L’ULTIMA ORA DI VENEZIA

Arnaldo Fusinato
(19 agosto 1849)

Preambolo:

La Repubblica di San Marco fu costituita dopo un insurrezione iniziata il 17 marzo contro il governo austriaco Con sede nella Laguna di Venezia, si estendeva a gran parte del Veneto, ovvero il territorio di Terraferma della Repubblica di Venezia, soppressa 51 anni dopo le guerre rivoluzionarie francesi.
I due patrioti Daniele Manin e Niccolò Tommaseo, rinchiusi nelle carceri austriache, vengono rilasciati e prendono la direzione di un proclamato il 22 marzo il nuovo governo provvisorio, di cui Daniele Manin diventa presidente.
Dopo aver dichiarato l’indipendenza dall’Impero asburgico austriaco, la Repubblica si unì in seguito al Regno di Sardegna nel tentativo, guidato da quest’ultimo, di unire l’Italia settentrionale contro la dominazione straniera austriaca e francese. Dopo il fallimento della guerra, la città fu riconquistata dalle truppe austriache dopo un lungo assedio il 27 agosto 1849. (da vari Wiki).

Dipinto di Luigi Querena lo scoppio di una mina nell’isola di san Giuliano.

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È fosco l’aere,
il cielo è muto,
ed io sul tacito
veron seduto,
in solitaria
malinconia
ti guardo e lagrimo,
Venezia mia!


Fra i rotti nugoli
dell’ occidente
il raggio perdesi
del sol morente,
e mesto sibila
per l’aria bruna
l’ultimo gemito
della laguna.


Passa una gondola
della città:
Ehi , dalla gondola,
qual novità?
Il morbo infuria,
il pan ci manca,
sul ponte sventola
bandiera bianca!

No, no, non splendere
su tanti guai,
sole d’Italia,
non splender mai;
e sulla veneta
spenta fortuna
si eterni il gemito
della laguna.

Venezia! L’ultima
ora è venuta;
illustre martire,
tu sei perduta….

Il morbo infuria,
il pan ci manca,
sul ponte sventola
bandiera bianca!

Ma non le ignivome
palle roventi.
nè i mille fulmini
su te stridenti,
troncàro ai liberi
tuoi dì lo stame…

Viva Venezia!
Muore di fame!
Sulle tue pagine
scolpisci, o storia,
l’altrui nequizie
e la sua gloria,
e grida ai posteri:

Tre volte infame
chi vuol Venezia
morta di fame!
Viva Venezia!

L’ira nemica
la sua risuscita
virtude antica;
ma il morbo infuria
ma il pan le manca…
Sul ponte sventola
bandiera bianca!

Ed ora infrangasi
qui sulla pietra,
finchè è ancor libera
questa mia cetra.


A te, Venezia,
l’ultimo canto,
l’ultimo bacio,
l’ultimo pianto!

Ramingo ed esule
in suol straniero,
vivrai, Venezia,
nel mio pensiero;
vivrai nel tempio
qui del mio core,
come l’immagine
del primo amore.

Ma il vento sibila,
ma l’onda è scura,
ma tutta in tenebre
è la natura:
le corde stridono,
la voce manca…

Sul ponte sventola
bandiera bianca!

Non era più costanza ma ostinazione il resistere, e l’Assemblea dové permettere si trattasse col nemico (22 agosto). Radezky consentiva piena amnistia, solo obbligando alcuni a partire; si conserverebbe valore alla carta monetata comunale, spegnendola a carico della città stessa; nessuna multa di guerra.
I disfrenati cercarono insozzare quell’agonia col volgere l’ira del popolo e fin i cannoni contro Manin, gridato traditore; ma egli poté ancora una volta, mediante il popolo, imporre alla ciurma soldatesca e scribacchiante; e arringato dal solito balcone del palazzo ducale verso Piazzetta, scende colla spada in pugno e dissipa i tumultuanti; essi rannodansi a Santa Lucia, ed egli con pochi gendarmi e Svizzeri, di cui erasi fatto una guardia, va a disperderli senza sangue. Allora, rassegnati i poteria, vviossi all’esiglio.
Il 28 agosto l’aquila bicipite sventolava ancora dai pili di San Marco. E il poeta con verità potè cantare che Venezia

non rinnegò le splendide
glorie del suo passato;
nell’agonia d’Italia…
sola nel campo usci;
e rovesciò le vigili
falangi de’ ladroni,
s’assise sulle inutili
bocche de’ lor cannoni;
del sangue il gran battesimo
ai figli suoi dono,
poi nel suo letto d’alighe,
a riposar tornò.

La caduta fu senza cantici, come non fu senza pianti. Per lungo tempo seguì il cupo tacere d’un gran disastro, e col poeta intimavasi:

Silenzio! alcun non mescasi
al meretricio canto;
resti alla serva patria
la nobiltà del pianto.

Dei due primarj personaggi di quella rivoluzione, uno campa poveramente a Firenze della letteratura, (Nicolò Tommaseo) in cui è sommo; l’altro, (Daniele Manin) perduta una ricchissima clientela e i pochi averi suoi, avute ventimila lire dal municipio in benemerenza della mantenuta quiete, a Parigi si sostentò colle proprie fatiche da maestro e da avvocato; e vi mori fedele alla causa assunta, ma esecrando chi vuol farla trionfar col delitto, e · straziato il cuore dalla vergogna del sentire ogni giorno di fatti atroci, di pugnalate che succedono in Italia….. opera d’uomini che si chiamano patrioti, e che furono pervertiti dalla teoria del pugnale ,
… L’ingente debito, che il Comune avea dovuto garantire nell’ultima rivoluzione, fu perdonato alla venuta dell’imperatore nel 1857, quando fu pure dato un grosso assegno per la conservazione e i ristauri della basilica di San Marco, e regalata una statua di Marco Polo: attorno al palazzo ducale si spese circa un milione; e per meglio conservarlo alcune camere vennero destinate ai grandi; ricevimenti.

Dimmi, perché sì miseri
ora i tuoi di trascini,
e ti percuote l’orrida
verga degli assassini?
Perché nel cuor dei popoli
posta non hai la fe:
parché volesti assiderti
presso al guancial dei re …

Questo racconto fu stampato dominanti ancora gli Austriaci.
E accenna che, dopo tante sventure, si cercava ricrear il paese, tornarlo alla prima calma, ch’è pur un bene dopo violente convulsioni. E le prime cure si volsero a miglioramenti materiali.
I signori veneti, tra pochi possedendo la maggior parte dei fondi , legati anche da vincoli feudali e fedecommissi, si limitarono a trarne quel che bastasse al suntuoso vivere, senza pensare a miglioramenti, che avrebbero vantaggiato solo i posteri.
Caduta la repubblica, sciolti i vincoli, vennero i soliti scompigli dall’urto fra l’usanza inerte e i violenti sobbalzi; le fortune si sfasciarono; sorsero nuovi ricchi e ricaddero; e l’agricoltura, sempre lenta ne’ suoi progressi, trovossi ancora scemata di braccia, toltele dalla coscrizione; sproveduta di case coloniche, di strade, di sfoghi, e con piccoli proprietari mancanti di capitali, o con grossi che intendevano ad ampliare i possessi, anziché a migliorarli.

Tratto da Google Libri
Storie minori
Ezelino da Romano, Il Sacro macello, La Valtellina, Como, La Brianza, Venezia · Volumi 1-2