La luce elettrica Edison

I giornali americani, e primo il New York Herald, annunziano che finalmente Edison ha risolto il problema di suddividere e regolare la luce elettrica ottenendola a buonissimo mercato. Benchè ancora non ci sieno pervenuti dei dati sicuri e precisi, non vogliamo mancare al nostro dovere di cronisti della scienza non informando i nostri lettori di quanto è a nostra cognizione intorno a questa recentissima invenzione; non facciamo che riferire, colla riserva che del fatto ci giunga una autorevole conferma.
Osservando per caso un pezzo di nero fumo compresso che stava astrattamente rotolando fra le dita, venne l’idea ad Edison che questo potesse dare buoni risultati come sorgente luminosa se fosse reso incandescente, fu fatto l’esperimento e si ottennero soddisfacenti resultati; successivi esperimenti dimostrarono che infine l’inventore s’era messo sulla buona via.
Egli provò a carbonizzare pezzi di filo, scaglie di legno, paglia, carta e molte altre sostanze; i resultati dimostrarono che la sostanza più adatta per la carbonizzazione e per l’emissione di luce d’incandescenza era la carta, preferibilmente compatta come il cartoncino.
Il bell’aspetto della luce, la stabilità del filamento carbonoso non furono i soli elementi del buon resultato ma vi concorse altresì la sua conveniente ed uniforme resistenza al passaggio della corrente.
Con un opportuno punzone, da un pezzo di cartoncino di Bristol, fu tagliata una striscia in forma di un piccolo ferro da cavallo, lungo due pollici (5 cent). e largo 118 di pollice (3 mill.); una quantità di tali striscie furono collocate di piatto l’una sull’altra in un modello di ferro fucinato grande press’a poco come la mano, e separate l’una dall’altra da carta velina.
Lo stampo è quindi coperto e collocato in un forno, dove è portato gradatamente alla temperatura di circa 600° Farenheit. Cosi sfuggono tutti i prodotti volatili; dopo di che lo stampo è messo in una fornace e scaldato quasi al calor bianco; e quindi rimosso e lasciato raffreddare gradatamente.
Aprendo lo stampo si trovano i resti carbonizzati del piccolo cartoncino a ferro di cavallo, che deve essere levato colla massima cura, altrimenti esso cade in pezzi, collocato in un piccolo globo, e attaccato ai fili che vanno alla macchina generatrice.
Collegato poi il globo con una pompa ad aria, e fatto il vuoto, si salda il globo e la lampada è pronta per l’uso. La figura mostra la lampada completa. A è il globo di vetro, vuoto d’aria, messo sul piede B. F è il piccolo filamento di carbone unito per mezzo dei fili GG di platino, ai fili EE che portano ai serrafili DD, e da questi alla macchina generatrice.

La corrente, entrando per un D, sale al filo E e al nodo di platino G, e da questo attraverso il filamento di carbone F all’altro G, E e al D, e finalmente alla macchina generatrice.

Si deve notare, per rapporto alla lampada completa della figura che essa non ha alcun complicato apparecchio regolatore come quelli che caratterizzano i primi lavori dell’inventore. Tutto il lavoro che egli fece pei regolatori fu praticamente inutile, avendo egli ultimamente riconosciuto che essi non erano affatto necessarij.
Egli trovò che l’elettricità può essere regolata con intera convenienza, alla stazione centrale, proprio come attualmente è regolata la pressione del gas. Per mezzo del suo sistema di riunione dei fili, l’estinzione di un certo numero di globi non interessa gli altri più che l’estinzione di uno stesso numero di fiamme di gas interessi le altre che traggono l’alimento dallo stesso gazometro. – La semplicità della lampada completa parrebbe essere
giunta al più alto punto; ed Edison asserisce che sarà difficilmente possibile di semplificarla di più. L’intero costo di fabbrica non è più di uno scellino. La lampada A della figura è una lampada da tavola. Il modello da lampioni consisterebbe del solo globo vuoto e del filamento di carbone attaccato al lampione e unito coi fili che vanno alla macchina generatrice, forse mezzo miglio lontano.
I fili passano dentro i tubi del gas, cosicchè in realtà il solo cambiamento per mutare una fiamma a gas in una lampada elettrica, è quello di spingere i fili dentro i tubi da gas, levare il becco, e avvitare la lampada elettrica in suo luogo. Sebbene si siano stabiliti i piani per una generale illuminazione, il concetto del probabile sistema adottabile, è di impiantare una stazione centrale nelle grandi città in modo che ogni stazione possa provvedere un’area di circa 113 di miglio. In ogni stazione vi sarebbe, dicesi, una o due macchine di immensa potenza, che moverebbe parecchie macchine generatrici, e ogni macchina generatrice fornirebbe circa 50 lampade

Noi abbiamo riportato la descrizione di questa luce Edison, valendoci delle notizie che ne danno il New York Herald, l’Iron Monger e il Times; il corrispondente di quest’ultimo giornale assicura di aver veduto a Menlo-Park, dimora dell’Edison, la luce in piena attività.

Fino ad oggi questa notizia e stata accolta dai periodici scientifici con una riserva che noi pure dividiamo e, adempiuto al nostro debito di cronisti, francamente confessiamo di aspettare, per esser convinti, qualche cosa di più che degli articoli di giornali.

Tratto da: Rivista scientifico-industriale delle principali scoperte ed invenzioni…
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