Magia

Di Francesco Piqué

– È l’arte mercé la quale si credette produrre nella natura cose superiori al potere degli uomini col soccorso dei demoni.
Si distingue la magia in nera, naturale e celestiale, vale a dire l’astrologia giudiziaria.
A queste distinzioni si unisce la cerimoniale, che consiste nell’invocazione dei demoni in conseguenza di un patto formale o tacito fatto colle potenze infernali.
I diversi rami della magia sono: la cabala, il sortilegio, l’evocazione dei morti e degli spiriti maligni, la scoperta dei tesori nascosti e dei più grandi segreti, la divinazione, il dono dalla profezia, quello di guarire con parole magiche e con superstiziose pratiche le malattie più ostinate, preservare da tutti i mali e da tutti i pericoli, con amuleti e talismani, frequentare le tregende ed altre sciocchezze di questo genere.
La magia naturale, secondo i demonografi, è l’arte di conoscere l’avvenire e di produrre altri effetti maravigliosi con mezzi naturali, ma al disopra della intelligenza dell’universale.
La magia artificiale è arte di affascinare gli occhi e fare stupire gli uomini o col mezzo di automi o colla destrezza di mano, o con giuochi di fisica.
La magia bianca è l’arte di fare operazioni meravigliose coll’evocazione di buoni spiriti, o semplicemente colla destrezza e senz’alcuna evocazione.
Nel primo caso, vuolsi che Salomone ne sia stato l’inventore: nel secondo, la magia bianca è la stessa che la naturale, confusa con l’artificiale. – La magia nera o diabolica, insegnata dal diavolo ed esercitata sotto la sua influenza, è l’arte di commerciar coi demoni, in conseguenza di un patto stabilito con loro o servirsi del loro ministero per operare cose al disopra dell’umana natura.
Questa magia esercitano coloro che chiamansi propriamente maghi. Cam, ne fu, e, quanto dicesi, l’inventore? piuttosto il conservatore, perchè Dio, dicono i demonomani non mandò il diluvio, se non per purificare la terra dai maghi o dagli stregoni che la lordavano.
Cam insegnò la magia e la stregoneria a suo figlio Misraim, il quale a motivo delle grandi Meraviglie da lui operate, fu detto Zoroastro. Egli compose cento mila versi su quest’argomento e fu portato via dal diavolo in presenza dei suoi discepoli.  
Tali sono le idee dei demonografi intorno alla magia e le diverse sue distinzioni. La credenza della magia può dirsi coeva dell’uomo, imperocchè la religione dei popoli selvaggi o oltremodo barbari, essendo un naturalismo superstizioso, un feticismo incoerente, nei quali tutti gli esseri della creazione diventano oggetti di adorazione: la magia ebbe specialmente per oggetto di scongiurare gli spiriti di cui quei popoli selvaggi temevano ancor più l’azione malefica di quello che eglino se ne aspettassero benefizii.
Il timore degli dei, che fu la madre della religione, poichè l’amore non ne fu che la figlia tardiva, dominò fino dal principio l’immaginazione umana, e spesso più una popolazione, una tribù possiede virtù guerriera, più spiega risoluzione e coraggio nei combattimenti, maggiormente si mostra pusillanime riguardo alle potenze misteriose di cui suppone popolato l’universo.
Tutti i viaggiatori segnalarono l’influenza esercitata sulle società selvaggie ed ignoranti da queste superstizioni, e l’importanza della magia è quasi sempre in ragione dello sviluppo demonologico.
Non è qui il luogo di tessere la storia della magia perchè eccederebbe i limiti di un articolo. Accenderemo soltanto che le tradizioni storiche d’accordo coi monumenti ci presentano la contrada che bagna il Tigri e l’Eufrate come uno dei punti del globo ove la civiltà fiori più anticamente.
Gli imperi di Ninive e di Babilonia erano già arrivati ad un alto grado di potenza e di prosperità, mentre tre quarti dell’universo rimanevano immersi nella barbarie primitiva.
La religione si liberò più presto presso gli Assiri dal rozzo feticismo che era stato il primo sviluppo per rivestire una forma più razionale e più sistematica; si associò ad opinioni cosmologiche, dette cosi origine ad una vera teologia.
In Asia la serenità del firmamento e la maestà dei fenomeni celesti colpirono l’immaginazione e promossero l’osservazione.
