Mecca e Medina

Togliamo una descrizione molto esatta delle città sante di Mecca e di Medina, nonchè delle religiose cerimonie, che ivi si praticano dai pellegrini maomettani, dai viaggi di Burckhardt, che ne fu testimonio oculare.
La città di Mecca, la città santa, ove nacque il profeta, che ogni maomettano, se vuol fare una buona morte, deve aver visitato, almeno una volta in sua vita, è posta in una valle, circondata da monti aridi e nudi. Nella parte meridionale della città sorge la Beth-Allah (casa di Dio), la maggiore moschea della Mecca, colla celebre Kaaba, dalla quale assume importanza quel tempio, e non già per la sua bellezza, o grandiosità.
Il tutto comprende uno spazio di 250 passi circa di lunghezza, su cento di larghezza. Il lato settentrionale è formato da una quadrupla fila di colonne, gli altri di una tripla fila, congiunte alla parte superiore col mezzo di archi, ogni quadro dei quali, sostiene una piccola cupola. Il numero di queste è di 152.
Da ogni arco pendono lampade, alcune delle quali si accendono ogni sera, e tutte vengono accese durante il Ramadan, o digiuno.
Le colonne sono alte oltre 20 piedi, e grosse da un piede e mezzo a 1 3/4; le più di granito grigio, le altre di marmo bianco e di porfido. Alcune furono tolte da templi greci, o romani; altre dall’Egitto, dalla Siria ecc. Sette vie selciate conducono dagli intercolonnii alla Kaaba, o casa santa, che trovasi nel centro.

Nota redazionale. Pubblico questo articolo perchè lo trovo molto interessante, ho letto cose che non ho trovato in altre parti, non bisogna dimenticare che è un articolo del 1862, quindi sotto l’influenza dei governatori turchi, le regole civili e religiose nel frattempo sono molto cambiate.

La Kaaba, è un piccolo edificio massiccio, lungo circa 20 passi e 15 largo ed alto da 35 a 40 piedi. Non è collocato nel centro preciso della moschea. Credono i maomettani, che Ibrahim (il patriarca Abramo) abbia, edificato la Kaaba, e che suo figlio Ismaele gli abbia recato le pietre necessarie, le quali furono riquadrate e poste a sito per divino prodigio.
L’attuale Kaaba può dirsi edificio moderno, dacchè fu eretta nel 1627, essendo stata distrutta l’antica da un’innondazione.
Siccome il tetto della Kaaba è del tutto piano, essa ha l’aspetto da lungi d’un cubo. Al lato settentrionale trovasi l’ingresso principale, che non s’apre che due o tre volte all’anno. La porta fu recata da Costantinopoli nel 1633, ed è si tutta foderata di lamina d’argento, con cesellature d’oro. Sulla soglia di questa si pongono ogni sera piccoli lumi di cera accesi, e padelle in cui s’abbruciano sostanze odorose, muschio, aloe, ecc.
I pellegrini raccolgono le goccie di cera, e la cenere dell’aloe con cui si soffregano la fronte, e si conservano quali reliquie; sebbene tal genere di pregiudizi sia condannato dagli Ulema.
Nell’angolo nord-est della Kaaba, non lungi dall’ingresso, trovasi la famosa Pietra nera posta all’altezza di 4 o 5 piedi da terra. Credono i musulmani essere quella pietra caduta dal cielo e consegnata ad Abramo dall’Angelo Gabriele, quale segno speciale della divina grazia. Dessa ha forma irregolare; e dicono che in origine fosse chiara e trasparente, ma che divenne poi nera ed opaca, pel contatto di una femmina impura. Ha 7 pollici di diametro, e la superficie n’è ondeggiata, essendo formata da una dozzina di picciole pietre, di forma svariata, e di differenti grandezze, bene levigate e riunite fra loro con una specie di cemento. Questa pietra è incavata pei milioni di baci, e per l’immenso numero di contatti che s’ebbe.
Chi la vuole formata di lava e chi la crede un areolito, e quest’ultima la ipotesi più ricevuta, e più naturale e combinerebbe colla tradizione che sia caduta dal cielo.
