Ivan Popyalof

C’era una volta una vecchia coppia, e avevano tre figli. Due di questi erano intelligenti, ma il terzo era un sempliciotto, di nome Ivan, soprannominato Popyalof.
Per dodici anni interi Ivan rimase tra le ceneri della stufa; ma poi si alzò e si scosse, tanto che gli caddero di dosso sei barili di cenere.
Ora nella terra in cui viveva Ivan non c’era mai giorno, ma sempre notte. Questo era opera di un serpente. Orbene Ivan si impegnò a uccidere quel serpente e disse a suo padre: “Padre, fammi una mazza del peso di cinque libbre”. Una volta ottenuta la mazza, uscì nei campi, la lanciò in aria e tornò a casa. Il giorno dopo si recò nei campi nel punto in cui aveva lanciato la mazza in alto e rimase lì con la testa rovesciata all’indietro. Così, quando la mazza cadde di nuovo, lo colpì in fronte. E la mazza si spezzò in due.
Ivan tornò a casa e disse a suo padre: “Padre, fammi un’altra mazza, una da dieci libbre”. E quando l’ebbe ottenuta, uscì nei campi e la lanciò in alto. La mazza volò in aria per tre giorni e tre notti. Il quarto giorno Ivan si recò nello stesso punto e, quando la mazza cadde, vi mise in mezzo un ginocchio e la mazza si ruppe in tre pezzi.
Ivan tornò a casa e disse a suo padre di fargli una terza mazza, del peso di quindici libbre. Quando l’ebbe ottenuta, uscì nei campi e la lanciò in alto. La mazza rimase in aria per sei giorni. Il settimo Ivan si recò nello stesso punto di prima. La mazza cadde e, quando colpì la fronte di Ivan, questa si piegò sotto di essa. Allora disse: “Questa mazza andrà bene per il Serpente!”.
Così, quando ebbe preparato tutto, partì con i suoi fratelli per combattere il Serpente. Cavalcò e cavalcò, e di lì a poco si trovò davanti una capanna su zampe di gallina, e in quella capanna viveva il Serpente. Lì tutta la comitiva si fermò. Allora Ivan appese i guanti e disse ai suoi fratelli: “Se dovesse cadere del sangue dai miei guanti, affrettatevi ad aiutarmi”. Dopo aver detto questo, entrò nella capanna e si sedette sotto il tavolato.
Di lì a poco arrivò un serpente con tre teste. Il suo destriero inciampò, il suo mastino ululò, il suo falco strepitò. Allora il Serpente gridò:
“Perché hai inciampato, o destriero! Hai ululato, o segugio? Hai strepitato, o falco?”.
“Come potrei non inciampare”, rispose il destriero, “quando sotto l’assito sta Ivan Popyalof?”.
Allora il Serpente disse: “Vieni fuori, Ivanushka! Mettiamo alla prova le nostre forze insieme”. Ivan si fece avanti e cominciarono a combattere. Ivan uccise il serpente e poi si mise di nuovo sotto l’assito.
Poco dopo arrivò un altro serpente, a sei teste, e anche lui Ivan lo uccise. Poi ne arrivò un terzo, che aveva dodici teste. Ivan cominciò a combattere con lui e gli staccò nove teste. Il serpente non aveva più forza. Proprio in quel momento passò un corvo che gracchiava: – Krof? Krof!”
Allora il serpente gridò al corvo: “Vola e di’ a mia moglie di venire a divorare Ivan Popyalof”.
Ma Ivan gridò: “Vola e dì ai miei fratelli di venire, così uccideremo questo serpente e ti daremo la sua carne”.
Il corvo ascoltò le parole di Ivan, volò dai suoi fratelli e cominciò a gracchiare sopra le loro teste. I fratelli si svegliarono e, quando udirono il grido del corvo, si affrettarono a soccorrere il fratello.
Uccisero il serpente e poi, prese le sue teste, entrarono nella sua capanna e le distrussero. E subito ci fu una luce intensa in tutta la terra.
Dopo aver ucciso il serpente, Ivan Popyalof e i suoi fratelli si misero in cammino verso casa. Ma aveva dimenticato di portare via i guanti, così tornò a prenderli, dicendo ai fratelli di aspettarlo nel frattempo. Ora quando raggiunse la capanna e stava per prendere i guanti, sentì le voci della moglie del Serpente e delle figlie del Serpente che parlavano tra loro. Allora si trasformò in un gatto e cominciò a miagolare fuori dalla porta. Lo fecero entrare ed egli ascoltò tutto ciò che dicevano.
Poi prese i guanti e se ne andò in fretta.
Non appena giunse dove si trovavano i suoi fratelli, montò a cavallo e tutti si rimisero in marcia. Cavalcarono e cavalcarono; di lì a poco videro davanti a loro un prato verde e su quel prato giacevano dei cuscini di seta. Allora i fratelli maggiori dissero: “Facciamo pascolare qui i nostri cavalli, mentre noi ci riposiamo un po’”.
Ma Ivan disse: “Aspettate un attimo, fratelli!”, prese la mazza e con essa colpì i cuscini. E da quei cuscini uscì del sangue.
Allora tutti andarono oltre. Cavalcarono e cavalcarono; a un certo punto si trovarono davanti un melo, sul quale c’erano mele d’oro e d’argento. Allora i fratelli maggiori dissero: “Mangiamo una mela a testa”. Ma Ivan disse: “Aspettate un attimo, fratelli, le proverò prima io”, prese la sua mazza e con essa colpì il melo. E dall’albero uscì del sangue.
Così proseguirono. Cavalcarono e cavalcarono, e a poco a poco apparve una sorgente davanti a loro. I fratelli maggiori gridarono: “Beviamo un po’ d’acqua”. Ma Ivan Popyalof gridò: “Fermatevi, fratelli!”, alzò la mazza e colpì la sorgente, e le sue acque divennero sangue.
Perché il prato, i cuscini di seta, il melo e la sorgente erano tutte figlie del Serpente.
Dopo aver ucciso le figlie del Serpente, Ivan e i suoi fratelli tornarono a casa. In quel momento arrivò la moglie del serpente che volava dietro di loro, e aprì le fauci dal cielo alla terra e cercò d’inghiottire Ivan. Ma Iyan e i suoi fratelli le gettarono in bocca tre barili di sale. Lei inghiottì il sale, pensando che fosse Ivan Popyalof, ma poi, dopo aver assaggiato il sale e aver scoperto che non era Ivan, gli volò dietro di nuovo.
Allora egli capì che il pericolo era vicino, lasciò libero il suo cavallo e si nascose dietro dodici porte nella fucina di Kuzma e Demian. La Moglie del Serpente arrivò in volo e disse a Kuzma e Demian: “Consegnatemi Ivan Popyalof”. Ma essi risposero:
Manda la tua lingua attraverso le dodici porte e prendilo”. Così la Moglie del Serpente cominciò a leccare le porte. Ma nel frattempo tutti scaldarono delle tenaglie di ferro e, non appena ebbe fatto passare la lingua nella fucina, la afferrarono saldamente per la lingua e cominciarono a colpirla con dei martelli. E quando la Moglie del Serpente fu morta, la consumarono con il fuoco e sparsero le sue ceneri al vento. Poi tornarono a casa e lì vissero e si divertirono, banchettando e facendo baldoria, bevendo idromele e vino.

C’ero anch’io e avevo del liquore da bere; non mi è entrato in bocca, ma mi è solo sceso lungo la barba”.

Tratto da: Russian Folk-tales
Di William Ralston Shedden Ralston

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