Gli Assiri videro negli astri tante divinità alle quali conferirono influenze che avevano realmente potuto verificare per il sole e per la luna.
L’adorazione dei corpi celesti era pure la religione delle popolazioni pastorali calate dalle montagne del Kurdistan nelle pianure di Babilonia.
Questi Kasdim o Caldei finirono col costituirsi una casta sacerdotale e dotta che si consacrò all’osservazione del cielo, colla mira di penetrare di più nella cognizione degli dei.
Si dedicarono alla contemplazione giornaliera del firmamento e scoprirono alcune delle leggi che lo reggono.
Per tal guisa i tempii divennero veri osservatorii: tale era la celebre torre di Babilonia, monumento consacrato ai sette pianeti, e la cui rimembranza fu perpetuala da una delle più antiche tradizioni che ci abbia conservata la Genesi.
Una lunga serie di osservazioni pose i Caldei in possesso di una astronomia teologica, che riposava sopra una più o meno chimerica influenza dei corpi celesti applicata agli eventi ed agli individui. Questa scienza chiamata dai greci astrologia fu nell’antichità il titolo di gloria dei Caldei.
Annoveravansi in Babilonia diversi ordini di sacerdoti od interpreti sacri, fra questi troviamo i Kartumim o maghi.
Cosi Babilonia racchiudeva maghi e stregoni, indovini ed astrologi. Quali mezzi adopravano questi maghi? Non lo sappiamo dire in modo preciso, ma la grande riputazione che si erano acquistata nell’arte di operare prodigi non permette di dubitare che la loro scienza non fosse in parte fondata sulle nozioni positive di meteorologia, di fisica, di chimica e di medicina.
Lo studio dei Vedas, quei libri sacri dell’India, che formano ancora il codice religioso dei Bramini fece vedere che la religione persiana era scaturita dal naturalismo, di cui gli inni antichi e le formule sacre in essi contenute ci hanno conservato l’ingenua e primitiva espressione.
La magia greca non era associata all’osservazione degli astri sconosciuta ai primi Elleni. Diversi filosofi ne attinsero nell’Asia minore ed in Persia la cognizione e vuolsi che Pitagora e Democrito si facessero iniziare nei segreti dai discepoli di Zoroastro.
La magia propriamente detta si introdusse in Roma al seguito di dottrine greche ed orientali che cominciarono a penetrarvi, due secoli circa avanti la nostra éra.
La fede negli auguri cominciava a perdersi: era formalità consultarli; le maraviglie che si narravano dei maghi dell’Asia, la loro antica riputazione, tentavano di più la credulità romana.
La speranza di incontrare presso i Caldei una scienza più infallibile di quella degli aruspici, lor valse una calda accoglienza nella città eterna.
La loro dottrina vi si sparse, se ne scrissero trattati, se ne divulgarono le vane speculazioni che si eran a poco a poco modificate col progresso dell’astronomia.
Roma ne fu infetta e più di un preteso discepolo della filosofia greca sorse a interrogarli.
Le famiglie patrizie che avevano di che pagarli se ne fecero tanti profeti salariati. Tacito riferisce che il palazzo di Poppea, moglie di Nerone, era sempre pieno d’astrologi che consultavano questa principessa. — Le accuse di magia un tempo elevate contro i discepoli dell’Evangelo erano ritorte contro i pagani.
Gli uni e gli altri si rinfacciavano l’epiteto di mago. Non esisteva in effetto tra i pagani ed i cristiani che un dissenso nei nomi pronunciati onde ottenere l’esaudimento dei loro voti e l’effettuazione dei prodigi.
Tutti credevano alla realtà di questi prodigi; nessuno poneva in dubbio la loro esistenza. Ma ciò che i pagani attribuivano agli dei, i cristiani lo riferivano ai demoni.
Questi ricusando di adorare le antiche divinità della patria, e tuttavia operando miracoli, erano per i primi incantatori ed empi; i pagani che persistevano a domandare ai loro dêi aiuto e protezione, erano per i neofiti sostegni di satana.
La lotta duro finchè i tempii e gli altari del paganesimo furono in piedi. Creduli adoratori delle divinità di Roma, della Grecia, dell’Asia e dell’Egitto, filosofi neoplatonici, pieni di fede nella teurgia, maghi che domandavano a tutte le superstizioni formole di scongiuri, ricette per i loro sortilegi, s’erano collegati contro il nemico comune, il cristianesimo.