Il colore è rosso-bruno cupo, che avvicinasi al nero. Essa è circondata da un cerchio d’oro massiccio.
Al lato occidentale della Kaaba, a due pollici sotto il tetto, trovasi il famoso Myzah, ossia il canale che conduce l’acqua piovana dal tetto in terra. È lungo 4 piedi, e sei largo, e dicesi che sia d’oro puro. Il selciato sotto myzab è fatto a mosaico. Ivi sarebbe la tomba d’ Ismail, o Ismaele, figlio d’Abramo, e di sua madre Hadschir (Agar), ed ha perciò appunto il nome di Hadscuer-Ismail.
Le quattro facciate esterne della Kaaba sono coperte da una stoffa di seta nera, detta kisua, che viene mandata ogni anno dal Cairo, a spese del Sultano. Vi sono trapunte molte preghiere, ma siccome il ricamo è dello stesso colore della stoffa, non si possono leggere che assai difficilmente. Tutto all’intorno dell’edifizio, poco sopra la metà, corre un’altra iscrizione trapunta a filo d’oro.
La parte della kisua, che cuopre le porte, è riccamente trapunta in argento. Vi sono delle aperture all’intorno, per mezzo alle quali si può comodamente toccare la Pietra nera.
Quando si toglie la vecchia kisua, la Kaaba rimane scoperta per 15 giorni, e si dice allora che la Kaaba vestì l’abito di pellegrino (El-Kaaba Yehrem). Nel momento di togliere la vecchia coperta, succede una vera lotta. Indigeni, e stranieri, vecchi e giovani, s’urtano, s’arrabattano, lottano, per istaccarne qualche branello.
I pellegrini raccolgono perfino la polvere, che trovasi sulle mura quando n’è tolta la copertura, e la vendono al loro ritorno come una reliquia.
Il colore oscuro della kisua dà alla Kaaba, che trovasi affatto isolata in mezzo all’immenso quadrilatero, un aspetto caratteristico ed imponente. Siccome la copertura non è fortemente attaccata alle pareti, così l’aria la agita e la fa ondeggiare, e i pellegrini credono che quell’agitazione sia un segno della presenza dei 70 angeli, che proteggono la Kaaba, i cui vanni producono, secondo loro, quelle ondulazioni. Quando suonerà la tromba del Giudizio universale, essi trasporteranno la Kaaba in Paradiso.
Fra gli altri piccoli edifizi che circondano la Kaaba, nel centro del gran quadrilatero, merita menzione quello in cui trovasi il celebre pozzo sacro detto Zemzem. Quell’edifizio fu eretto soltanto nel 1691, ed ha al suo lato settentrionale una porta, che conduce ad una specie di stanza bellissima, adorna di marmi di vari colori. Colà trovasi la sacra fonte, in cui v’ha un recipiente sempre pieno d’acqua.
I pellegrini tutti s’affrettano a berne; per cui quell’edifizio è sempre pieno di gente, dall’alba del giorno, fino verso la mezzanotte.
Prima della caduta dei Vehabiti questa fonte che apparteneva allo sceriffo della Mecca, e quell’acqua era soggetta di monopolio, e vendevasi a prezzi altissimi. Il sapore ne è buono, e non salato, come quello delle altre fonti della città.
Il pozzo di Zemzem provvede d’acqua tutta la città, e non v’ha famiglia che non ne abbia ogni giorno una secchia piena. Non la si adopera però che per bere, e per abluzioni religiose; mentre si reputerebbe sacrifizio l’usarne per cucinare, o per altri usi domestici.
I pellegrini più ricchi pagano cara quell’acqua, non solo per sè, ma anche pei pellegrini poveri, affinchè non ne manchino. Hanno fede che quell’acqua giovi per ogni infermità, e i pii maomettani credono, che quanto più ne bevono, e tanto più a lungo rimarranno sani, e tanto maggiormente sarà accetta a Dio la loro preghiera. Basti il seguente esempio a provare a quanto giunga la superstizione loro in tale riguardo.
