I Nibelunghi

INATTUALITÀ DELL’IMMAGINARIO

Pensa al dì che a Tulna ei venne
di Crimilde nel cospetto…
(G. Carducci, La leggenda di Teodorico)

Una della fonti dell’immaginario collettivo, ispiratrice di sviluppi, di immagini, di ulteriori racconti, è indubbiamente il Nibelungenlied, un classico della letteratura tedesca medioevale, che noi abbiamo la fortuna di poter leggere nella traduzione italiana a cura di Laura Mancinelli con il titolo I Nibelunghi (Einaudi)

Si tratta di un orizzonte, di un mondo, di una mentalità che vale la pena di conoscere, alla pari di ciò che viene narrato dai grandi poemi epici della nostra tradizione classica, perché ha contemporaneamente una vicinanza e una lontananza con i nostri modi di pensare. Da una parte un universo cortese fatto di formalità, di rispetto e di buone maniere (per il tempo), da un’altra parte passioni terribili e incoercibili, sete di vendetta, appartenenza e fedeltà cieca, violenza smisurata, e su tutto l’incombere della tragedia, di una sorta di necessità verso la morte e l’annientamento.

Tutto ruota intorno a due figure che si stagliano prepotentemente sulle altre, Crimilde e Hagen.

Da una parte le regina, vedova inconsolabile dell’eroico Sigfrido, e dall’altra il vassallo fedele burgundo che ha ucciso l’eroe a tradimento per vendicare un’offesa.

Dopo la morte di Sigfrido, Crimilde vive solo per la vendetta; per attuarla sposerà strumentalmente Attila, re degli Unni, e farà invitare i Burgundi ad una grande festa nell’ambito della quale avrà luogo una carneficina con immenso spargimento di sangue e al termine della quale ella ucciderà personalmente Hagen, compiendo così il suo terribile proposito. Ma anche Crimilde finirà uccisa subito dopo per mano di Ildebrando, l’anziano maestro d’armi di Teodorico, altro re potentissimo presente con il suo seguito alla festa-ecatombe.

Con buona pace della cronologia, che evidentemente interessa poco l’anonimo autore del poema, Attila e Teodorico coesistono nel racconto come testimoni e comprimari, in qualche modo coinvolti e sopraffatti da avvenimenti che li sovrastano e che loro subiscono senza che se ne possa mutare il corso. Evidentemente su tutto incombe la tragica necessità.

Per il momento basta così, anche se restano due grosse domande inevase: quale sarà l’offesa di Crimilde, talmente grave da imporre una vendetta (ci va di mezzo Sigfrido, il marito), e come ha fatto Hagen a conoscere l’unico punto debole dell’eroe, altrimenti invulnerabile.

Magari risponderemo in un’altra occasione, anche se questa è una storia che molti sanno. Adesso è il caso di segnalare l’opera di Laura Mancinelli, la curatrice, che, sulla base della sua conoscenza quasi empatica del medioevo tedesco, ha sviluppato un talento autonomo di narratrice di altissimo profilo. E’ un piacere leggerla, ci si trova di fronte a qualcosa che ci porta in un mondo magico e remoto, e nel contempo attuale e intrigante, per gli appassionati dell’immaginario si potrebbe cominciare con I dodici abati di Challant (Einaudi).

(Una versione leggermente modificata è apparsa in Il gabbiano felice, la rivista dell’UNITRE di Mestre)

Antonio Socal
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I Nibelunghi

A cura di Laura Mancinelli
2006 – ET Classicipp. LXIV – 364 – € 12,50
ISBN 9788806183882

Altre edizioni:I Nibelunghi. 2015. eBook

«Nelle antiche leggende son narrate cose stupende | di guerrieri famosi, imprese immense, | di feste e di letizia, di lacrime e di pianto… | di ciò udrete narrar meraviglie»

Sinossi
La storia d’amore di Sigfrido e Crimilde e le cruente imprese di Attila e Teodorico costituiscono i due cicli del maggior poema epico germanico scritto nel 1200 da autore ignoto. Combattendo contro i Nibelunghi (stirpe di nani che vivono nelle viscere della terra), il giovane eroe Sigfrido conquista un immenso tesoro e alcuni poteri magici: la spada che uccide ciò che tocca, il cappuccio che rende invisibili, l’anello che moltiplica le forze. Ma non sempre la magia è sufficiente a difendersi dalla morte… Crimilde vendicherà Sigfrido in un crescendo di lotte che causeranno il massacro di due interi popoli.
Un classico della letteratura di tutti i tempi che ha avuto in Richard Wagner e nella sua ben nota tetralogia del Reno il massimo esegeta.

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Articolo precedentemente uscito su L’Avocetta e qui pubblicato di nuovo per gentile concessione.