La resistenza si prolungò fino al sesto secolo, ed il trionfo della nuova fede fu riguardato come la disfatta definitiva delle potenze infernali.
Si raccontò che i demoni se ne erano fuggiti, mandando urli lamentevoli, dagli idoli ove si erano nascosti per ricevere le adorazioni dei mortali, che gli oracoli, in cui questi esseri impuri ingannavano coloro che consultavano con le loro menzogne erano divenuti muti, che l’aria, che si supponeva piena delle loro legioni, era stata purificata dal segno della redenzione, e che i loro prestigi ormai impotenti si dileguavano al solo nome di Cristo. – San Girolamo segnala come opinione universale fra i dottori che l’aria è piena di demoni (Epistola ad Ephes.).
Nel medio evo, abbenchè i tempii fossero abbattuti, rovesciati gli idoli, proscritta la filosofia ellenica, distrutto il politeismo oficiale, pure la fede negli dèi, ridotti ormai alla condizione dei demoni nella virtù dei riti che avevano un tempo costituito il loro culto, non era per anco sradicata.
In Grecia, nell’Asia minore, in Italia ripullulò in una folla di superstizioni popolari e d’uso che, per sottrarsi dalla proscrizione, si coprivano dell’apparenza del cristianesimo.
Le feste con le quali si erano prima celebrate le divinità antiche erano trasportate nel culto dei santi.
Queste solennità che piacevano al popolo per il loro carattere clamoroso o festevole, si santificavano cosi e trovavano grazia davanti l’intolleranza degli ortodossi.
Il culto popolare della madonna a Napoli procede certamente da quello di Vesta e di Cerere. La famosa processione della Madonna dell’arco nella quale i pellegrini ritornano ballando la tarantella, al suono rimbombante degli strumenti, ove ciascuno orna la fronte di ellera, di fiori ed agita veri tirsi decorati di nocciole e di rosari, ove i devoti, in preda ad una folle ilarità, sono montati sopra carri guarniti di fronde e di alberi, è un resto delle pompe campestri con le quali si festeggiavano Cerere Libera e Bacco Liber, suo sposo.
Alcune lampade ardono in ogni capanna napolitana davanti le immagini della Vergine, che successero a quelle degli dei Lari. Queste immagini venerate si trasmettono di padre in figlio e sono riguardate come il Palladium della famiglia; le si implorano in ogni occorrenza , si conta sulla loro protezione più che su quella di Dio, e si velan tutte le volte che si medita qualche azione disonesta o colpevole da cui si teme che siano irritate.
— ln Sicilia la Vergine prese possesso di tutti i santuari di Cerere e di Venere, ed i riti pagani in onore di queste dee furono in parte trasferiti nella madre del Cristo. — “In Grecia, scrive il viaggiatore l’ouqueville, la Vergine che ha surrogato l’astro d’Afrodite, apre le porte dell’aurora, i quaranta santi riconducono, il rosignolo e la primavera; san Nicola calma le tempeste; a Corfù è san Speridione; san Gregorio protegge l’agricoltore e le messi; i pastori raccomandano le loro gregge a san Demetrio che è più bonaccione di Pane, e non vi è nome inscritto nella leggenda, a cui non si attribuisca qualche felice influenza.” San Elia venerato sulle montagne, fu sostituito al Sole (Helios) che si adorava sulle cime che egli indora coi suoi raggi.
Si potrebbero citare in Oriente un gran numero di simili trasformazioni.
I discendenti degli adoratori di Cerere offrono oggi a Nostra Signora delle spighe, le primizie della messe, che un di si presentavano alla dea della Terra.
Non solamente i santi del paradiso si sono divisi gli attributi delle antiche divinità, ma gli dèi sono stati qualche volta cambiati in santi. Uno sciame di santi apocrifi hanno raccolto ad un tempo il nome della divinità e l’eredità del suo culto.
L’Aidoneo dell’Epiro divenne san Donato, la dea Pilina san Pelino, la Felicità pubblica santa Felicita, ecc.
Le processioni, le preghiere che facevano un tempo i sacerdoti o gli auguri per i vigneti, le piantagioni e la salute del popolo, furono consacrate sotto una nuova forma nelle Rogazioni (Cicer., De legib., II, 9). Il segno di croce, l’acqua benedetta, gli Agnus Dei, surrogarono come talismani, le malie e gli incantesimi.
