Miti Indiani – Yakama

Nativi Americani

Gli Yakama un tempo si chiamavono Mamachatpam, da dove derivi il loro nome non è ben chiaro. Sono affiliati con altre 14 tribù formando ‘La Confederated Tribes and Bands of the Yakama Nation’ o più semplicemente la Yakama Nation.

Le ‘Tah-tah-kle-ah’ le donne gufo.

Presso gli indians Yakama (abitanti in Washington) si tramanda una storia di donne gufo che mangiavano gli esseri umani e specialmente la carne saporita dei bambini. Gli Yakama pensano che prima di questa creazione del mondo c’è n’è fosse stata almeno un’altra, nella quale queste persone verosimilmente dell’aspetto simile agli stessi indians, solo un po’ più grandi, parlavano lo loro stessa lingua per meglio ingannare la persone o ancora meglio i bambini, a seguirle.
Si distinguevano dalle normali persone perché mangiavano di tutto, anche cose o animali per noi ritenuti disgustosi.
Pare che in questo mondo, un paio di loro siano state viste da un gruppo di indians Shastas (abitanti in Oregon e Nord California) mentre stavano raccogliendo tuberi nella regione della California, essi sapevano che in quella zona c’erano delle donne un po’ strane, più alte delle persone normali e ricordando le storie che si tramandavano le ritennero con molte probabilità le redivive donne-gufo.
Perciò quando bivaccarono in quei luoghi prestarono molta attenzione; nonostante questo le donne-gufo riuscirono a prendere un bimbo.
Probabilmente lo cercarono ma non lo trovarono e si ritenne che il bimbo fosse ormai morto dato la brutta nomea che avevano le donne-gufo, invece lo avevano preso non per mangiarlo ma per farlo crescere con loro, e questo lo si seppe quando alcuni giorni dopo il bimbo approfittando di un momento di svista delle donne riuscì a scappare e a raggiungere trafelato la propria tribù.
Si continua a narrare che la grotta dove abitavano le due donne venne distrutta da un potere superiore, la grotta arse e alfine scoppiò, crollando.
Le donne-mostro non furono più viste, gli Yakama (e gli Shastas) pensano di essersi liberati da dei mostri fra i più pericolosi da loro conosciuti.
Colui o quel potere che le uccise sentenziò: l’unica cosa che resterà di voi sarà l’occhio che in alcuni uccelli notturni vi rappresenterà, e nello specifico nei gufi.


Una Leggenda raccontata da un Yakama

Un grande capo di nome Sho-pow’-tan ‘il gufo’- viveva a Poye-koosen un giorno risalì il fiume per andare a caccia di cervi con molti altri suoi uomini, cacciarono tutto il giorno e quando venne la sera egli non fece ritorno al campo. I cacciatori si chiamarono l’un l’altro, per comprendere dove fosse il capo: “Il gufo non è qui! Il gufo è via! Il gufo è perso!”

‘Tah-tah-kle-ah’, una vecchia malvagia donna-gufo sentì nel crepuscolo i richiami dei cacciatori e intese che il loro capo si era perduto, stava in compagnia con altre quattro sue sorelle, si rivolse a loro dicendo: Dobbiamo andare a caccia di chi si è perso. Lo prenderemo per il nostro tornaconto.
Ma il capo intese che in quel luogo c’era qualcun’altro che si interessava a lui. Così si nascose in una cavità del posto da cui si poteva vedere il sentiero che saliva verso la facciata della roccia dov’era posta la grotta. Il sentiero si restringeva man mano che saliva e l’erba cresceva bene sia sul sentiero sia sul promontorio che dava sulla sottostante scogliera.

Il ‘gufo’ comprese che Tah-tah-kle’-ah stava arrivando e sapeva che lo avrebbe ucciso, si preparò ordunque a riceverla; in giornata aveva ucciso un cervo, gli tolse lo stomaco e lo riempì di sangue dello stesso e quindi lo depose a terra davanti a lui, quando la donna-gufo entrò nell’imboccatura della grotta, lei scrutò, c’era oscurità, ma vide quella cosa strana che le era davanti.
Non riusciva a capire ed ebbe paura. Lei chiamo il capo dicendogli: Portalo via! Non mi piace!
Il capo rispose: No! E’ qualcosa di potente, passa sopra di lui. La donna-gufo fece come gli era stato detto, lei per avanzare mise un piede sopra lo stomaco. Il capo era pronto, da seduto che era nemmeno si alzò per forare lo stomaco con la punta di un suo bastone, poi lo colpì più volte con i pugni e lo stomaco si ruppe schizzando sangue dappertutto dicendo: “Kloup! kloup! kloup!”.
La donna-gufo gridò, alzò le mani in alto per la paura, indietreggio mise un piede in fallo e cadde giù sulla scogliera, il wana ‘fiume’ sottostante correva profondo e rapido, la donna-gufo cadde in acqua e sui massi e morì.



Siti correlati:
https://sites.google.com/site/thetahtahkleah104/the-story
http://indigenouspeople.net/
http://www.bfro.net/
http://www.yakamamuseum.com/