Origini di Venezia – 1864

Le cronache vulgari, per quello spetta alle origini di Venezia, ai primi fatti, si ricopiano quasi tutte l’una dall’ altra…
… I monumenti romani trovati sulla zona di continente che si stende lungo le lagune, nelle isole stesse delle lagune, in tempi diversi e anche nei nostri, in molta profondità di suolo, mostrano che la Venezia marittima, ai tempi dello impero romano non era solamente squallido asilo di pescatori, e che vi abitavano genti agiate e civili.
Nè poteva essere altrimenti. Nella Venezia terrestre sorgevano città fra le principali d’ Italia, Aquileja, Altino, Padova; e città notabili erano Trevigi, Opitergio, ed altre più discoste dal mare.
Quelle che si dissero, più vicine al mare, nelle lagune nelle quali liberamente sfociavano i fiumi, aveano il porto loro. Plinio novera fra le città venete anche Venetiam, e Plinio era veneto, da Verona.
Forse, avverte il Gallicciolli, che, sin da quella età, qualche città, o luogo vi fosse appellato Venezia.
E non potrebbe essere che Plinio per quella Venetiam intendesse tutta la parte marittima, abitata e fiorente? Si lasci la questione agli eruditi.

In qual si voglia caso la Venezia marittima anche prima delle irruzioni dei barbari in Italia aveva abitatori inciviliti, e o i decurioni delle città vicine mandavano magistrati a quelle parti dove aveano il proprio porto, o vi erano Magistrati municipali propri che si dicevano tribuni, come altrove, al tempo romano, sulle terre poste sul lido del mare.

Con ciò sia che per la persecuzione di Attila Flagellum Dei molti popoli di Italia da le città e da le montagne si partirono, e così i padovani e i moncelesani e de’ luoghi circostanti, e si ridussero alle marine per sua sicurtade, e fecero edificar le città di Malamocco e di Pelestrina e Brondolo.
E vedendo che li popoli moltiplicavano per la fama che andava, non sendo questi luoghi capaci, essi andarono a edificare la città di Chioggia dove si mossero ad abitare e molti andarono ad abitare a Rivalta, che al presente è chiamata Venezia.
Lo santissimo confessore messere San Magno fu di nazione di Altino, e al principio della sua infanzia l’ ebbe lo spirito a Dio, e servì a quello con tutto il suo core per li giorni de la vita sua. Fatta adunque la distruzione di Altino, lui si ridusse a Città nova, e là lui abitava per consolazione di quelli di quel luogo e perchè molti gentili uomini scappavano da molte parti per le forze dei longobardi e si ridussero ai luoghi e isole della marina, e al luogo dove fu edificata la città di Venezia per sua sicurtade, e fu eletto il detto san Magno vescovo per tutti i circostanti per la sua santità.
Al quale li fu rivelato per Spiritu Sancto come la città di Venezia dovea essere edificata. E come li fu rivelato, così fu fatto. E sendo afferrato in ispirito a lui gli apparve san Pietro apostolo, e egli li disse: o sacerdote di Dio l’è di volontade divina che una città sia edificata nelle lagune di Venezia, e Venezia sia chiamata, e così voglio che da uno delli capi mi sia edificata una chiesa, perchè io di quella città voglio essere principale protettore.
E San Magno li disse, chi siete voi messere? E lui rispose io sono Pietro apostolo di Cristo; e San Magno li disse come la farò io, e in che luogo la debbo edificare che io non lo so.
E lo apostolo li disse, va da quelli nobili veneziani e di’ loro da parte mia che eglino vadano diligentemente cercando per le lagune di Venezia e là che eglino troveranno una pecorella che pascolava, essi mi debbano far edificare una chiesa.
Dall’ altro capo della città un agnolo apparve a San Magno dicendo: o servo di Dio dirai agli uomini di Venezia che mi edifichino una chiesa dall’altro capo della città. E San Magno li disse: chi sei messere? Lui gli disse: io son l’agnolo Raffaello, e voglio essere protettore di quella benedetta cittade.
E San Magno disse in qual luogo voleva che la edificasse, e l’angelo li disse: là che troverai uccelli congregati insieme, là in onor mio farai edificare la chiesa, il qual luogo si chiama dorso duro, dove al presente è la chiesa di San Raffaello.
Ancora li apparve il nostro signor Messere Gesù Cristo e così li disse: Magno io sono il Salvadore del mondo, e comandògli che una chiesa fosse edificata in mezzo la città di Venezia, e disse dove tu troverai una nuvola rossa, là voglio che sia edificata una chiesa a mio nome, che sia chiamata San Salvadore perchè voglio essere Salvadore di quella città; da poi li apparve la Vergine Maria la qual gli comandò che le fosse edificata una chiesa a nome e laude sua, e diedegli lo segno: dove troverete una nuvola bianca là voglio edificata la detta chiesa, e perchè la Madre gloriosa di Dio li apparve molto formosa, li fu messo nome Santa Maria Formosa; di poi gli apparve San Giovanni Battista, lo quale gli comanda che li fosse edificata una chiesa e una a suo padre Zaccaria, dove gli metterebbe nello spirito.
E ancora li apparve la beata Giustina vergine e martire la qual vuole aver casa nella città di Venezia, e gli die’ segno: dove tu troverai una vigna che produce nuovo frutto e là devi edificar la detta chiesa.
Ancor gli apparvero li 12 Apostoli i quali li dissero che eglino volevano loro fosse edificata una chiesa nella città di Venezia, e che essi la volevano aver tutti insieme e dierongli il segno, dove essi troverebbe XII grù, là egli dovesse far edificar la detta chiesa, dove la è al presente.