Un uomo che abitava meco nella stessa casa, e soffriva di febbre intermittente, andava ogni sera alla sacra fonte, e rifiutando ostinatamente qualsiasi altro rimedio, ne beveva tanta di quell’acqua, che andava quasi in isvanimento. Indi riposava alcune ore, steso sul pavimento presso la Kaaba, e ricominciava a bere.
Giunse in tal modo all’orlo del sepolcro, e fu trasportato a casa, rimanendo però fino all’ultimo istante fermamente convinto, che la sua morte era causata soltanto dal non aver potuto bere abbastanza di quell’acqua miracolosa.
Molti pellegrini non trovano sufficente di berne; ma si spogliano nel cortile dell’edificio, e si fanno con essa inaffiare, credendo in tal modo di purificare il cuore, come il resto del corpo.
Pochi pellegrini lasciano la Mecca senza prender di quest’acqua onde farne regali al loro ripatrio, e per serbarne per casi di malattie, o per essere con quella lavati dopo morti. Io so che una tazza di caffè di quell’acqua si vende a Sues al prezzo d’una piastra.
È noto che i maomettani credono essere il pozzo di Zemzem quello stesso che Dio fece comparire nel deserto, alla preghiera di Agar, quando il figlio Ismaele stava per morire di sete.
Del resto convien dire, esser ben curioso fatto quello, che la città di Mecca non possieda che quella sola fonte d’acqua potabile, nè altre ve ne siano a molte miglia distante, e quelle pure, ben scarse, e non così buone.
Presso la Kaaba sta, come entro ogni moschea, il cosidetto mambar, ossia un pulpito, sul quale monta il Chatib, che pronunzia la preghiera del Sultano, con una spada di legno in mano in memoria del fondazione dell’ Islamismo, che fu sparso nel mondo dal profeta colla spada in una mano, e il Corano nell’altra. Ivi si fa pure la predica nel venerdì.
Giunti a quel sito i pellegrini, prima di fare il loro giro intorno alla Kaaba, devono levarsi le scarpe, e deporle, non essendo permesso di portarle in mano, come usano nelle altre moschee.
Le preghiere, che in altri luoghi non soglionsi fare dai musulmani se non rivolti verso il lato che corrisponde alla Mecca, ivi invece si possono fare da ogni parte. È loro pia credenza, che quella moschea possa contenere qualsiasi numero di fedeli, e conterrebbe anche tutti i musulmani in una volta, se ci andassero, dacchè gli angeli custodi del luogo allargherebbero a tal uopo l’edifizio in modo invisibile, impicciolendo in pari tempo il corpo dei pellegrini. Fatto è però che quella moschea, la quale potrebbe contenere, a quanto mi sembrò, circa 35 mila persone, non è mai piena che a metà.
Il servizio della moschea occupa un grande numero di Katibi, d’Imani, di Mufti, di Muezzim, di Ulema e d’altri impiegati di classe inferiore. Essi vengono pagati colle rendite della moschea e ricevono una parte dei doni dei pellegrini.
Le rendite della moschea sono ancora abbastanza considerevoli, per quanto ne perdesse il ramo più importante. Vi sono poche città, o province dell’Impero turco, in cui la Kaaba non posseda proprietà fondiarie. Vi furono tempi in cui di la Kaaba riceveva dal solo Egitto 295 borse all’anno, e 48 mila ardeb di grano e da Costantinopoli 14 mila zecchini effettivi.
Ma fino dalla fine dello scorso secolo le rendite dell’Egitto venivano talora sequestrate dai Bey dei Mammalucchi, ed ora il Pascià d’Egitto prende il resto.
Le maggiori rendite provengono quindi presentemente dalla pietà dei pellegrini, e dai doni spontanei dei fedeli.
Ed ora crediamo non riuscirà discaro ai nostri lettori l’avere un’idea delle principali.


Cerimonie del Culto della Kaaba

Ogni pellegrino è obbligato a visitare la Kaaba, non appena sia giunto alla Mecca. Quando arrivai colà mi si presentarono tosto moltissimi ciceroni, de’quali ne scelsi uno, che m’accompagnò alla moschea.
