colle arti loro potessero far volgere in fuga i nemici. Infine altri sostengono che magia ha il suo etimo in Hagah, donde Mehagah, parola ebraica, che significa bisbigliare, mormorare, perchè i sacerdoti persiani pronunciavano sommessamente le loro preci e i loro scongiuri.
Ma queste etimologie hanno assai poco valore, e non possono esser prese come base per determinare l’essenza deila magia. Maggior lume ci danno gli scrittori greci. Diogene Laerzio, nel proemio alla vita di Pitagora, dice che i filosofi erano chiamati maghi presso i Babilonesi, gli Assiri e Caldei, gimnosofisti dagli Indiani, druidi dai Celti.

Secondo Porfirio i maghi erano quei sapienti che si dedicavano al culto di Dio, e mago nella lingua persiana significava sacerdote. Lo stesso affermano Apuleio, Apollonio ed Hesychio, che scrive: «I Persiani chiamano mago chi è pio, teologo e sacerdote.»

Ma per ritenere che vera sia l’opinione di coloro che dicono persiani i Magi, che adorarono Gesù, vi è un’altra ragione di grandissimo valore. Al tempo in cui Cristo nacque, era comune la credenza che, proprio in quegli anni, dovesse nascere il Messia, il Re dei Giudei, il redentore del popolo; ce lo attestano anche scrittori profani di quei tempi: Svetonio, Tacito e Giuseppe Ebreo. Nell’Arabia deserta, nella Persia, nella Caldea, questa credenza forse non era ignota: certo vi era conosciutissimo l’oracolo di Baalam, che aveva annunziato che una nuova stella sarebbe apparsa, come segno della nascita del Re dei Giudei.

Ora l’apparizione di una nuova stella potè facilmente indurre i sacerdoti persiani a credere che essa fosse la stella prediletta da Baalam; tanto più che, come dicemmo, forse non ignoravano che proprio in quel tempo era atteso dagli Ebrei il Messia.

Però i Magi viaggiarono alla volta di Gerusalemme, e certi che fosse già nota la nascita del redentore, domandarono: Dov’è il Re dei Giudei che è nato? Fu allora che Erode, saputo dai sacerdoti che, secondo le profezie, il Messia doveva nascere in Betleem, ne informò i Magi. Questi partirono per Betleem, e, narra il Vangelo, la stella che avevano veduto in Oriente mostrava loro la via, e si fermò dove il Bambino stava nell’umil presepe accolto. Entrarono nella casa, e, prostrati innanzi a Gesù, gli offrirono i loro doni.

Strane e varie sono le opinioni dei sacri scrittori intorno alla durata del viaggio dei Magi, e al tempo dell’apparizione della nuova stella. Coloro i quali credono che i Magi abbiano dovuto impiegare due anni nel loro viaggio, dicono che la nuova stella apparve loro due anni prima della nascita di Cristo. Secondo altri scrittori, la nuova stella apparve proprio il giorno in cui Cristo nacque, e però i magi avrebbero, con camelli e dromedarii, compiuto il loro viaggio in tredici giorni.

Non meno importante è la controversia agitata sulla natura della stella apparsa ai Magi.

Sant’Agostino la chiama magnifica lingua del cielo, e crede, con Leone il grande, Dione Crisostomo ed altri, che fosse un nuovo astro creato per annunciare agli uomini la nascita di Cristo. Alcuni credettero che la stella apparsa ai magi non fosse che un angelo col corpo luminoso; secondo altri era lo Spirito Santo.

Origene crede che fosse una cometa; e Plinio, nella sua storia naturale, ci dice che a quei tempi apparve una cometa, dall’argentea chioma rutilante, che appena poteva fissarsi, e che in essa si mostrava, quasi sotto umana specie, l’effigie di un Dio. E Sant’ Ignazio ci dice che la stella apparsa ai Magi vinceva in splendore la luna e le stelle. Non è improbabile che nella meravigliosa cometa, di cui parla Plinio, i Magi ravvisassero l’astro predetto da Baalam. Il Calmet crede invece che fosse una meteora luminosa mobile e questa ipotesi non è certo inverosimile.

XXX.

Articolo tratto da: Rivista illustrata settimanale
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Balaam, indovino o stregone