Ora apparvegli, etiam, San Geremia profeta il qual gli disse che voleva li facessero fare una chiesa in questa cittade di Venezia dicendo in qual luogo fare la chiesa, dove stà ancora deposto il suo corpo (di S. Magno).
E avendo avuto il beato San Magno tutte queste rivelazioni l’andò al principe e tribuni e al popolo di Venezia, e narrogli tutte queste rivelazioni, d’ onde li nobili veneziani con gran riverenza e divozione si mossero e con ogni diligenza andarono cercando tutto per le lagune e isole, tanto che trovarono come San Magno loro aveva detto, e subito cominciarono edificare le dette chiese e in breve tempo quelle compirono.
Per la qual cosa l’è manifesto che la detta città di Venezia di volontà e di comandamento di Dio la fu edificata.

Io questa leggenda la trassi da un codice da me posseduto contenente una cronaca anonima, importantissima, dettata alla metà del secolo XIV in vulgare veneto, ma che per la parte precedente anteriore a chi la dettava, lo stile mostra come sia ricopiata da altre cronache più antiche.

…. Quindi è che la Venezia fu percossa più che le altre regioni italiche, e nella sua parte marittima trovarono sicuro ospizio gli abitatori della terrestre, perchè i nemici mancavano di navigli, e al mare non erano abituati. Nel suo Cronico particolare dei fatti veneti, il Sansovino al tempo della invasione di Radagasio (a. 407) mette il primo rifugiarsi dei veneti nella parte marittima della Venezia; il secondo lo mette nella invasione di Alarico che distrusse Padova (a. 413).
L’anno 421 venne tenuto come quello della fondazione di Venezia per la tradizione che allora fosse edificata la prima chiesa, San Giacomo di Rialto, e questa tradizione fu accettata, e dal 421 comincia l’era veneziana. Ma tale tradizione vacilla, e sui dubbi intorno alla priorità della chiesa di San Giacomo vedasi il sapiente e diligentissimo Galliciolli.

La invasione più esiziale nella Venezia fu la invasione degli Unni che ne adeguarono al suolo la metropoli, Aquileja, misero a ferro e fuoco le altre città e terre. Fu allora che crebbe il numero dei fuggiaschi, e in gran numero vi restarono, e, consociandosi coi primi abitatori delle lagune, fondarono prima la repubblica, poi la città di Venezia.

Scopo della leggenda è la fondazione della città di Venezia, non già della repubblica, che la precedette. La parte occidentale delle lagune era spettanza di Padova, e la leggenda narra come i padovani e i vicini loro vi riparassero, per sottrarsi al Flagellum Dei. Passarono quattro secoli dal tempo nel quale Attila venne, a quello nel quale la città di Venezia fu veramente fondata. Al tempo e dopo Attila, Rivoalto non era che oscura isola; e gli esuli Padovani e i vicini, giusta la leggenda, non vi si accolsero che fondate quelle, che la leggenda dice città, Malamocco, Pelestrina, Brondolo.