Appena entrati nel colonnato, e che si scorge la Kaaba, si deve pronunziare una preghiera, e fare 4 nikat, cioè prosternarsi bocconi colla faccia a terra, per ringraziare Iddio d’aver raggiunto la santa città. Si procede quindi verso la Pietra nera, e giunti presso a quella, si fanno altri due nikat toccando colla destra la pietra sacra, e baciandola, quando la gran folla permetta di avvicinarvisi.
Indi il pellegrino incomincia il giro prescritto per sette volte intorno alla Kaaba (detto Towaf) in modo che questa resti a sinistra. I primi tre giri si fanno a passi rapidi, e ad ogni giro si recitano alcune preci a bassa voce, e ogni volta si bacia quella pietra, e un’altra ancora, che trovasi murata in un un angolo, e la si stringe al petto pregando vivamente Iddio perchè perdoni i peccati.
Di là il pellegrino ritorna al Mekam Ibrahim, fa altre due prosternazioni, e quindi si rende al pozzo di Zemzem, dove, dopo aver fatto altra breve preghiera, beve quanta ne può sopportare di quell’acqua miracolosa.
Dopo tale cerimonia segue il cammino fra Szafa e Merona, il quale cammino si chiama il Say. Trovasi questo a circa 150 passi, al sud-est dalla moschea, in un rialzo, dove vi sono tre piccoli archi, uno presso all’altro e riuniti fra loro a mezzo d’un architrave.
A quella conducono tre larghe scale di pietra. È questo la collina Szafa. Il pellegrino ascende la scala superiore, si rivolge verso la moschea, alza le mani al cielo, e prega Dio, che lo sorregga nella via sacra. Questa via è piana, lunga circa 600 passi, e conduce a Merona. Quivi trovasi una specie di poggio di pietra, alto da 6 ad otto piedi, al quale si ascende per molti larghi gradini.
Il pellegrino deve percorrere a rapidi passi la via da Szafa, a Merona e ad un certo punto, che è distinto dalle case vicine da 4 pilastri di pietra, deve porsi a correre. Due di quei pilastri sono di color verde, e sono coperti da una grande quantità d’iscrizioni.
Lungo tutta la via si fanno preci ad alta voce. Quelli che sono deboli, o sofferenti possono andarvi a cavallo, o farvisi trasportare in lettiga. Appena giunti a Merona, si salgono i gradini, si fanno le orazioni prescritte, e si riede a Szafa per la stessa via, e quindi si ritorna di nuovo a Merona, e cosi per sette volte consecutive.
La terza cerimonia è la visita dell’ Omrah. È questo un luogo, con una piccola cappella, un’ora e mezza distante dalla Mecca. Prima d’intraprendere quel viaggio, il pellegrino si porta da un barbiere, e si fa radere il capo. Il barbiere fa durante l’operazione una apposita preghiera, che il pellegrino ripete.
Gli Hanefy, una delle quattro sette più ortodosse dell’Islamismo, si fanno radere la prima volta soltanto la quarta parte del capo, e gli altri 3 quarti soltanto al loro ritorno da Omrah. Sebbene questo viaggio sia prescritto dalle leggi, pure molti pellegrini le ommettono.
La grande moschea è illuminata durante il Ramadan da migliaia di lampade, ed è allora il convegno dei forestieri, che vi si siedono, e si pongono a ciarlare fino alla mezzanotte.

Medina e la Tomba di Maometto.

Medina è collocata presso il gran deserto d’Arabia, in mezzo ad una catena di monti, che sono una continuazione di quelli del Libano.
La città è bella, tutta fabbricata in pietra; le case hanno quasi tutte due appartamenti, e il tetto ne è piano. Essa va però perdendo d’importanza, dacchè il numero dei pellegrini va diminuendo di anno in anno.
La più bella via di Medina è quella che conduce dalla porta del Cairo (Bab-el-Masri) alla grande moschea. Essa è larghissima, e ivi trovansi i principali negozi. E bella pure è l’altra via, detta El Belat, che conduce dalla moschea alla porta siriaca (Bab-el-Sciamy).
