La prigione della regina (Queen’s Prison)

La Queen’s Prison è una prigione per debiti, che merita d’essere descritta. È questo un grande edifizio che trovasi a St. Georges Road, sulla sponda destra del Tamigi.
Nell’ingresso è esposta una tabella nella quale sta scritto un avvertimento ai visitatori di non poter introdurci nulla di proibito, e specialmente bibite spiritose sotto pena di arresto o multa pecuniaria. Prima d’entrare diciamo alcune parole su questa prigione.
Il carcere detto Queen’s Prison, o Queen’s Bench Prison, non è una prigione comune per debito, come si crede generalmente.
Le due principali di tal genere trovansi in White-cross-Street, e in Horsemonger Lane.
La prigione della regina è un carcere. Chi vuol esservi condotto deve ottenere un così detto Habeas corpus, che costa circa tre lire sterline, ed ognuno che può cerca di procurarselo, giacchè, sebbene molti privilegi antichi ch’erano ammessi a quel carcere sieno stati tolti, pure le comodità che si possono colà ottenere sono immense, in paragone della deplorabile condizione in cui si trovano coloro che sono obbligati ad abitare le carceri comuni per debiti.
Entrati nel vestibolo, si deve fare conoscere al portiere il nome del prigioniero che si vuol visitare e quindi si apre il cancello, e il visitatore viene introdotto in un immenso cortile, il quale meglio potrebbe dirsi una gran piazza, da un lato della quale s’elevano mura gigantesche, e dall’altra i fabbricati. Le case abitate dai prigionieri per debiti sono dalla parte del Nord di questa piazza; esse sono aperte, senza porte, e vi si entra dalla corte come nelle caserme.
Ad ogni caseggiato sonovi numeri bianchi su fondo nero; il primo indica il numero della casa, l’altro quello della stanza abitata dal prigioniero.
La grande corte è popolosa ed animata; ivi trovansi persone d’ogni ceto e d’ogni condizione, tutte le mezzetinte e le ombreggiature del grande quadro sociale. Ivi però ogni pregiudizio di casta sparisce, eccettuati quelli che non vi prendono parte e rimangono nelle loro stanze, vergognosi dello stato in cui si trovano. Questi non passeggiano nel cortile che di notte, potendo andare a qualunque ora loro piaccia, dacchè quella colonia gode piena libertà entro le alte mura che la separano dal di fuori.
Quelli che ne profittano anche di giorno possono dirsi gli habitues del luogo. Qui vediamo due giovani lions, a braccetto, e fumando lo zigaro, chiacchierando e passeggiando su e giù pel cortile. Sono vestiti in negligé di mattino, alquanto usato; con berretti ricamati in oro un po’ vecchietti; ma con un resto d’eleganza, coi capelli in disordine e la barba incolta.
Però hanno gli stivali lucidi, e fumano zigari d’Avana da cinque pence l’ uno.
Ivi cammina uno speculatore di granaglie insieme ad un procuratore non bene definibile, cosi una specie di quid medium fra l’avvocato e l’agente, che però ha conservato anche in prigione il suo abito nero, la cravatta bianca, e gli occhiali d’oro. Da un lato un vecchio signore, in veste da camera di seta, allegro e contento di sè, fuma la sua pipa; ha a sinistra un pappagallo, di magnifica razza. Dovrebb’essere un vecchio membro di qualche club della City.
Chi è mai quella signora grassotta di bell’aspetto e spiritosa, che saluta alcuni prigionieri con tanta gentilezza, altri in modo dubbioso, ed altri ancora li saluta nemmeno? Essa è la fata benefica di quella colonia.
È dessa che, mediante 5 scellini per settimana cambia le pareti quasi nude della stanza del prigioniero in una stanza da letto, o da ricevere confortabile; è dessa che, con uno scellino e mezzo di più, aggiunge una bella portiera, e due cortinaggi magnifici alla finestra.
La magra sua compagna è uno degli esseri più servizievoli della colonia; la è quasi uno spirito etereo, che fa tutti i servigi di casa per 3 o 4 scellini alla settimana, cucina, pulitura, bucato, tutto. S’aggiunga a queste due signore un vecchietto poveramente vestito, però con calzoni corti e fibbie, il quale con uno scellino alla settimana copre ogni giorno gli stivali ai prigionieri di un nero lucidissimo.
Sono lunghissimi anni che costui abita nella prigione della regina per un debito di 30 lire sterline, che non vuol pagare, senza sebbene ne possegga almeno 300! Ma vi fa cosi buoni affari, che ci resta.
Sopra il muro sono dipinti dei dischi grandi e rotondi e dei circoli come si usa nei bersagli, sotto i quali sono scritti numeri progressivi.
Trenta o quaranta di quegli inquilini si divertivano, come fanciulli a giuocare al volante, racke; giuoco che tanto piace agli inglesi, onde ammazzare il tempo essendo quello il solo giuoco permesso, mentre le carte e i dadi sono assolutamente proibiti.
Gli attuali statuti permettono ad ogni prigioniero una misura (pot) di birra al giorno, o una pinta di vino. Il controllo si tiene in un gran libro in cui si notano tutte le bibite di tal genere che vi entrano e il nome di quelli cui sono destinate. Anche quivi però nasce l’inganno, figurando per lo più i nomi di coloro che non hanno mezzi per procurarsele, e bevendole gli altri.
Cosi pure dicasi dell’acquavite, che v’entra di contrabbando, purchè la si paghi 4 o 5 volte il suo valore….. ma la è sempre una prigione, ed è a deplorarsi, come una governo costituzionale non modifichi quelle leggi antiquate ed inique, che permettono ad un creditore di tener rinchiuso in un carcere un povero diavolo, per poche lire, per dieci e venti e trent’anni, ed anche in vita; e ciò, non solo nella prigione della regina, che sarebbe il men male; ma in veri antri, come sono le carceri di Whitecross-Street, e di Hor-semonger-Lane.
Potremmo narrare molti casi che metterebbero orrore, e farebbero vedere la necessità assoluta di tali riforme, ma ce ne astenghiamo per non dilungarci troppo in argomenti estranei all’indole del nostro periodico.

Tratto da: Letture di famiglia
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