Un giudizio di Dio

La prova del coccodrillo

Il Giudizio di Dio, al quale, nei tempi di pregiudizi del medio evo, dovevano sottoporsi coloro che non confessavano i delitti di cui erano accusati, è ben noto a tutti, come lo sono il giudizio del fuoco, quello dell’ acqua ecc. Pochi dei nostri lettori però conoscono forse che ancora oggidì regna un simile uso nelle Indie, qualora un delitto sia negato dall’accusato, e manchino i testimoni.
Le prove a cui si sottopone in tal caso il prevenuto, sono peggiori ancora delle antiche; ma la più terribile di tutte si è quella dell’Esposizione ai coccodrilli.
Il naturalista francese Lequevel de Lacombe vide in uno dei suoi viaggi tale inaudito spettacolo, e lo descrive nel modo seguente:
Si attendeva con impazienza il plenilunio, e appena giunto questo, il giudice chiamò le parti contendenti, e fece avvertire il capo, che doveva trovarsi presente colla sua famiglia. Alcune ore dopo, circa verso le 10, tutti si riunirono in una pianura paludosa, nella cui vicinanza scorreva un gran fiume, in cui trovansi molti coccodrilli. La preda loro destinata terribile per quella sera era una giovinetta bellissima, di 16 anni appena, con un visino dolce, e un contegno modestissimo.
Un suo parente, geloso e vizioso, il quale era stato più volte respinto dall’onesta giovinetta nelle sue proposte amorose, la accusò pubblicamente d’un abbominevole delitto, presso la casta di Zanak-Andia, in cui la giovinetta era nata.
Essa chiamavasi Nakar, ed era figlia d’un possente capo, morto pochi anni innanzi, il quale non avea lasciato altri figli. Il delitto di cui era accusata era punito di morte: ma siccome la fanciulla sosteneva energicamente la propria virtù; così i coccodrilli erano chiamati a decidere sulla sua reità od innocenza.

Il nuovo capo ordinò innanzi tutto alla giovane di sedere in mezzo al circolo formato dalle persone che assistevano all’assemblea, e dessa sedette tranquillamente, ed ascoltò un lungo discorso del giudice. Questi parlò dapprima degli usi antichi e sacri paese, che furono lesi negli ultimi tempi, indietrò nell’ argomento, e cominciò dal narrare i fatti.
Dopo aver prodotto i documenti a carico, e le basi su cui s’appoggiava l’accusa, scongiurò di nuovo Nakar di confessare il suo delitto; ma essa rispose, con quel tuono forte e convinto che presta ognora l’innocenza, che i coccodrilli giudicherebbero del delitto a lei falsamente opposto, e che tutta l’assemblea si convincerebbe ben presto della verità. Il giudice la consegnò allora all’ombjasch (il cantatore) che la condusse alla riva del fiume.
La miseranda sorte della fanciulla, della cui innocenza io era convinto dal fondo dell’animo, mi commosse profondamente. Avrei dato volentieri tutte le merci che avevo con me recate colà, onde poterla salvare, dacchè la prova a cui dovea sottoporsi mi sembrava assai pericolosa. Mi rivolsi allora al capo pregandolo in di lei favore; ma egli sorrise di pietà e non mi degnò neppure di risposta.
Dopo che Nakar ebbe ascoltato gli scongiuri dell’ombjasch, coi quali ordinava ai coccodrilli di afferrarla e divorarla se fosse rea, si rivolse alle sue amiche, che l’avevano accompagnata fino ben presso all’acqua, le ringraziò per le loro prove d’amicizia, e le pregò di darle un bindello onde legarsi i capelli, le cui treccie l’avrebbero impedita di ben nuotare; indi le strinse di nuovo al seno con angelico sorriso, si spogliò dei suoi vestiti, e balzò nuda nel fiume, incominciando a nuotare con molto vigore, ad onta dell’apparente delicatezza delle sue membra.
Io tremava quando la vidi circondata da coccodrilli, le cui teste mostruose sporgevano fuori dell’acqua, e che sembravano inseguirla. Tutti gli occhi erano rivolti verso l’intrepida giovinetta, la cui bellezza e le incantevoli forme avevano risvegliato per lei grande simpatia, ed aveva destato l’ammirazione generale pel suo sovrumano coraggio. Sembrava che tutti gli astanti pregassero per la sua salvezza. Non ve n’era forse che uno solo il quale desiderasse di vederla perduta, ed era quell’indemoniato di congiunto, che aveva sostenuto con tanta viltà l’esistenza del delitto.
La luna, ch’era stata fino a quel punto coperta di nubi, si fece chiarissima d’improvviso, specchiandosi nelle acque, e illuminando colla sua luce quella abbominevole terribile scena. Così mi fu dato di seguire ansiosamente tutti i movimenti della giovinetta, il cui bianco dorso si vedeva sempre a livello dell’acqua, meno quando vi s’immergeva improvvisamente, il che avveniva assai spesso.
Essa nuotava con sorprendente sicurezza, e con somma celerità, e giunse ben presto al punto più pericoloso del fiume, cioè ad un’isola, che serviva di dimora ai coccodrilli, dove soggiornavano a torme giorno e notte, in mezzo alle paludi, come li avea vedi io stesso alcuni giorni innanzi facendo una corsa sul fiume.