Il prezioso gioiello, che dà a questa città un rango quasi eguale a quello della Mecca, e per cui anzi da molte sette maomettane è collocata al di sopra di quella, si è la grande moschea colla tomba di Maometto, per la sua inviolabilità detta la santa, e conosciuta ordinariamente col nome di “moschea del Profeta, perchè edificata dallo stesso Maometto. È più piccola di quella Mecca, ma è costruita sullo stesso piano ed è della medesima forma.
Nell’angolo al sud-est della moschea trovasi la famosa tomba di Maometto. Essa è circondata da un cancello di ferro, dipinto in verde, e formato di bel lavoro di filigrana, detto El Hedschra, che forma un quadrilatero irregolare, di circa 20 passi, e rinchiude anche molte colonne della moschea.
Attorno vi sono numerose iscrizioni a lettere d’oro, o di bronzo. Dal lato meridionale, dove stanno i pellegrini, si vede sotto le finestre la nota iscrizione, a lettere d’argento: “Non v’ha altro Dio che Allah, e Maometto è il suo profeta,. (La illah u Allah ; Muhammed Resciul Allah.)
Il cancello ha 4 porte, di cui tre sono sempre chiuse, e la quarta si apre mattina e sera, perchè gli eunuchi, mandati da Costantinopoli quali custodi dei sacri luoghi, possano toglierne la polvere e accendere le lampade. Però possono entrarvi anche altre persone, regalando da 12 a 15 doppie di Spagna ai capi degli eunuchi.
I pascià e i capi delle caravane banno all’ingresso gratuito. Anche attorno alla tomba scorre un cortinaggio ricchissimo di stoffa di seta, con iscrizioni in oro, trapunto a fiori e a rabeschi di vari colori, che si manda da Costantinopoli; però non si rinnova ogni anno, come quello della Mecca; ma soltanto quando un nuovo Sultano ascende al trono. Gli eunuchi allora lo cambiano di notte tempo, e rimandano il vecchio a Costantinopoli, col quale si cuoprono poi le tombe dei Sultani e dei principi.
Sotto a quel cortinaggio sta la tomba di Maometto, e quelle dei suoi amici, e successori, Abn-Bechr e Omar. Queste tombe hanno la forma di catafalchi, e sono pure coperte di preziose stoffe di seta.
La bara di Maometto è coperta d’argento, ed ha sopra una piastra di marmo, con queste parole scolpitevi sopra “Bismillahi Allahuma Sally aley,. (In nome di Dio, accordagli la tua grazia). Quanto alla leggenda, volgare in Europa, che la bara del profeta stia sospesa in aria, nessuno ne sa nulla laggiù.
Una volta si conservavano presso a quelle tombe i tesori del Hedscia. Durante un assedio di Medina fatto dai Vehabiti nel 1800 i capi della città presero parte di quei tesori, dicendo volerli dividere fra i poveri; ma infatto per impadronirsene.
Quando i Vehabiti presero la città, il loro capo Sehud penetrò nel Santuario, e ne tolse quanto v’era di prezioso. Una parte di quei gioielli furono da lui venduti allo Sceriffo della Mecca, e il resto portò con sè nella sua capitale Derayeh. Fra gli oggetti rapiti v’era pure la magnifica stella di diamanti e perle, che stava sopra la tomba di Maometto.
Intorno alla tomba pendono lampadari di vetro, che vengono accesi ogni sera, ed ardono fino alla mattina seguente. L’Hedschrà è sormontata da una cupola, che s’innalza al di sopra di tutte le altre cupole della moschea, per cui la si scorge anche a grande distanza dalla città; ed anzi v’ha un’apposita preghiera, che i pellegrini debbono recitare appena la scorgono.
Essa è coperta di rame, ed è sormontata da un globo di considerevole grandezza, con suvvi la mezza luna. E l’uno e l’altra sono dorati, ma non sono già d’oro massiccio, come si crede, e come lo supponevano anche i Vehabiti, che cercarono di toglierli via; ma non ci riuscirono, a cagione del modo forte onde sono attaccati. Due lavoranti scivolarono dal tetto liscio e sdrucciolevole, e si fiaccarono il collo; per cui si rinunziò all’impresa. I pii abitanti di Medina lo dissero un miracolo del profeta.