Si riferì una quantità di prodigi operati dalla sola virtù del segno della croce.
Gli stregoni pretendevano, coi loro incantesimi, poter aprire senza chiave le serrature; san Colombano vi pervenne, facendo uso del solo segno della redenzione (Cumio, Vit. son Columb., c. XXV).
Gli stregoni pretendevano operare il medesimo prodigio secondo quanto ci narra J. Graham Dalyell nella sua opera The darker superstitions of Scotlund, pag. 270.
In luogo di scongiurare le tempeste coi sortilegi, i cristiani lo facevano presentando la croce ai quattro punti cardinali o gettando acqua benedetta (Vedi Mengus, Flagellum dæmonum, pagina 208 ). Siccome la mente non è mai sazia di superstizioni, i nomi ebraici di Dio, quelli degli angeli, di Abramo, di Salomone furono sostituiti a quelle divinità greche ed orientali nei filatteri e negli Abraxas.
Non si traevano più le sorti come a Preneste, ma si consultavano le scritture a caso; si tirava alla più bella lettera con la Bibbia.
Quindi l’uso delle sorti dei santi che si continuò per secoli.
Gli oracoli si erano ammutoliti, ma le tombe dei confessori e dei martiri avevano preso il loro posto; ed invece di rimettere ai profeti la cedola sulla quale era consegnata la domanda da farsi agli dêi, la si deponeva sulla tomba del santo; poco tempo dopo, il santo dava la risposta.
Si borbottavano paternostri sulle ferite da guarire, si attribuivano alle reliquie tutti gli effetti che l’antichità riferiva alle malie ed ai talismani. – La Chiesa proibì tuttavia queste pratiche.
Il concilio di Roma, sollo Gregorio II, pol 721 interdisse l’uso dei filatteri; i Pater di sangue, o rosari aventi la virtù di arrestare le emorragie furono egualmente condannati dai teologi (Histoire critique des pratiques supersti. tieuses, t. I, p. 394).
Questa sostituzione delle pratiche cristiane ai riti pagani effettuavasi tutte le volte che questi erano di natura da essere santificati.
Aveva soprattutto luogo nei paesi come la Gallia, la Gran Bretagna, la Germania e le contrade settentrionali, ove il Vangelo non fu predicato che assai tardi, ove le credenze pagane si mostravano più vivaci, più ribelli.
Ci resta ad investigare perché la magia sia rimasta fino ai nostri giorni strettamente vincolata alle antiche superstizioni.
Il rinnovamento aveva risvegliato il gusto degli antichi che si era come svanito nel vuoto lasciato dalla scolastica.
In Italia, in Francia, in Alemagna, in Inghilterra, si correva ad abbeverarsi nella lettura dei filosofi pagani, e la bellezza della lingua di Omero, di Virgilio, di Platone, di Cicerone e di Plutarco produsse naturalmente, a causa delle loro opinioni religiose, una tendenza, che un secolo prima era stata trattata di eresia.
Ritrovare in quegli autori le opinioni che il cristianesimo aveva consacrate, era cosa che dilettava; e, sotto il prestigio dell’ammirazione, si scivolò nel paganesimo.
Per tal modo si videro parecchi eruditi di quel tempo ritornare alle teorie filosofiche condannate dalla Chiesa, e, sotto l’egida del commentario, riprendere e sviluppare le dottrine e la filosofia politeista.
Lorenzo Valla, morto nel 1487, Poggio Bracciolini, morto due anni dopo, Giannozzo Manelli di Firenze, rapito alle lettere il medesimo anno di Poggio; Ermolao Barbaro di Venezia, Angelo Poliziano, Marsiglio Ficino soprattutto, rimisero in onore le dottrine della filosofia platonica e stoica, e lasciarono travedere per essa una preferenza che non era senza ardire.
Una quantità di letterati in Italia, come il cardinal Bembo, non dissimulavano il loro debole per l’antichità, e preferivano apertamente le bellezze degli autori pagani a tutti gli esempi di eloquenza dei dottori della Chiesa.
Questo ritorno verso gli antichi, se ebbe il vantaggio di depurare il gusto, di nobilitare l’animo, di rendere più indipendente il pensiero e più originale, aveva pure i suoi pericoli.
