LA MADONNA DELLA SCIARA

Per quanto ho potuto sapere, a nessuno è mai venuto in mente, di far conoscere questa graziosa festa delle regioni Etnee, bella per la sua originalità e grandiosa per la gente che vi accorre.
In mezzo alla sterminata distesa di lava del 1669, biancheggia su di un rialto di pietre, la piccola chiesuola, che oggidì si cerca di ristaurare e rendere più ampia. Fu questa terribile lava del 1669, che sotto la sua ardente valanga, seppelliva il gaio paesello di Mompellieri, la chiesa del quale, al dire del Botta nella sua Storia d’Italia, era onore di Sicilia e ammirazione degli stranieri. I miseri abitatori di quelle contrade ridenti, assistettero impietriti, alla funesta sventura, che li privava dei ricordi più cari, e poi esularono nei paesi vicini. Le generazioni si succedettero, gli anni trascorsero veloci e solo per tradizione sapevasi dai discendenti, che un giorno, un terribile flagello aveva colpito i loro avi, distruggendone il loco natale.

Un bel di per quei paesi, volò di bocca in bocca una novella. E qui della Storia s’ impossessa la Leggenda. Una monaca santa, una sposa del Signore, aveva fatto un sogno portentoso. Nella notte, l’era apparsa la Madonna, cosparsa di fiori e coronata d’angioli e di cherubini, e le aveva detto, come la sua statua giaceva da gran tempo sepolta nell’antica chiesa di Mompellieri, e che era suo desiderio ora ne venisse estratta. – Come luogo per l’escavazione, designava un fiore, che solo in quella brulla landa, cresceva rigoglioso e magnifico.

La pietà dei fedeli, in poco tempo, raccolse una grossa somma di danaro, per l’opera da farsi. Un vivo entusiasmo invase i discendenti di quella stirpe di miseri volevano riconoscere la santa patrona: dei loro antenati. Infatti. Un bel giorno, i lavori s’incominciarono. Numerosa fu la schiera dei lavoratori, che si posero all’opera. Ardua era l’escavazione, la roccia era dura e l’altezza della lava, molta. Ma la fede, e la vergine monaca, incoraggiavano i lavoranti.

Dapprima si rinvennero le campane dell’antica chiesa, fuse: non erano che una informe massa di metallo. La lena allora crebbe, e finalmente si trovò la statua della Madonna.
Un lungo grido di evviva, risuonò per quell’antro profondo. La Madonna era situata sul suo altare, rimasto intatto per un’arcata, che vi aveva formato la lava. Vi rinvennero accanto degli oggetti sacri, un crocefisso di bronzo e varie sculture. La dimane, la statua, veniva messa allo scoperto.
si voleva da alcuni portare questa statua, che è di squisita fattura, in uno dei paeselli vicini. Si tentò di metterla sopra un carro tirato da buoi, ma si dice che la Madonna si fece pesante, e non fu possibile smuoverla. Segn’era che voleva rimanere lì. Ed ecco come in fretta si costruì quella chiesuola, e la Madonna della Sciara, rimase là, a sfidare nella sua cappelletta, gli uragani e le bufere, che in quelle regioni imperversano. La divozione andò ogni anno crescendo, e i voti, che la Madonna ogni anno riceve, sono straordinari.

Ora che abbiamo parlato della storia e della leggenda parleremo della festa.
La vigilia del giorno della festa, che accade di domenica, verso la mezzanotte, si avviano alla volta della chiesuola, i discendenti di coloro che furono di Mompellieri, e cantando, nei paesi che attraversano, delle meste canzoni a pie’ scalzi, fanno il cosiddetto viaggio.
Giunti alla chiesa, un prete vi celebra la messa, e tutta la gente fa la comunione.
La mattina, poi, incomincia ad arrivare la folla dei gaudenti. Tutti i viottoli, che sono tagliati nella lava, sono attraversati da gente che va o viene, a cavallo o a piedi, cantando o pregando: insomma, incomincia un vero baccano. L’immenso piano, che la solerzia e il lavoro d’un buon cenobita v’ha fatto dinanzi la chiesa, si va popolando di gente.
I venditori ambulanti, hanno già rizzate le loro tende, e le orecchie sono assordate dalle grida di fanciulli, che strillano la merce.
A destra, si vende carne infornata di montone, a sinistra, ceci abbrustoliti; in un luogo, c’è il giuoco del carosello, in un altro, un organino fa sgambettare alquanti di quei villanzoni. E la gente si siede sugli spigoli di lava, le tovaglie si distendono sui rialzi di terreno, e le mangiate si improvvisano. Lo spettacolo poi, assume qualche cosa di veramente fantastico la sera, quando le tenebre della notte, sono rischiarate dalle cataste di legna resinose, che si bruciano su di mille e mille punti di quella lava, rischiarando dei gruppi di gente avvinazzata, che allegramente sèguita a trincare, o di gente che si gode la vista della processione, che si affaccia sullo spianato della chiesa, al lume di migliaia di fuochi di bengala, e mentre i mortaretti e i fuochi d’artificio scoppiano da ogni parte.
A notte tarda, la gente fa ritorno alle proprie case, andando a smaltire col sonno, la sbornia della giornata.

Angelo Merletta

L’Illustrazione popolare, Volume 26
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