L’uso del Lui e del lei una quistione vecchia

Di alcune proprietà e difficoltà della lingua italiana. – 1870

Il signor prof. Batisti di Mantova ci domanda se «sta bene l’adoperare il pronome lui per subjetto, come appare dalle seguenti parole tolte a un autore toscano moderno: Lui però, osservando che l’ assoggettarsi a una pena anche minima sarebbe un confessarsi colpevole ec.».

Questa è quistione, come suol dirsi familiarmente, vecchia quanto il brodetto. I grammatici vietano di adoperare lui come soggetto: gli esempj per altro non mancano negli scrittori, e l’uso toscano il comporta. – Ma dunque i grammatici insegnano male? – No: giusta è la legge posta da loro; e certamente chi la trasandasse in scrittura nobile e grave farebbe molto male.
C’è però lo scriver familiare, ed il parlar familiare che il comportano benissimo; anzi dirò di più, ci sono dei casi, e nello scrivere e nel parlar familiare, dove parrebbe affettazione il seguitare la legge de’grammatici.
È vero per altro che nella scrittura è buono il non abusarne, e servirsene solo in que’luoghi dove il far altrimenti avrebbe del troppo studiato; perchè, se no si dà nel plebeo, come appunto nel luogo accennato dal signor Batisti ed in tutti que’casi dove il Lui e Lei sta in principio di proposizione: ed è vero altresì che male può giudicare dove ciò convenga e disconvenga, chi non è toscano, o dell’ uso toscano ha lunga ed assidua pratica. E però sarà sempre meglio, chi proprio non è sicuro del fatto suo, l’attenersi alla regola posta da’grammatici.
Recherò prova insigne di ciò ch’io dico. Il Manzoni scrisse il suo maraviglioso romanzo come gli dava la sua natura e i suoi studi: gli fu detto che la sua scrittura si scostava troppo dall’uso toscano; ed egli (qui si poteva dir Lui) lo volle tuffare in Arno. Lo migliorò? a me par tutt’altro, anche guardandolo così in generale: ma venendo ai particolari, che fece? Nel più de’ casi dove la scrittura era secondo grammatica, e senza ombra d’affettazione, la ridusse secondo l’uso del popolo toscano, anche in quelle cose che più che uso possono chiamarsi abuso.
Per esempio a pag. 11 (1) aveva scritto: Ella ha intenzione di sposare domani Renzo Tramaglino ec. Bene: in questo caso, qualunque civile persona, anche parlando familiarmente avrebbe usato la voce Ella: il Manzoni acconciò o guastò ponendo: Lei ha intenzione. Due versi innanzi aveva posto: Che mi comanda? rispose Don Abbondio. Fra cento che parlano, novantotto dicono, anche a Firenze così; ma gli diedero ad intendere, contro la verità, che tutti dicono Cosa per Che o Che cosa (il qual modo per di più è brutto e falso); e il Manzoni guastò: ponendo Cosa comanda; a scapito anche della naturalezza.
A pag. 13: aveva scritto presero la strada dond’egli era venuto; e guastò prese la strada donde lui venuto; che non si direbbe da noi in verun caso, e che è strano e contorto: il fiorentino se mai, direbbero: donde era venuto era lui; ma dovendo collocare il pronome tramezzo, non c’è persona, anche del volgo, che non dicesse donde egli era venuto.
Questi esempj potrebbero moltiplicarsi in infinito; e forse dell’ accomodatura de’ Promessi sposi ne piglierò argomento a uno scritto per questo periodico: qui basti aver posto nell’avviso i men cauti che il toscaneggiare, e l’uso fiorentino son belli e buoni, ma bisogna saperlo fare, e bisogna scordare che l’uso, fior di galantuomo, ha un fratello di pessima natura che si chiama abuso, e che tra loro si somigliano come i Menecmi di Plauto. Buono scrittore è colui che sa conoscere l’uno dall’ altro; e sa fuggire il tristo.

(1) Cito la edizione del Le Monier 1845

P. Fanfani

Da Goole Libri
“La” Unità della lingua, periodico


Pietro Fanfani (Pistoia, 21 aprile 1815 – Firenze, 4 marzo 1879) è stato un filologo, umorista e romanziere italiano.