Entro il cancello, però fuori del cortinaggio, trovasi pure la tomba di Setna-Fatima, figlia di Maometto, e moglie d’Alì.
Al lato orientale della moschea, dirimpetto alla menzionata tomba di Maometto si fa vedere la finestrina, dove vuolsi che l’Angelo Gabriele sia apparso al profeta quale messaggiero divino.
Al lato settentrionale, presso la tomba di Fatima, v’ha un banco quadrangolare, a quattro piedi circa da terra, detto El Meydà, o la tavola. Ivi siedono gli eunuchi della moschea, e i più distinti impiegati dello Stato tengono colà le loro adunanze.
Una parete di legno, alta circa 8 piedi, dipinta a rabeschi, sopra uno spazio di 25 piedi, detto El Novha, il giardino, dove trovasi il pulpito della moschea. Il suolo è coperto di magnifici tappeti, dono di Costantinopoli.


Ecco gli esercizi a cui devono sottoporsi i pellegrini nella visita di questa moschea.
Quando un pellegrino giunge a Medina deve fare un bagno generale, e ungersi possibilmente con pomate ed olii odorosi. Appena scorge la moschea deve fare una breve orazione.
Il Nezowar, o cicerone, lo fa entrare dapprima nella porta principale Bab-el-Salam, ed ha cura che il pellegrino ne passi la soglia col piede destro; uso adoperato in tutte le moschee; ma osservato in questa con estremo rigore.
Di là si porta, continuando sempre le sue orazioni, alla Rodha, dove fa un’altra prece, e si prostra a terra 4 volte, onde salutare il luogo sacro, recitando due brevi capitoli del Corano, il 109 e il cap. 112. Recasi quindi al cancello dell’Hedschra, dove prega Maometto, colle braccia alzate, ripetendo più volte i 20 diversi nomi, e attributi d’onore del profeta. Lo prega perchè gli sia avvocato in cielo, e comprende nelle sue preghiere i nomi dei suoi parenti ed amici.
Terminate le preghiere ad alta voce, il Cicerone dice al pellegrino di porre il capo fuori della summenzionata finestrina dell’angelo, e di starvi alcuni minuti in divota contemplazione.
Fatto ciò, il pellegrino se ne ritorna, e recita un’altra preghiera, facendo 4 nuove prosternazioni presso al cancello. Si reca quindi alla tomba di Abu-Bekr, e finalmente a quelle di Omar, e di Fatima, dove ripete le stesse cerimonie. Finalmente torna alla Rodha e rivolta ivi una preghiera a Dio, esce dalla moschea.
Ad ogni luogo, ove il pellegrino si ferma per fare le sue preghiere, v’ha gente appostata per ricevere le offerte.
Queste cerimonie possono ripetersi a volontà del pellegrino; ma per lo più non si fanno che all’arrivo a Medina e prima di partirne.
I Vehabiti visitano essi pure la moschea; ma non è loro permesso di avvicinarsi alla tomba del profeta, dacchè essi lo considerano come un semplice mortale.
Del resto la visita di Medina e della tomba profeta non è per i veri musulmani che un pio uso; mentre il Hadsch propriamente detto, ossia il pellegrinaggio alla Mecca, è per essi un dovere. Considerano però quella visita come opera assai meritoria, e gradita a Dio, come la visita alla moschea di Gerusalemme, e alla tomba d’ Abramo in Hebron, onde meritarsi la protezione del profeta e del patriarca, ed espiare i loro peccati, ed essere preservati dopo la morte dal fuoco infernale.

R.

Tratto da: Letture di famiglia opera illustrata…
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Carl Jacob Christoph Burckhardt (25 maggio 1818 – 8 agosto 1897) è stato uno storico svizzero dell’arte e della cultura e una figura influente nella storiografia di entrambi i campi. È conosciuto come uno dei maggiori progenitori della storia culturale. (Wiki)