La Marantega

La sera de la vizilia de la Pefania i putei e le putele i taca ‘na calzeta a la caena del fogher, parché la Marantega ghe porta qualcossa.
Sta Marantega la xe ‘na vecia che la stà sempre su la napa del camin, e la xe seca e longa de figura, e no la vien zozo che ‘na volta l’ano, la note de la Pefania, che la xe la so note.
I putei, dopo che i ga tacà la calzeta a la caena, i parecia sul fogher ‘na tola co de le robe da magnar, e quando che i xe per andar in leto, i va soto ‘l camin e i dise:

Marantega barola,
T’ò parecià la tola;
Adesso vago in leto,
Xe un ano che te speto:
Go messo qua la calzeta mia,
Impenissimela de bone cose e po’ scampa via.

E sta Marantega al punto de la meza note la vien zo, e ai putei che xe boni la ghe porta dei bomboni e tante bele robe, e a quei che xe cativi la ghe porta dela cenare, dei carboni e un legno.


Tratto da: Tradizioni popolari veneziane raccolte da Dom. Giuseppe Bernoni – 1875

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Non posso far a meno di qui accennare la befana o versiera, detta a Venezia la marantega, specie di spirito o folletto femmina, che dicesi sorvegli alla condotta dei fanciulli. Non vi sono però al presente che questi soli che credano alla esistenza di questo spirito.

Costumasi la sera che precede al giorno della Epifania (1) attaccare alla catena sostenente le pentole nei cammini da fuoco una calzetta di grandezza propria della età dei ragazzini. Al mattino dietro trovasi questa piena di galanterie e di cose dolci, che dimostrano la soddisfazione del folletto sul morale carattere e sull’esito degli studii di chi quella calzetta portava. Non di rado la marantega, se un po’ malcontenta, v’introduce qualche cosa brutta e scritti minaccevoli.

Il particolare si è, che questo uso non è circoscritto alla giovanissima età, ma le ragazze e fino le giovani maritate attaccano o fanno attaccare la calzetta alla catena in casa dello zio, o del padrino, o del nonno, ec. Spesso la calzetta è di grandezza straordinaria e tale da poter occultare in sè un fanciullo di nove o dieci anni. Il giorno dietro già la si trova empita di oggetti distinti per bontà e valore; e rimarchi bene spesso per le vie girare qualche facchino che porta su le spalle alla casa della graziata la enorme e turgida calzetta.

(1) In antico ciò facevasi la sera antecedente al giorno di santa Lucia

Tratto da: Misteri di Venezia, Volume 1 di Edmondo Lundy


A Venezia più comunemente si dà alla Beffana il nome di Marantega; (Mater antiqua – Mare antigua).

Pei bimbi veneziani, ignari di finitezze filologiche, la marantega o redodesa è sempre quella cara vecchietta vispa e compiacente che nella notte della Epifania ha per essi un gentile pensiero, una tenera sollecitudine e dimenticando il bisogno di riposo proprio alla sua età, moltiplica sé stessa per apprestare a tutti i bimbi una pesante calza piena di frutta e bomboni.
Essa la lega con un bel nastro e l’appende nottetempo alla catena del focolare che, per la circostanza, luccica più dell’usato. Previdente, burlona, educatrice prepara ad essi ora un oggetto necessario, ora una celia che li fa ridere, ora una sorpresa che li mortifica e li corregge.
A me p. e. Una volta, l’ha fatta bella. Una mattina dell’Epifania (ahimè che gli anni non si notano più con compiacenza!) Dopo aver sognato tutta notte la calza sospirata, col cuore in sussulto, corro mezza discinta in cucina e oh meraviglia! Appese alla catena del focolare veggo due belle calze una grande ed una piccola.
I piedi d’ambedue, benchè poco artistici, tradivano nella punta e nel tallone la presenza di mele ed aranci profumati e saporitissimi, le gambe promettevano anche di più, presentando certe catene di monti che sicuramente non ne ha di eguali il famoso stivale d’Italia.
Pazza dalla gioia, corro a raccontarlo al papà lo trascino a vedere coi propri occhi. Vedi, egli dice, la marantega tanto buona, s’è pure ricordata di me e portò due calze perchè le dividiamo. Cosi faremo per accontentarla, a te la scelta. Io, mi par di vedermi, con un moto rapido, aggressivo, allungo la manina, piglio la più grande, la slaccio, l’ apro. Disillusione ! Era proprio ripiena di ceneri, di carboni, di patate, e di altre simili bruttissime cose.
Piansi con tutta l’ anima, disperatamente, e seguì in buon punto la predichetta che si chiuse col vecchio e noto proverbio veneziano che chi no se contenta dell’onesto perde el manego e anca al sesto. Ma io fui in quel caso fortunatissima, che dal papà mi venne regalata la calza minore.

Dal libro di Giambattista Bastanzi

Le superstizioni delle Alpi Venete

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