Essa si diresse dunque verso quel punto, che era la meta assegnatale, e se toccata l’isola, essa ne ritornava illesa, il Giudizio di Dio era pronunziato in di lei favore. Nakar tremava, e tre volte si allontanò dalla terribile isola. Ogni qualvolta spariva, io la credeva perduta; finalmente raggiunse l’isola, e uscì dall’acqua, sedendosi sulla riva. Quivi stette un minuto, tanto per prender fiato, e rimettersi alquanto in forze onde tentare la seconda e più pericolosa prova del ritorno, dacchè la maggior parte di quei mostri risvegliata dal sonno al suo avvicinarsi e sembrava attendessero la loro preda.
Gli era appunto per ciò che quando ritornò nei flutti, pareva temere ancor più la lotta coi coccodrilli, dacchè si immergeva in fondo all’acqua molto più spesso che la prima volta, e vi rimaneva talora nascosta cosi a lungo, ch’io la credetti più di dieci volte irremissibilmente perduta.
Pure ricompariva sempre, e ogni volta mandava grida di gioia, alla quale tutti partecipavano, sebbene una gran parte degli astanti si componesse di vecchi, e a quanto sembrava di uomini severi, e non molto teneri di cuore.
Finalmente la gentil giovinetta giunse a sfuggire alle bramose zanne dei mostruosi coccodrilli; ancor pochi slanci e toccava la riva salvatrice, che finalmente raggiunse a guisa di trionfatrice.
Le amiche s’affrettarono a stringerla al seno, cosi nuda e bagnata com’era, per cui si può dire che ne asciugassero il bel corpo coi loro amplessi.
All’improvviso si staccò dalle loro braccia, chè il sentimento del pudore la colse, e si vestì in tutta fretta; indi si presentó dinanzi al giudice ed all’ombjasch, i quali pronunziarono altamente la piena di lei innocenza fra il plauso universale.
Il falso accusatore di Nakar fu condannato a pagarle così forte somma a titolo d’indennizzo d’onore, che tutti i suoi beni non vi avrebbero bastato; ma l’ottima donzella, seguendo gl’impulsi del suo cuore generoso, gli regalò la somma, lasciandone la punizione agli acuti rimorsi, che dopo un tale atto generoso dovevano doppiamente straziarlo.

Tratto da: Letture di famiglia opera illustrata
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Lequevel de Lacombe è stato un esploratore e un naturalista delle isole del’Oceano Indiano.