Le acque cui si abbeveravano erano più saporite che pure, e la filosofia, entrando nelle scuole, libera dai ceppi della scolastica, vi riconduceva lo speculazioni del platonismo.
La teoria delle influenze demonologiche, l’astrologia, la magia trovarono così, in nome della scienza, l’accoglimento che lor ricusava la religione, ed i sogni dell’antichità furono studiati e rimessi in circolazione dagli amici delle lettere.
La natura non era d’altronde quell’ epoca abbastanza conosciuta nelle sue leggi per non immaginare che non vi intervenissero forze soprannaturali e agenti meravigliosi, ed il fisico aveva sempre ancora una piccola dose di mago.
Il segreto di cui amava circondarsi, la lingua bizzarra e tecnica che si era fatta, riuscivano a mantenere presso il volgo una credenza che la gente dotta non respingeva assolutamente.
Quindi la fama di stregoni che ebbero Alberto il Grande, Ruggero Bacone, Arnaldo di Villanova, Raimondo Lullo. —I secoli XV, XVI, XVII sono pieni di processi di stregoneria.
I teologi scrissero trattati voluminosi ed indigesti contro la magia, di cui dipingevano le abominazioni sotto i colori più tetri.
I concili ripetevano gli anatemi già tante volte pronunziali. — Dotti che vedevano nella magia un mezzo di strappare agli spiriti della materia, e agli agenti della natura i loro segreti ed i loro processi, devoti che condannavano in quest’arte un commercio abominevole con i sostegni dell’inferno, giudici fanatici che volevano purgare la società di tutti gli impostori e gli empii, gente frivola cui la curiosità spingeva ad interrogare alcuni entusiasti o ciarlatani, credevano egualmente alla magia.
Gli uomini più sensati parlavano della magia con una riserva, mista di spavento; gli stessi scettici non osavano riderne.
L’astrologia giudiziaria fini col discreditarsi in presenza delle dimostrazioni evidenti della astronomia.
Le comete di cui Cassini scopri le rivoluzioni periodiche, perdevano la loro funesta influenza, abbenchè alcune menti retrograde si siano successivamente intestate di riguardarle come segni della collera celeste.
Ma la magia che era inerente all’impiego delle pratiche fondate sopra fenomeni fisiologici e patologici, allora appena intraveduti dai medici, rimaneva ancora, per la grande maggioranza, oggetto d’inquietudine o di spavento.
Fino alla metà del XVIII secolo se ne sostenne la realtà.
Non intraprenderemo a tracciare la triste istoria della magia nei tempi moderni; i parecchi articoli che abbiamo dati in proposito in questo dizionario bastano a dare un cenno sufficiente dei furori della superstizione, e delle lamentevoli persecuzioni dirette contro le vittime di speculazioni chimeriche. — Furono gli spiriti forti del principio del XVII secolo che primi si sforzarono di combattere il pregiudizio dominante, di difendere avanti i tribunali sciagurati pazzi, od indiscreti investigatori.
Era d’uopo di coraggio, poichè si rischiava, cercando salvare il capo dell’imputato di passare per un fidato del diavolo, o ciò che era peggio, per un incredulo.
I liberi pensatori, i libertini, come si chiamavano allora, avevano poco credito; generalmente frivoli nelle loro negazioni, non mettevano al servizio della loro causa che un buon senso volgare che spaventava come l’ateismo, e che urtava profondamente i fedeli abituali a non contare il buon senso per niente, quando si trattava di ortodossia.
— L’eredità delle superstizioni dei nostri padri fu dissipata dai progressi della ragione, ma la credulità pare essere una malattia incurabile dello spirito umano, e per quanto vigorosa sembri essere la nostra costituzione mentale, essa è esposta a mali passeggieri, a smarrimenti di cui non possiamo a meno di scorgere all’intorno di noi allarmanti sintomi.
Le illusioni della magia non sono totalmente svanite, ed alcuni ciarlatani e furbi tentano farle rivivere sotto il manto del magnetismo e dello spiritismo.

Tratto da Google Libri: Dizionario infernale

Esposizione della magia, dell’alchimia, dell’astrologia, della cabala, etc.
Di Francesco Piqué, Jacques Albin Simon -Collin de Plancy · 1884.