La leggenda s’imbroglia, quando parla di San Magno. A prima giunta, parrebbe che San Magno venisse al tempo della invasione degli Unni, e fosse eletto vescovo di tutti i fuggiaschi. La storia dice il contrario.
Di tutte le invasioni straniere, la principale deve tenersi quella dei longobardi.
Nessuna delle anteriori durò tanto da poter fondere insieme vincitori e vinti, come la invasione longobardesca, il dominio della quale, pure assodato in tanta parte d’Italia, non valse ad unificarla. Non è del mio compito lo addentrarmi nell’ arduo argomento della dominazione dei longobardi nella penisola; noto solamente che non dominarono mai la Venezia marittima, la quale, quando capitarono i longobardi, era cresciuta in potenza e aveva governo proprio, stabile, federativo. Il governo lo aveva anche un secolo prima, come consta dalla famosa epistola di Cassiodoro ai tribuni marittimi, e aveva potenza sul mare, se l’ampolloso segretario di Teodorico impone che si prestino ai servigi del re con que’ navigli coi quali corrono spazi quasi infiniti.
Anche nella Venezia terrestre i longobardi fondarono feudi, o ducati, incontrando resistenze, e fu sotto al celebre Rotari, settimo dei monarchi loro in Italia, che guastarono molta parte del paese, e adeguarono al suolo la città di Opitergio, posta dove al presente è Oderzo. I longobardi erano stranieri e, per giunta, seguivano la fede di Ario; e, sia per la barbarie loro, sia per la fede diversa, Magno vescovo cattolico di Opitergio si trasferì alla marina (a. 632) col fiore delli opitergini, e fondò una città alla quale diede il nome di Eraclea, in onore di Eraclio, imperatore bisantino.
Meglio gli parve un patrono lontano e forte, che la signoria di un vicino barbaro ed eretico. Ivi portò la sede vescovile opitergina, come il patriarca di Aquileja avea portata la sua in Grado. Da ciò consegue, che nè San Magno fu il primo vescovo di tutte le lagune, nè fu eletto vescovo dal popolo di tutte le lagune, come vorrebbe la leggenda.

La leggenda dice anche che San Magno si recò al principe, ai tribuni e al popolo di Venezia, per narrare la sua visione. Nè al tempo della invasione di Attila, nè al tempo di quella dei longobardi, la consociazione aveva principe. La leggenda essendo di data posteriore, si vede da queste parole semplicissime, che anche quando fu costituita diversamente la consociazione, l’ elemento democratico durava. Il cronista si spiccia con tre parole; uno storico vi avrebbe speso più che una pagina a mostrarlo.
A qual tempo risale la leggenda? Il quesito è difficile; io però mi permetto le seguenti considerazioni.
San Magno nella sua Eraclea condusse il fiore dei cittadini, e di certo anche parte del popolo; ma le plebi cittadine e spezialmente le rustiche non le poteva raccogliere nella città nascente. E queste plebi insofferenti del giogo dei longobardi, fondarono una città detta prima, latinamente, Equilium, volgarmente Equilio, corrottamente Jesolo. E fu città di conto, se, come attesta Marco Corner, nel suo trattato inedito della laguna, vi erano oltre a quaranta chiese, se lo storico delle Chiese Venete prova che vi erano badie notabili, se vi si costituì una sede vescovile che durò sino al 1456.

Sebbene venuti dal luogo medesimo, Opitergio, regnò astio ferocissimo fra eracleani e jesolani, forse originato dall’ astio che era sempre fra i decurioni che taglieggiavano le plebi per conto degli imperatori, e le plebi taglieggiate. L’astio si mutò in guerre civili atroci, e vi parteciparono le altre popolazioni della consociazione.
A que’ tempi viveva ancora nel cristianesimo la primitiva e razionale legge che i vescovi fossero eletti dal popolo, e quindi fra vescovi e popolo vi fossero quei santi vincoli di affetto comune, di gratitudine per parte dei vescovi, di stima e reverenza per parte del popolo, che mantenevano la purità della fede, la intensità della carità, la saldezza della religione. I vescovi si intromisero, e, radunata intorno ad Eraclea la consociazione, il governo democratico federale si cambiò in monarchia democratica elettiva. La storia dice dei primi dogi e dei fatti loro. . . . .

Le ire non quetarono, crebbe la potenza dei vicini, e, per isradicare le prime, per mettersi al sicuro dalla seconda, la sede del governo fu trasferita nella isola di Malamocco, ora distrutta dal mare, e da non confondersi col presente lido di Malamocco.

Al leggere i cronisti francesi si crederebbe che quei franchi che distrussero il reame dei longobardi, sottomettessero i veneziani, superata la capitale, Malamocco, nella guerra mossa loro da Pipino figlio di Carlomagno, il quale lo costituì re d’Italia. È vero che si avanzarono fino a Malamocco e se ne impadronirono. Ma vi era allora uno di que’ forti e rari cittadini, che nelle maggiori angustie della patria sanno e vogliono non disperare della sua salute, fidenti in Dio, nel proprio senno, nella spada propria, e la patria salvano da pericoli supremi.
Tale fu Agnello Partecipazio, nativo di Eraclea, e allo appressarsi del nemico con risoluto coraggio si fa guida ai concittadini, abbandona Malamocco, isola mal sicura contro gli assalti dei nemici, e li guida a Rivoalto, isola protetta da stretti canali, dove i navigli grossi dei Franchi a malo stento potevano muoversi. Il nemico fu sconfitto; la libertà e la independenza salvate, si venne a trattati.
Rivoalto però non si abbandonava: Agnello fatto doge s’ industriò a congiungervi le isolette vicine. E Venezia ebbe il suo vero fondatore.

Tratto da Google Libri
Regina e Ancella. Strenna Veneta ed d. P. Naratovich
Di Pietro Naratovich