Fra i Maomettani è popolare una bellissima leggenda sull’origine del tabacco o mi sembra di trovarvi una lezione di morale e una squisita fragranza di poesia.
Maometto viaggiava nel deserto in un dì d’inverno, quando s’incontrò con una vipera gelata sul suolo. Mosso a compassione, la prese o la mise nella sua manica, dove essa ritornò in vita. Appena quel rettile ingrato si senti vivo, cacciò fuori il suo capo dicendo:
– Profeta io ti voglio mordere.
– Dammi una buona ragione di questo tuo pensiero, ed io sarò contento.
– Il tuo popolo uccide sempre il mio popolo, vi è guerra tra la vostra razza e la mia.
– Il tuo popolo morde il mio popolo; ma la bilancia è ora fra me e te, ed è in mio favore, perchè io ti ho fatto del bene.
– E perchè tu non mi abbi a far del male, ti morderò.
– Non esser ingrata.
– Io lo voglio, l’ho giurato pel sommo Iddio e lo voglio.
A quel nome il Profeta non si oppose più alla vipera e si accontentò di dirle che lo mordesse in nome di Dio.
Il serpente piantò i suoi denti nella sacra mano di Maometto, e il Profeta addolorato gettò via la vipera, senza però farle del male, nè permise che i presenti la uccidessero, ma, applicando le labbra alla ferita e succhiandone il veleno lo sputò sulla terra.
Da quella goccia nacque l’erba miracolosa, che ha l’amarezza dei denti del serpente, mitigata dalla dolce saliva del Profeta.
Dott. Paolo Mantegazza.
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